Regime di cassa e contabilità semplificata: guida alla compilazione del quadro RG

Quadro RG 2018

Le imprese in contabilità semplificata, quest’anno, si trovano a dover fare i conti con le nuove regole di determinazione del reddito introdotte a decorrere dal 2017. Infatti, è stata abbandonata l’applicazione del criterio di competenza per passare a quello di cassa. A tale proposito, nel quadro RG del modello Redditi 2018, da un lato, sono stati eliminati i righi RG8 e RG9 relativi alle rimanenze finali e, dall’altro, è stato introdotto il rigo RG38 per il monitoraggio delle rimanenze stesse. Nella compilazione del quadro RG, inoltre, andranno indicati i ricavi derivanti dalle fatture emesse registrate per coloro che abbiano optato per il metodo delle registrazioni, oppure, in caso contrario, quelle registrate nel registro IVA al netto dei mancati incassi (righi RG2 – RG3). Stesso discorso vale per gli acquisti (rigo RG15).
Una delle principali novità del modello Redditi 2018 che interessa le imprese riguarda il debutto, nel quadro RG, delle nuove regole sulla determinazione del reddito secondo il principio di cassa.
Tale novità, introdotta dal 1° gennaio 2017, interessa le imprese minori, ovvero quelle in regime semplificato.
Il passaggio dal criterio di competenza (applicabile sino al 31 dicembre 2016) a quello di cassa ha prodotto alcune conseguenze, tra cui, forse quella più importante, ha interessato l’irrilevanza delle rimanenze ai fini della determinazione del reddito.
Inevitabilmente, questa “rivoluzione” ha avuto un impatto notevole sulla struttura (e sulle istruzioni di compilazione) del quadro RG del modello Redditi.
Cerchiamo di cogliere i più significativi aspetti di cui bisogna tener conto per compilare correttamente tale quadro, non prima di aver accennato al nuovo sistema di tassazione.

L’applicazione del principio di cassa
Dal 2017, con l’entrata in vigore delle norme sulla contabilità per cassa, sono cambiate anche le regole contabili per i contribuenti semplificati (intendendo per tali, le imprese con ricavi non superiori a 400.000 se hanno per oggetto prestazioni di servizi o 700.000 se si tratta di imprese aventi per oggetto altre attività).
In particolare, ai fini contabili, le imprese minori possono:
a) ferma restando l’istituzione dei registri IVA, ove obbligatori, istituire appositi registri degli incassi e dei pagamenti, in cui annotare in ordine cronologico, rispettivamente, i ricavi incassati e i costi effettivamente sostenuti;
b) utilizzare i registri IVA anche ai fini delle imposte sul reddito, annotando separatamente le operazioni non soggette a registrazione ai fini IVA ed effettuando, nel contempo, le annotazioni necessarie a dare rilevanza ai mancati incassi e pagamenti nell’anno di registrazione del documento contabile ai fini IVA (“metodo della contabilità IVA”);
c) utilizzare i registri IVA anche ai fini delle imposte sul reddito, esprimendo una specifica opzione che consente loro di non annotare su tali registri gli incassi e i pagamenti. In tal caso opera una presunzione assoluta, secondo cui il ricavo si intende incassato e il costo pagato alla data di registrazione del documento contabile ai fini IVA (“metodo delle registrazioni”).
Il reddito delle imprese minori è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei ricavi (art. 85 TUIR) e degli altri proventi (art. 89) percepiti nel periodo di imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività d’impresa.
Pertanto, i ricavi e gli altri proventi concorrono alla formazione del reddito d’impresa all’atto dell’effettiva percezione ovvero, in altre parole, secondo il criterio di cassa.
Si tratta, in sostanza, di spese diverse da quelle per le quali la norma (art. 66 TUIR) richiama l’ordinaria disciplina.
Il regime riservato alle imprese minori dal 2017 è un regime “improntato alla cassa”.
Permangono, però, alcune deroghe al regime di cassa “puro”: infatti, come si dirà meglio di seguito, la norma richiama alcune componenti positive e negative di reddito che continuano a soggiacere al criterio di competenza.
Inoltre, una delle principali conseguenze del passaggio dalla competenza alla cassa si ha relativamente alla gestione delle rimanenze finali.
La norma, a tale proposito, prevede che le rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente secondo il principio della competenza sono portate interamente in deduzione del reddito del primo periodo di applicazione del regime.
Tale disposizione trova applicazione, oltre che in sede di prima applicazione del regime, anche nel caso di passaggio dalla contabilità ordinaria a quella semplificata.

L’impatto delle nuove regole sul quadro RG
Tutto quanto detto sopra ha, inevitabilmente, prodotto alcune modifiche al quadro RG della dichiarazione dei redditi 2018.
Da premettere, comunque, che la compilazione del quadro dipende dalla scelta del metodo contabile utilizzato (“metodo della contabilità IVA” o “metodo delle registrazioni”).
Ne consegue che, nella compilazione del quadro, andranno indicati i ricavi derivanti dalle fatture emesse registrate per coloro che abbiano optato per il metodo delle registrazioni oppure, in caso contrario, quelle registrate nel registro IVA al netto dei mancati incassi (righi RG2 – RG3).
Stesso discorso vale per gli acquisti (rigo RG15).
Inoltre, nella compilazione del quadro, si dovrà fare attenzione:
1) all’esatta individuazione dei componenti di reddito ai quali resta applicabile il principio di competenza;
2) all’indicazione delle rimanenze tenendo conto delle mutate regole.

Elementi di reddito determinabili per competenza
Passando all’analisi del quadro RG, con esplicito riferimento alla dichiarazione dei redditi delle persone fisiche (ma le regole non variano anche per le società in contabilità semplificata), il primo rigo da tener in considerazione è il rigo RG6 – Plusvalenze patrimoniali.
Infatti, tali elementi positivi di reddito restano soggetti al principio di competenza.
Continuando a scorrere il quadro, l’attenzione va posta al rigo RG10 – Altri componenti positivi di reddito.
In questo caso, se si utilizzano i seguenti codici, occorrerà tener presente che si applica il principio di competenza:
– codice 2: redditi degli immobili relativi all’impresa che non costituiscono beni strumentali per l’esercizio della stessa, né beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa medesima;
– codice 11: plusvalenza determinata unitariamente in base al valore normale dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale, a seguito del trasferimento all’estero che comporti la perdita della residenza ai fini delle imposte sui redditi, che non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato (art. 166 TUIR);
– codice 13: quota dei contributi destinati all’acquisto di beni ammortizzabili, nell’ipotesi in cui il costo dei beni sia registrato al lordo dei contributi ricevuti.
Per quanto riguarda, invece, i componenti negativi di reddito, i righi da considerare sono i seguenti:
– RG16 – Spese per prestazioni di lavoro: in tal caso, però, il principio di competenza si applica solo per le spese relative a redditi di lavoro dipendente e assimilato;
– RG17 – Utili spettanti agli associati in partecipazione;
– RG18 – Quote di ammortamento.
Inoltre, con riferimento al rigo RG22 – Altri componenti negativi, i codici cui si applica il principio di competenza sono i seguenti:
– codice 5: minusvalenze patrimoniali, le sopravvenienze passive e le perdite di cui all’art. 101 TUIR;
– codice 7: quota imputabile al periodo d’imposta delle spese relative a più esercizi deducibili ai sensi dell’art. 108, comma 1, TUIR (ad esempio, costi d’impianto, spese di sviluppo e altri costi simili);
– codice 10: deduzione forfetaria delle spese non documentate riconosciuta per effetto dell’art. 66, comma 4, TUIR agli intermediari e rappresentanti di commercio e agli esercenti le attività indicate all’art. 1, comma 1, D.M. 13 ottobre 1979;
– codice 16: deduzione forfetaria delle spese non documentate a favore delle imprese autorizzate all’autotrasporto di cose per conto terzi per i trasporti personalmente effettuati dall’imprenditore all’interno del comune in cui ha sede l’impresa;
– codice 17: deduzione forfetaria delle spese non documentate prevista dall’art. 66, comma 5, TUIR a favore delle imprese autorizzate all’autotrasporto di cose per conto terzi per i trasporti personalmente effettuati dall’imprenditore oltre il comune in cui ha sede l’impresa;
– codice 19: ulteriore deduzione dal reddito a favore delle imprese autorizzate all’autotrasporto di merci per conto di terzi prevista in misura forfetaria annua di 154,94 euro, per ciascun motoveicolo e autoveicolo utilizzato nell’attività d’impresa, avente massa complessiva a pieno carico non superiore a 3.500 chilogrammi;
– codice 27: maggior valore delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria relativo agli investimenti in beni materiali strumentali nuovi, compresi i veicoli di cui all’art. 164, comma 1, lettera b), TUIR, effettuati dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016, il cui costo di acquisizione è stato maggiorato del 40% (super ammortamento);
– codice 28: maggior valore delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria relativo agli investimenti in beni materiali strumentali nuovi, che favoriscano processi di trasformazione tecnologica e digitale secondo il modello Industria 4.0, effettuati entro il 31 dicembre 2017, ovvero entro il 30 settembre 2018 a condizione che entro la data del 31 dicembre 2017 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione che è maggiorato del 150% (iper ammortamento).

Rimanenze
L’altro aspetto da considerare ai fini della compilazione del quadro RG riguarda le nuove regole sulle rimanenze.
Il quadro presente nella dichiarazione di quest’anno, oltre a non avere più i vecchi righi RG8 e RG9 in cui, sino allo scorso anno andavano indicate le rimanenze finali, presenta il nuovo rigo RG38 (collocato nella Sezione “Altri dati”).

RG38

In tale nuovo rigo vanno indicate:
– nella colonna 2, le rimanenze finali del periodo d’imposta 2017 relative a materie prime e sussidiarie, semilavorati, merci e prodotti finiti nonché ai prodotti in corso di lavorazione e ai servizi di durata non ultrannuale (articoli 92 e 92-bis TUIR);
– nella colonna 3, le rimanenze finali del periodo d’imposta 2017 relative ad opere, forniture e servizi di durata ultrannuale (art. 93 TUIR);
– nella colonna 4, le rimanenze finali del periodo d’imposta 2017 relative ai titoli di cui all’art. 85, comma 1, lettere c), d) ed e), TUIR (art. 94 TUIR).
Nel caso in cui non sussistano rimanenze finali, va barrata la casella di colonna 1.
In definitiva, il rigo RG38 serve ad effettuare il monitoraggio delle rimanenze pur non concorrendo più le stesse al reddito d’esercizio.

Allegati:
Modello Redditi PF – Fascicolo 3 – pdf
Istruzioni per la compilazione del fascicolo 3 – pdf

Regime Forfetario: analisi delle caratteristiche e dei vantaggi per professionisti ed imprese

regime forfetario

Il regime forfetario, introdotto dalla Finanziaria 2015 (art. 1 commi 54-89 L. 190/2014), ha sostituito i precedenti regimi agevolati: regime delle nuove iniziative (art. 13 L. 388/2000) e regime contabile agevolato (art. 27 comma 3 D.l. 98/2011), che sono stati abrogati già dal 2015, ed è diventato il regime naturale per le persone fisiche esercenti attività d’impresa/lavoro autonomo di nuova iniziativa e non, che rispettano determinati requisiti. Resta sempre la possibilità di optare, in alternativa, per il regime ordinario, con vincolo minimo triennale.
Il regime dei minimi (art. 27 commi 1 e 2 del D.l. 98/2011)- prima abrogato con la Legge di Stabilità 2015 ma poi prorogato per tutto il 2015 dal decreto Milleproroghe – è stato definitivamente soppresso con la Legge di Stabilità 2016. Il regime, tuttavia, resta in vigore fino alla scadenza naturale (termine del quinquennio o raggiungimento del 35° anno d’età) per coloro che:
• hanno iniziato l’attività entro il 31.12.2015;
• lo applicavano già da prima.
In questa sede, descriveremo, con una serie di pratiche domande e risposte, le caratteristiche ed i vantaggi del regime forfetario.

INDICE DELLE DOMANDE ED ALLEGATI

1. Chi può accedere al regime forfetario?
2. Per accedere al regime forfetario occorre presentare una comunicazione?
3. Vi sono dei casi di esclusione dall’applicazione del regime forfetario?
4. Quando è possibile uscire dal regime forfetario?
5. Esistono delle deroghe al vincolo triennale di opzione per il regime ordinario?
6. Quali sono le semplificazioni previste per coloro che aderiscono al regime forfetario?
7. Se il contribuente forfetario ha erroneamente subito la ritenuta, come può agire per recuperarla?
8. Quali sono gli adempimenti cui restano obbligati i soggetti forfetari?
9. Come si determina il reddito nel regime forfetario?
10. Come si determina l’imposta nel regime forfetario?
11. Cosa accade ai componenti positivi/negativi, riferiti ad esercizi precedenti a quello di applicazione del regime forfetario, e rinviati in osservanza delle disposizioni del TUIR?
12. Cosa accade alle perdite originatesi in periodi precedenti all’ingresso nel regime forfetario?
13. Quali sono i criteri da utilizzare in caso di passaggio da regime ordinario a regime forfetario, e viceversa?
14. Cos’è il regime start-up e come si accede?
15. Come devono compilare la dichiarazione dei redditi i contribuenti forfetari?

Allegati:
Tabella codici ateco, limiti compensi e coefficienti redditività
Tabella comparativa tra regime ordinario e regime forfetario per valutazione convenienza
Fac simile di fattura contribuente regime forfetario

DOMANDE E RISPOSTE (Q&A)

D.1. CHI PUÒ ACCEDERE AL REGIME FORFETARIO?
R.1.
Possono aderire al regime le persone fisiche che esercitano o che iniziano un’attività d’impresa o arte o professione, purché nell’anno solare precedente presentino i seguenti requisiti:
– Ricavi conseguiti o compensi percepiti non superiori a determinate soglie che variano a seconda del codice ATECO specifico dell’attività svolta (riportato nella tabella allegata).
Nel caso di esercizio contemporaneo di più attività, contraddistinte da diversi codici ATECO, occorre considerare il limite più elevato dei ricavi e compensi relativi a tali codici.
Ai fini del computo della soglia di ricavi:
• rileva il valore normale dei beni destinati al consumo personale o familiare dell’imprenditore;
• concorrono i ricavi relativi alle cessioni poste in essere con la Città del Vaticano e con San Marino;
• non rilevano i ricavi e i compensi derivanti dall’adeguamento agli studi di settore.
– Spese sostenute per l’acquisizione di lavoro per importi complessivamente non superiori a 5.000 Euro lordi a titolo di:
• lavoro accessorio (art. 70 D.lgs. 276/2003);
• lavoro dipendente e compensi erogati ai collaboratori (art. 50 comma 1 lett. c) e c-bis) D.p.r. 917/86 del TUIR), anche assunti per l’esecuzione di specifici progetti ai sensi dell’art. 61 del D.lg.s 276/2003;
• associazione in partecipazione con apporto costituito da solo lavoro (art. 53 comma 2 lett. c) del TUIR);
• lavoro prestato dall’imprenditore medesimo o dai familiari dell’imprenditore (art. 60, TUIR).
– Costo complessivo, al lordo degli ammortamenti, di beni mobili strumentali al 31.12 non superiore a 20.000 Euro.
Ai fini di tale limite non vanno considerati:
• i beni immobili;
• i beni di costo unitario non superiore a € 516,46;
• i beni immateriali quali avviamento e spese relative a più esercizi;
Rilevano, invece, nel calcolo del limite:
• per i beni in locazione finanziaria, il costo sostenuto dal concedente;
• per i beni in locazione, noleggio e comodato, il valore normale determinato (ai sensi dell’art. 9 del TUIR) alla data del contratto di locazione/noleggio o comodato;
• per i beni in proprietà, il prezzo di acquisto.
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D.2. PER ACCEDERE AL REGIME FORFETARIO OCCORRE PRESENTARE UNA COMUNICAZIONE?
R.2.
No, non serve alcuna comunicazione. Il regime forfetario è il regime naturale per le persone fisiche che esercitano un’attività d’impresa/lavoro autonomo e che possiedono determinati requisiti. Pertanto i soggetti già in attività vi accedono senza effettuare alcuna comunicazione, né preventiva né successiva.
I contribuenti che iniziano l’attività, invece, e che presumono di rispettare le condizioni previste per l’applicazione del regime, hanno l’obbligo di darne comunicazione nella dichiarazione di inizio attività (mod. AA9/12), ai fini solo anagrafici. In caso contrario l’accesso al regime forfetario non è precluso, tuttavia si è soggetti ad una sanzione amministrativa da 250 a 2mila Euro (art. 11 comma 1 lett. a) del D.lgs. 471/97).
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D.3. VI SONO DEI CASI DI ESCLUSIONE DALL’APPLICAZIONE DEL REGIME FORFETARIO?
R.3.
Sì, esistono dei casi specifici in cui non è possibile accedere al regime forfetario. Il regime non può essere adottato dai soggetti:
– che si avvalgono di regimi speciali ai fini IVA o di regimi forfetari ai fini della determinazione del reddito:
Nella Circolare 10/E/2016 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:
• l’esercizio di un’attività soggetta ad un regime speciale Iva, preclude l’accesso al regime per tutte le altre attività eventualmente svolte, anche se non soggette ad un regime speciale;
• i produttori agricoli (che rispettano i requisiti indicati all’art. 32 del TUIR), titolari di reddito fondiario, possono applicare il regime forfetario per le altre attività che intendono svolgere (a tal fine la circolare 10/E/2016 richiama anche la precedente circolare 7/E/2008);
• il regime del Patent box (art. 1 commi 37-75 L. 190/2014) per i redditi derivanti dall’utilizzo di opere dell’ingegno, brevetti industriali, marchi, disegni e modelli, processi, formule ecc … è incompatibile con il regime forfetario.
– non residenti. Il regime è comunque applicabile dai soggetti residenti in uno Stato UE/aderente allo SEE che assicuri un adeguato scambio di informazioni, qualora producano in Italia almeno il 75% del reddito;
– che, in via esclusiva o prevalente, effettuano cessioni di fabbricati/porzioni di fabbricato, di terreni edificabili ex art. 10, comma 1, n. 8, DPR n. 633/72 ovvero di mezzi di trasporto nuovi nei confronti di soggetti UE (art. 53 comma 1 D.l. 331/93);
– che, contemporaneamente all’esercizio dell’attività, partecipano a società di persone/associazioni professionali/srl trasparenti. Nella Circolare 10/E/2016 l’Agenzia delle Entrate afferma che la causa di esclusione non opera:
• se la partecipazione viene ceduta nel corso del periodo d’imposta nel quale si intende applicare il regime forfetario;
• quando, in corso di applicazione del regime forfetario, il contribuente erediti una partecipazione societaria che viene ceduta entro la fine dell’esercizio;
– che abbiano conseguito, nell’anno antecedente a quello in cui intendono avvalersi del regime agevolato, redditi di lavoro dipendente o assimilato, eccedenti 30.000 Euro. Nella Circolare 10/E/2016 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il rispetto di tale limite:
• non rileva se il rapporto di lavoro dipendete o assimilato risulti cessato nell’anno precedente;
• rileva nel caso in cui, nello stesso anno, il contribuente abbia cessato il rapporto di lavoro dipendente e ne abbia intrapreso uno nuovo, ancora in essere al 31 dicembre.
Quest’ultima condizione è stata introdotta dalla Legge di Stabilità 2016, pertanto preclude l’applicazione del regime forfetario a decorrere dal 2016. In base alla normativa previgente, invece, il reddito d’impresa/lavoro autonomo, che si intende(va) assoggettare al regime agevolato, doveva risultare prevalente rispetto a quello eventualmente svolto come lavoro dipendente/assimilato (ex artt. 49 e 50, TUIR). Tale requisito ha costituito condizione di accesso (e non di esclusione) al regime forfetario per coloro che lo hanno applicato nel 2015.
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D.4. QUANDO È POSSIBILE USCIRE DAL REGIME FORFETARIO?
R.4.
Dal regime forfetario è possibile uscire:
• sempre per opzione al regime ordinario, ma con vincolo triennale. L’opzione avviene tramite comportamento concludente, ed è valida per almeno un triennio; dopodiché si rinnova tacitamente per ciascun anno successivo, finché permane la concreta applicazione del regime ordinario.
Benché l’opzione avvenga tramite comportamento concludente, è necessario comunicarla all’Agenzia delle Entrate tramite il quadro VO della dichiarazione IVA, da presentare successivamente alla scelta operata;
• per legge, quando viene a mancare uno dei requisiti o quando si verifica una causa di esclusione. In questi casi il regime cessa di essere applicato dall’anno successivo a quello in cui viene meno uno dei requisiti di accesso, o si verifica una causa di esclusione.
• quando l’accertamento diventa definitivo e attesto il venir meno di una delle condizioni di accesso o l’esistenza di una delle cause di esclusione. In questo caso il regime cessa dall’anno successivo a quello accertato.
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D.5. ESISTONO DELLE DEROGHE AL VINCOLO TRIENNALE DI OPZIONE PER IL REGIME ORDINARIO?
R.5
Sì. In deroga al vincolo triennale dell’opzione per il regime ordinario, l’Agenzia delle Entrate ha consentito a coloro che nel 2015 hanno optato per il regime ordinario, di revocare tale scelta e di adottare dal 2016 il regime forfetario. Nella Circolare 10/E/2016 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito inoltre che, se sussistono i relativi requisiti, gli stessi contribuenti potrevano anche adottare il regime forfetario “start up” (di cui al comma 65, Finanziaria 2016), con imposta sostitutiva pari al 5%, per gli anni mancanti al quinquennio.
Tali possibilità erano previste espressamente anche per:
• i soggetti che nel 2014 avevano applicato il regime ordinario, pur essendo in possesso dei requisiti per adottare il regime dei minimi;
• i soggetti che nel 2015 avevano scelto di applicare il regime dei minimi (art. 27 commi 1 e 2 del D.l. 98/2011).
Anch’essi, dunque, hanno potuto revocare l’opzione effettuata e adottare dal 2016 il regime forfetario, con l’ulteriore possibilità di applicare il regime forfetario “start up” fino al 2018, ossia fino alla fine del quinquennio agevolato.
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D.6. QUALI SONO LE SEMPLIFICAZIONI PREVISTE PER COLORO CHE ADERISCONO AL REGIME FORFETARIO?
R.6.
I soggetti che adottano il regime forfetario beneficiano di una serie di semplificazione Iva.
In generale esonerati dal versamento dell’Iva, e di contro non hanno diritto alla relativa detrazione. Le fatture emesse, pertanto, non devono recare l’addebito di Iva, e dovranno riportare nella fattura la seguente dicitura “Operazione senza applicazione dell’Iva ai sensi dell’art. 1 comma 58 L. 190/2014”.
Nelle fatture di importo superiore a € 77,47 è necessario apporre la marca da bollo da € 2,00. Sono “esenti” da bollo le fatture relative agli acquisti UE e agli acquisti da assoggettare al reverse charge, per i quali il contribuente forfetario è debitore dell’imposta.
Inoltre, come confermato nella Circolare 10/E/2016, sono esonerati dall’obbligo:
• della registrazione delle fatture emesse/corrispettivi;
• della registrazione degli acquisti;
• della tenuta e conservazione dei registri e dei documenti, ad eccezione per le fatture di acquisto e le bollette doganali;
• della liquidazione periodica Iva e della relativa comunicazione in vigore dal 2017;
• della dichiarazione annuale IVA;
• della comunicazione delle operazioni rilevanti Iva (c.d. spesometro).
Per quanto riguarda le imposte sui redditi:
• sono esonerati dagli obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili (salvo l’obbligo di tenere e conservare i registri previsti da disposizioni diverse da quelle tributarie);
• sono esclusi dall’applicazione degli studi di settore e dei parametri;
• non devono operare – in qualità di sostituti d’imposta- le ritenute alla fonte, anche se sussiste comunque l’obbligo di indicare in dichiarazione dei redditi il codice fiscale del percettore delle somme che non sono state assoggettate a ritenuta
• non sono soggetti a ritenuta alla fonte sui ricavi/compensi conseguiti, e a tal fine rilasciano apposita dichiarazione che può essere inserita anche nella fattura.
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D.7. SE IL CONTRIBUENTE FORFETARIO HA ERRONEAMENTE SUBITO LA RITENUTA, COME PUÒ AGIRE PER RECUPERARLA?
R.7
Nella Circolare n. 10/E/2016, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che se il contribuente forfetario ha subito erroneamente la ritenuta, può recuperarla:
• presentando un’istanza di rimborso ex art. 38, DPR n. 602/73;
• scomputandola nel mod. REDDITI;
a condizione che la stessa sia certificata dal sostituto d’imposta.
In tale ultimo caso l’ammontare delle ritenute subite nel 2016 va indicato a rigo RS40 “Ritenute regime di vantaggio casi particolari” del mod. Redditi PF 2018 e riportato a rigo RN33, campo 4 e/o rigo LM41 “Ritenute consorzio”.
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D.8. QUALI SONO GLI ADEMPIMENTI CUI RESTANO OBBLIGATI I SOGGETTI FORFETARI?
R.8.
Restano obbligati a:
• numerare e conservare le fatture d’acquisto e le bollette doganali;
• certificare e conservare corrispettivi;
• integrare la fattura ricevuta con aliquota e Iva, per le operazioni di cui risultino debitori d’imposta (reverse charge) e versare la relativa imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione;
• conservare i documenti ricevuti ed emessi, e a presentare la dichiarazione dei redditi nei tempi e con le modalità previste dal DPR 322/98.
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D.9. COME SI DETERMINA IL REDDITO NEL REGIME FORFETARIO?
R.9.
Ai fini delle imposte dirette, il reddito imponibile si ottiene applicando ai ricavi/compensi un coefficiente di redditività differenziato a seconda del codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata (si veda a tal fine la tabella allegata). In caso di esercizio di più attività contraddistinte da diversi codici ATECO 2007, il reddito va determinato applicando ai ricavi/compensi imputabili a ciascuna attività il relativo coefficiente di redditività. Una volta determinato il reddito imponibile, si scomputano da esso i contributi previdenziali versati in base alla legge. L’eventuale eccedenza che non ha trovato capienza nel reddito dell’attività assoggettata al regime forfetario può essere portata in diminuzione dal reddito complessivo come onere deducibile (ex art. 10 del TUIR).
L’Agenzia delle Entrate, nella circolare 10/E/2016, ha chiarito che il reddito assoggettato ad imposta sostitutiva:
• va considerato ai fini del superamento del limite reddituale (reddito complessivo superiore a € 2.840,51), per essere considerato fiscalmente a carico;
• non deve essere considerato ai fini del riconoscimento delle detrazioni ex art. 13, TUIR, ossia per le detrazioni riconosciute a fronte di specifiche tipologie di reddito (lavoro dipendente, lavoro autonomo, impresa).
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D.10. COME SI DETERMINA L’IMPOSTA NEL REGIME FORFETARIO?
R.10.
Sul reddito determinato forfetariamente si applica l’imposta sostitutiva pari al 15%, sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali, nonché dell’IRAP. Il contribuente potrà scomputare le detrazioni d’imposta spettanti, dall’eventuale imposta lorda emergente dal quadro RN, nel caso in cui percepisca altre tipologie di reddito. Nella Circolare n. 10/E/2016 l’Agenzia delle Entrate chiarisce che i contribuenti forfetari possono beneficiare del credito d’imposta relativo agli acquisti di beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive delle regioni del Mezzogiorno, introdotto dalla Finanziaria 2016 (art. 1 commi 98-99 L. 208/2015).
L’imposta sostitutiva deve essere versata tramite mod. F24 (anche mediante compensazione) nei termini previsti per il versamento dell’acconto/saldo IRPEF utilizzando i seguenti codici tributo (Risoluzione 59/E/2015):
• “1790” per la prima rata di acconto;
• “1791” per la seconda o unica rata di acconto;
• “1792” per il saldo.
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D.11. COSA ACCADE AI COMPONENTI POSITIVI/NEGATIVI, RIFERITI AD ESERCIZI PRECEDENTI A QUELLO DI APPLICAZIONE DEL REGIME FORFETARIO, E RINVIATI IN OSSERVANZA DELLE DISPOSIZIONI DEL TUIR?
R.11.
I componenti positivi/negativi, riferiti ad esercizi precedenti e rinviati in osservanza delle disposizioni del TUIR, concorrono a formare il reddito, per le quote residue, nel periodo immediatamente precedente all’adozione del regime forfetario.
Si tratta, ad esempio, delle:
• plusvalenze e sopravvenienze attive per le quali è stata scelta la rateizzazione in quote costanti nell’esercizio in cui sono realizzate e nei 4 successivi, ex art. 86, comma 4, TUIR;
• spese relative a più esercizi per le quali è stata scelta la deduzione rateizzata nell’esercizio in cui sono sostenute e nei 4 successivi, ex art. 108, TUIR;
• spese di manutenzione e riparazioni eccedenti il 5% del costo dei beni ammortizzabili , utilizzabili nell’esercizio in cui sono state sostenute e nei 5 esercizi successivi, ex art. 102, comma 6, TUIR.
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D.12. COSA ACCADE ALLE PERDITE ORIGINATESI IN PERIODI PRECEDENTI ALL’INGRESSO NEL REGIME FORFETARIO?
R.12.
Le perdite fiscali che si sono generate nei periodi di imposta precedenti a quello in cui decorre il regime forfetario, possono essere portate in diminuzione del reddito prodotto durante il regime forfetario, secondo le regole ordinarie stabilite dal TUIR. Quindi:
• per coloro che provengono dal regime contabile ordinario, sarà possibile riportare le perdite nel regime forfetario. Si ricorda infatti che nel regime ordinario è possibile riportare in avanti le perdite (non oltre il 5° anno successivo e per l’intero importo che trova capienza in ciascun esercizio; nessun limite temporale invece per le perdite realizzate nei primi tre periodi d’imposta), e scomputarle con i redditi della stessa natura;
• per coloro, invece, che provengono dal regime contabile semplificato non sarà possibile utilizzare le perdite precedenti. Si ricorda, infatti, che i contribuenti in contabilità semplificata compensano le perdite nell’esercizio, eventualmente anche con altre categorie reddituali, ma non possono essere portate in avanti;
• per coloro che provengono dal regime dei minimi (ex art. 1, commi da 96 a 117 Finanziaria 2008) e dal regime di vantaggio (ex art. 27, commi 1 e 2, DL n. 98/2011), le perdite sono riportabili entro il 5° esercizio successivo per l’intero importo che trova capienza nei redditi conseguiti, qualunque sia il tipo di attività esercitata (impresa/lavoro autonomo), ferma restando l’applicazione dell’art. 8, comma 3, TUIR.
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D.13. QUALI SONO I CRITERI DA UTILIZZARE IN CASO DI PASSAGGIO DA REGIME ORDINARIO A REGIME FORFETARIO, E VICEVERSA
R.13.
Per evitare salti o duplicazioni d’imposta, in caso di passaggio:
• dal regime forfetario al regime ordinario, va applicata la regola di imputazione per cassa, pertanto i ricavi/compensi, che non hanno concorso a formare il reddito nel regime forfetario, a causa della mancata riscossione degli stessi, concorreranno a determinare il reddito nel regime ordinario, nel medesimo anno in cui si realizza la manifestazione finanziaria (senza tener conto della competenza);
• dal regime ordinario al regime forfetario, va applicata la regola di imputazione per competenza, pertanto se il ricavo ha già concorso, per competenza, a determinare il reddito nel periodo di applicazione del regime ordinario, la sua manifestazione finanziaria durante il regime forfetario non avrò rilevanza alcuna.
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D.14. COS’È IL REGIME START-UP E COME SI ACCEDE?
R.14.
Il regime delle start-up è stato istituito per favorire l’avvio di nuove iniziative produttive. Inizialmente il legislatore aveva previsto la riduzione del reddito di 1/3 nei primi 3 anni al sussistere di determinate condizioni.
L’Agenzia delle Entrate, nella Circolare 10/E/2016, ha precisato che tale riduzione si applica solo per il 2015. Infatti, dal 2016, la Finanziaria 2016 ha modificato tale agevolazione, prevedendo al posto della riduzione di 1/3 del reddito, l’applicazione, per i primi 5 anni, dell’imposta sostitutiva nella misura del 5%. Inoltre, con una norma di carattere transitorio, la Finanziaria 2016 ha previsto che possono avvantaggiarsi dell’aliquota ridotta, non solo coloro che hanno aperto una nuova attività nel 2016, ma anche coloro che l’hanno iniziata nel 2015. In quest’ultimo caso l’agevolazione sarà limitata alle ultime quattro annualità (dal 2016 al 2019).
Nella Circolare 10/E/2016, l’Agenzia delle Entrate richiama alcuni chiarimenti offerti in precedenti documenti di prassi, relativi alle condizioni per l’accesso al regime con aliquota ridotta (c.d. start-up). Tali condizioni, infatti, ricalcano quelle previste all’art. 27 del D.l. 98/2011, per l’accesso al regime di vantaggio, e descritti nella circolare 17/E/2012. Ecco in sintesi le condizioni previste e i chiarimenti espressi:
• il contribuente non ha esercitato, nei 3 anni precedenti, attività artistica, professionale o d’impresa, anche in forma associata o familiare: per il calcolo dei 3 anni va fatto riferimento al calendario comune, non al periodo d’imposta né all’anno solare.
La preclusione non opera, e quindi il regime forfetario può comunque essere applicato, qualora i redditi percepiti nel triennio siano dovuti a un contratto di associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro o partecipazione ad una società inattiva;
• l’attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente/ autonomo (escluso il caso in cui la stessa costituisca un periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio dell’arte/professione). C’è “mera prosecuzione” quando la “nuova” attività si differenzia soltanto dal punto di vista formale ma, di fatto, viene svolta in sostanziale continuità rispetto alla precedente.
Per valutare se la nuova attività sia o meno mera prosecuzione, è necessario capire se si rivolge alla stessa clientela e se necessita delle stesse competenze lavorative.
C’è continuità, quindi, quando il contribuente svolge la medesima attività – esercitata prima come lavoratore dipendente- rivolgendosi allo stesso mercato di riferimento.
La mera prosecuzione sussiste anche quando la cessazione del rapporto di lavoro avvenga per cause indipendenti dalla volontà del dipendente.
La continuità non sussiste, invece, qualora la nuova attività o il mercato di riferimento siano diversi, o qualora la precedente attività abbia il carattere di marginalità economica (se il lavoro dipendente o assimilato sia svolto per un periodo non superiore alla metà del predetto triennio).
• qualora l’attività sia il proseguimento di un’attività esercitata da un altro soggetto, l’ammontare dei ricavi/compensi del periodo d’imposta precedente non deve essere superiore ai limiti di ricavi / compensi previsti per il regime forfetario. Se il trasferimento dell’impresa avviene in corso d’anno, i ricavi riferiti al cedente devono essere considerati cumulativamente a quelli dell’acquirente, ai fini della verifica del superamento del limite.
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D.15. COME DEVONO COMPILARE LA DICHIARAZIONE DEI REDDITI I CONTRIBUENTI FORFETARI?
R.15.
Nella dichiarazione dei Redditi i contribuenti forfetari devono compilare la sezione II del quadro LM per determinare l’imposta dovuta e l’apposita sezione del quadro RS per fornire ulteriori informazioni richieste dall’Amministrazione Finanziaria. Di seguito un riepilogo:

LM 21
(requisiti)
Il contribuente attesta il possesso dei requisiti barrando la casella al rigo LM21 colonna 1, e attesta di non trovarsi, al momento dell’ingresso al regime forfetario, in alcuna delle fattispecie di incompatibilità, barrando la colonna 2. Alla colonna 3, invece, attesta che l’attività è iniziata nel 2017 (nel caso del Mod. Redditi 2018) o da un periodo non superiore a 5 anni, godendo così dell’ulteriore riduzione di tassazione
LM 22-30
(componenti positive)
Nel rigo LM 22 deve essere indicato:
– nella colonna 1 il codice dell’attività svolta desunto dalla tabella di classificazione delle attività economiche, ATECO 2007;
– nella colonna 2 il coefficiente di redditività dell’attività indicata;
– nella colonna 3 il recupero della maggiore agevolazione qualora prima di entrare nel regime forfettario si sia usufruito della c.d. Tremonti- Ter;
– nella colonna 4 l’ammontare dei ricavi e compensi percepiti, eventualmente sommato alla maggiore agevolazione indicata nella colonna 3;
– nella colonna 5 viene riportato il reddito relativo all’attività, determinato applicando all’importo dei compensi percepiti (e indicati al rigo LM 22 col. 4), i coefficienti di redditività (di cui al rigo LM 22 col. 2), in base all’attività svolta.
LM 34
(reddito lordo)
Va indicato il reddito lordo, dato dalla somma degli importi dei redditi relativi alle singole attività, indicati nella colonna 5 dei righi da LM22 a LM30. L’importo è indicato anche nella colonna 1, se il reddito è afferente la gestione artigiani e commercianti, oppure nella colonna 2 se riguarda la gestione separata Inps.
LM 35
(contributi previdenziali dedotti)
A colonna 1 va riportato l’ammontare dei contributi previdenziali e assistenziali versati nel periodo d’imposta. A colonna 2 deve essere indicato l’importo dei predetti contributi che trova capienza nel reddito indicato nel rigo LM34, colonna 3. L’eventuale eccedenza deve essere indicata nel rigo LM49 ed è deducibile dal reddito complessivo ai sensi dell’art. 10 del TUIR.
LM 36
(reddito netto)
Si indica la differenza tra l’importo del rigo LM34, col. 3, e quello dell’importo del rigo LM 35, col. 2
LM 37
(perdite pregresse)
Le eventuali perdite prodotte nei periodi d’imposta precedenti all’ingresso nel regime possono essere computate in diminuzione dal reddito prodotto nel regime, secondo le ordinarie regole del TUIR. Esse sono indicate a colonna 3 fino a concorrenza dell’importo del reddito netto. Nelle colonne 1 e 2 va esposto l’ammontare delle perdite pregresse, facenti parte dell’importo indicato nella colonna 3, relative ai redditi afferenti le singole gestioni previdenziali, considerati nelle colonne 1 e 2 del rigo LM34.
LM 38
(reddito al netto delle perdite)
Si indica la differenza tra l’importo indicato nel rigo LM36 e l’importo di rigo LM37, colonna 3. Tale reddito è soggetto all’imposta sostitutiva.
LM 39
(imposta sostitutiva)
Va indicata l’imposta sostitutiva pari al 15% (ovvero pari al 5 per cento, nel caso sia stata barrata la casella di rigo LM21, colonna 3) dell’importo di rigo LM38, se positivo.
RS 371-372
(obblighi informativi)
Il contribuente indica a colonna 1 il codice fiscale del percettore dei redditi per i quali non è stata operata la ritenuta e, in colonna 2, l’ammontare dei redditi stessi.

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Bitcoin nel quadro RW. Le criptovalute entrano nelle dichiarazioni

bitcoin tax

Interpello sulla tassazione delle criptovalute per la Direzione Generale della Lombardia dell’Agenzia delle Entrate (Interpello 956-39/2018, presentato a gennaio 2018) che fornisce alcuni chiarimenti su questo complesso tema.
Per prima cosa le Entrate hanno ricordato come l’articolo 1, comma 2, lettera qq), del D. Lgs 231/2007 definisce “valuta virtuale” “la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi è trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”. In altri termini il legislatore riconosce normativamente:
– l’utilizzo delle valute virtuali come strumento di pagamento alternativo a quelli tradizionalmente utilizzati nello scambio di beni e servizi;
– definisce tale “strumento di pagamento” quale “rappresentazione digitale di valore”, “trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.
Con la risoluzione 2 settembre 2016, n. 72/E è stato precisato che il bitcoin è una tipologia di moneta “virtuale” utilizzata come “moneta” alternativa a quella tradizionale, la cui circolazione si fonda su un principio di accettazione volontaria da parte degli operatori privati. In generale, le valute virtuali hanno due fondamentali caratteristiche:
1. non hanno natura fisica, bensì digitale, essendo create, memorizzate e utilizzate attraverso dispositivi elettronici e vengono conservate in “portafogli elettronici”. Inoltre sono liberamente accessibili e trasferibili dal titolare, in possesso delle necessarie credenziali, in qualsiasi momento senza bisogno dell’intervento di terzi.
2. sono emesse e funzionano grazie a dei codici crittografici ed a complessi calcoli algoritmici. Lo scambio dei predetti codici criptati tra gli utenti (user), operatori sia economici che privati, avviene per mezzo di un’applicazione software. Per utilizzare i bitcoin, gli utenti devono entrarne in possesso: estraendoli; acquistandoli da altri soggetti in cambio di valuta legale; o accettandoli come corrispettivo per la vendita di beni o servizi.
In base a quanto affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella sentenza 22 ottobre 2015, causa C-264/14, l’attività di intermediazione di valute tradizionali con bitcoin, svolta in modo professionale ed abituale, costituisce un’attività rilevante oltre agli effetti dell’Iva anche dell’Ires e dell’Irap, soggetta agli obblighi di adeguata verifica della clientela, di registrazione e di segnalazione previsti dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.
Alla luce di quanto precede si ritiene che, ai fini delle imposte sul reddito, delle persone fisiche che detengono bitcoin (o altre valute virtuali) al di fuori dell’attività d’impresa, alle operazioni di conversione di valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali. Pertanto:
– le cessioni a pronti di valuta virtuale non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa salvo generare un reddito diverso qualora la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), TUIR. Il valore in euro della giacenza media in valuta virtuale va calcolato secondo il cambio di riferimento all’inizio del periodo di imposta, e cioè al 1° gennaio dell’anno in cui si verifica il presupposto di tassazione. Si fa presente che ai fini della determinazione di un’eventuale plusvalenza derivante dal prelievo dal wallet, che abbia superato la predetta giacenza media, si deve utilizzare il costo di acquisto e che agli effetti della determinazione delle plusvalenze/minusvalenze si considerano cedute per prime le valute acquisite in data più recente. Inoltre, in caso di bitcoin ricevuti “a titolo gratuito”, il costo iniziale da considerare è quello sostenuto dal donante, ai sensi del comma 6 dell’articolo 68 del TUIR.
– i redditi derivanti dalle operazioni realizzate sul mercato FOREX e da Contract for Difference (CFD) aventi ad oggetto valute virtuali costituiscono redditi diversi ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-quater), del TUIR. Tali redditi, se percepiti da parte di un soggetto persona fisica al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, sono soggetti ad imposta sostitutiva a norma dell’articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461. I redditi diversi di natura finanziaria in questione devono essere indicati nel quadro RT della Modello Redditi – Persone Fisiche e sono soggetti ad imposta sostitutiva con aliquota del 26%.
Per quanto riguarda gli obblighi di monitoraggio fiscale, sono stati estesi gli obblighi ordinariamente previsti per gli intermediari bancari e finanziari, altresì ai soggetti (c.d. “operatori non finanziari”) che intervengono, anche attraverso movimentazione di “conti”, nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento effettuate anche in valuta virtuale, di importo pari o superiore a 15.000 euro.
Inoltre, è previsto l’obbligo di compilazione del quadro RW della Modello Redditi – Persone Fisiche, da parte delle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, tra le quali le valute estere.
Da ultimo, si precisa che le valute virtuali non sono soggette all’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato (c.d. IVAFE,) in quanto tale imposta si applica ai depositi e conti correnti esclusivamente di natura “bancaria” .
L’interpello è allegato al seguente link.

Marchio dello sponsor sull’auto da corsa: spese di rappresentanza e non pubblicitarie

lamborghini super trofeo

Interessante l’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 5187 del 6 marzo 2018 con cui sono stati ribaditi alcuni principi in tema di distinzione tra spese di pubblicità e spese di rappresentanza. La CTR del Piemonte, su impugnazione di avviso di accertamento per Ires Iva e Irap anno 2006 da parte di una società produttrice di macchinari per l’industria casearia, ha ritenuto che le spese sostenute in relazione al contratto stipulato per gli inserti della denominazione sociale sulle autovetture impiegate in corse automobilistiche, rientrassero fra le spese di pubblicità, come tali interamente deducibili, invece che fra le spese di rappresentanza.

La CTR ha in particolare ritenuto rilevante l’elemento della gratuità, al fine di distinguere le spese di rappresentanza da quelle di pubblicità, per cui vanno ascritte a quest’ultima categoria le spese in questione, vertendosi in fattispecie di contratto sinallagmatico a titolo oneroso per la diffusione del marchio, e della concreta modalità di svolgimento delle operazioni di marketing, ritenendo coerente ed efficace la scelta della società di ricorrere a tale contestato mezzo per propagandare il proprio marchio ed immagine.
L’Agenzia delle Entrate ricorreva per la cassazione della sentenza della CTR per violazione dell’art. 108, comma 2 TUIR, in tema di distinzione fra spese di pubblicità e di rappresentanza. Il ricorso è stato ritenuto dalla Suprema Corte “manifestamente fondato”.
Infatti la giurisprudenza, in tema di imposte sui redditi delle persone giuridiche ha individuato il criterio discretivo tra spese di rappresentanza e di pubblicità nella diversità, anche strategica, degli obiettivi, atteso che costituiscono:
– spese di rappresentanza i costi sostenuti per accrescere il prestigio e l’immagine della società e per potenziarne le possibilità di sviluppo, senza dar luogo ad una aspettativa di incremento delle vendite;
– spese di pubblicità o propaganda quelle aventi come scopo preminente quello di pubblicizzare prodotti, marchi e servizi dell’impresa con una diretta finalità promozionale e di incremento delle vendite.

Alla luce della chiara distinzione individuata dalla giurisprudenza citata, la CTR ha errato nel dare rilevanza all’aspettativa di ritorno commerciale della società senza effettuare la necessaria valutazione sulla differenza ontologica e funzionale fra le due tipologie di spesa.

Q&A: Il credito d’imposta Ricerca e Sviluppo

RICERCA E SVILUPPO

Il legislatore è intervenuto, con la legge di bilancio (l. 232/2016), innovando la normativa relativa alle agevolazioni alle imprese al fine di incentivare le attività di ricerca e sviluppo riconoscendo la possibilità di ottenere un’agevolazione fiscale, sotto forma di credito d’imposta.
Nello specifico, per quanto concerne il credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, il co. 15 dell’articolo 1 della predetta legge:
• proroga di un anno il periodo di tempo in cui possono essere effettuati gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo da parte delle imprese per poter beneficiare del credito di imposta, ossia fino al periodo di imposta in corso al 31/12/2020;
• determina l’aliquota del credito di imposta pari al 50% per tutte le tipologie di spese agevolabili;
• incrementa da 5 a 20 milioni di euro l’importo massimo del credito di imposta che ciascun beneficiario può maturare in relazione a ciascun periodo agevolato;
• estende la platea dei soggetti beneficiari alle imprese residenti che svolgono attività di ricerca e sviluppo per conto di imprese committenti non residenti;
• prevede un ampliamento della tipologia di personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, eliminando l’esclusività del requisito dell’elevata qualificazione;
• conferma che il credito di imposta è utilizzabile, esclusivamente in compensazione, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in cui i costi per le attività in ricerca e sviluppo sono stati sostenuti.
Per ultimo, la suddetta legge di bilancio, prevede che le modifiche anzidette entrino in vigore a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016.

DOMANDE E RISPOSTE

D.1. CHI PUÒ USUFRUIRE DEL CREDITO D’IMPOSTA RICERCA E SVILUPPO?
R.1. Il beneficio è riconosciuto a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato e stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, indipendentemente dalla natura giuridica, dalla dimensione aziendale, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato.
Sono escluse le imprese sottoposte a procedure concorsuali non finalizzate alla continuazione dell’esercizio dell’attività economica.
Il credito d’imposta ricerca e sviluppo compete anche alle nuove imprese che hanno intrapreso l’attività a partire dal 2015. In tale ipotesi, il credito deve essere determinato sul valore complessivo degli investimenti realizzati in ciascun periodo d’imposta per il quale le nuove imprese intendono fruire dell’agevolazione.

D.2. COSA SI INTENDE PER ATTIVITÀ DI RICERCA E SVILUPPO?
R.2. Per attività di ricerca si intende un’attività di studio, analisi, elaborazione di dati, sistemi, diretta ad acquisire nuove conoscenze per la produzione di nuovi prodotti o servizi o per il miglioramento di quelli esistenti.
La ricerca, a seconda del periodo di imposta in cui sono stati contabilizzati i costi sostenuti, si divide in:
• ricerca base: quando l’attività non ha avuto nessun sviluppo dal punto di vista industriale e commerciale. Ossia, non è stato realizzato nessun prodotto. Si tratta sostanzialmente di uno studio interno finalizzato alla conoscenza delle caratteriste del prodotto, processo o servizio che si vuole realizzare;
• ricerca applicata: nel caso cui l’attività ha avuto uno sviluppo dal punto di vista pre-industriale o pre-commerciale che si è concluso con una prototipazione (un prodotto è stato realizzato per vedere se funzionava).
Si parla di sviluppo, invece, quando nel periodo di imposta in cui sono stati sostenuti i costi, il prodotto è stato realizzato e commercializzato.
Si specifica, inoltre, che l’Agenzia delle Entrate con la circolare 5/E del 2016 ha chiarito che il concetto di “innovazione” non è riferito solo a quella di natura tecnologica, ma anche a quel tipo di innovazione organizzativa e commerciale.
Quindi, per innovazione si intende un‘attività di adeguamento, miglioramento e ridefinizione di tutte quelle attività cha sono già esistenti sul mercato.
Si segnala, inoltre, che in risposta a numerose richieste di chiarimenti pervenute da parte di imprese che svolgono attività di sviluppo di software, con il Decreto del 9.2.2018 il Mise ha delineato l’ambito di applicabilità del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo al caso specifico dei software. Affinché un progetto per lo sviluppo di un software venga classificato come ricerca e sviluppo (R&S), e quindi sia agevolabile, la sua esecuzione deve dipendere da un progresso scientifico e/o tecnologico e lo scopo del progetto deve essere la risoluzione di un problema scientifico o tecnologico su base sistematica. Rientrano, ad esempio, tra le attività di ricerca e sviluppo:
• lo sviluppo di uno nuovo sistema operativo o di un nuovo linguaggio di programmazione;
• la progettazione e la realizzazione di nuovi motori di ricerca basati su tecnologie originali;
• gli sforzi per risolvere i conflitti con hardware o software in base a un processo di reingegnerizzazione di un sistema o di una rete;
• la creazione di nuovi o più efficienti algoritmi basati su nuove tecniche;
• la creazione di nuovi e originali tecniche di criptazione o di sicurezza.

D.3. COSA NON È, INVECE, RICERCA E SVILUPPO?
R.3. Non rientrano, invece, le attività di tipo ricorrente o di routine connesse al software non classificabili come ricerca e sviluppo, per esempio:
• i lavori su aggiornamenti già liberamente disponibili prima dell’inizio dei lavori stessi, relativi a specifici sistemi o programmi;
• le attività di ordinaria manutenzione del computer o del software;
• lo sviluppo di software applicativi e sistemi informativi aziendali che utilizzino metodi conosciuti e strumenti software esistenti;
• l’aggiunta di nuove funzionalità per l’utente a programmi applicativi esistenti;
• la creazione di siti web o software utilizzando strumenti esistenti;
• l’utilizzo di metodi standard di criptazione, verifica della sicurezza e test di integrità dei dati;
• la “customizzazione” di prodotti per un particolare uso, a meno che durante tale processo non vengano aggiunte nuove conoscenze che migliorino significativamente il programma base;
l’ordinaria attività di correzione di errori (“debug”) di sistemi e programmi esistenti.

D.4. QUALI SONO LE SPESE AGEVOLABILI?
R.4.
I costi agevolabili sono quelli relativi al personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo.
Rientrano in questo genere i costi per il personale:
• dipendente dell’impresa: con esclusione del personale con mansioni amministrative, contabili e commerciali (compreso la quota di competenza del TFR);
• in rapporto di collaborazione con l’impresa stessa: compresi gli esercenti arti e professioni, a condizione che svolga la propria attività presso le strutture dell’impresa beneficiaria.
Il personale utilizzabile nell’attività di ricerca e sviluppo può essere:
• altamente qualificato e quindi in possesso di laurea magistrale e dottorato di ricerca;
• non altamente qualificato, dotato di adeguate conoscenze tecniche commisurate al progetto che l’impresa intende realizzare.
Entrambe le categorie suddette rientrano nelle spese ammissibili e sono agevolabili con l’aliquota del 50%.
Diversamente, sono esclusi gli apprendisti anche se altamente qualificati.
In base alle medesime considerazioni, si ritiene che siano agevolabili anche i compensi corrisposti all’amministratore, non dipendente dell’impresa, che svolge attività di ricerca e sviluppo. Naturalmente l’attività svolta deve essere adeguatamente comprovata e il compenso è agevolabile solo per la parte che remunera l’attività di ricerca effettivamente svolta dall’amministratore.
Tra i costi agevolabili rientrano anche le quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio. Tali costi sono agevolabili, nei limiti dell’importo risultante dall’applicazione dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro delle finanze 31 dicembre 1988, in relazione alla misura e al periodo di utilizzo per l’attività di ricerca e sviluppo e, comunque, con un costo unitario non inferiore a 2.000 euro al netto dell’Iva.
Sono, altresì, agevolabili le spese relative a contratti di ricerca c.d. “extra muros” stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, e con altre imprese, comprese le start-up innovative.
Tra i costi agevolabili rientrano anche le spese per “competenze tecniche e privative industriali”, ossia tutte le spese sostenute per le prestazioni di servizi rese da professionisti esterni all’impresa. Ai fini di dell’agevolazione della spesa in esame è necessario possedere:
• copia contratto stipulato tra impresa e professionista;
• copia fattura che deve descrivere per quale motivo e per quale attività di ricerca e sviluppo è stata sostenuta la spesa;
• quietanza di pagamento.
Secondo quanto previsto dalla Circolare 6/2016 dell’Agenzia delle Entrate rientrano in tale tipologia di costi quelli sostenuti per consulenze propedeutiche, due diligence, predisposizione accordi di segretezza, predisposizione accordi di cessione o concessione in licenza del brevetto, trascrizione o annotazione nei registri di pubblicità legale, servizi connessi al procedimento di brevettazione o registrazione sono rappresentati da consulenze propedeutiche (studi su brevettabilità, freedom to operate), deposito della domanda di brevetto o di registrazione, estensione della domanda di brevetto o registrazione, conversione ed ogni istanza a queste connesse, comprese le eventuali traduzioni, mantenimento in vita.
I costi agevolabili, come espressamente chiarito nella circolare 5/E del 2016, e poi ribadito in sede di Telefisco 2018, devono essere assunti al lordo di altri contributi pubblici o agevolazioni ricevuti sui medesimi costi, attesa l’assenza di un divieto di cumulo dell’agevolazione in questione con altre misure di favore. In ogni caso, l’importo risultante dal cumulo non può essere superiore ai costi sostenuti.

D.5. COME SI CALCOLA IL CREDITO D’IMPOSTA?
R.5. Le imprese che intendono beneficiare del “credito di imposta per l’attività di ricerca e sviluppo” devono individuare e calcolare la media delle spese sostenute per le stesse attività nei periodi di imposta 2012, 2013, 2014. Tale valore di riferimento è estremamente importante perché rimane fisso per tutti gli anni di imposta in cui è possibile usufruire dell’agevolazione.
In definitiva, ai fini della concessione del credito d’imposta è necessario che:
• le spese per attività di R&S del periodo d’imposta in relazione al quale si intende fruire dell’agevolazione siano complessivamente almeno pari a 30.000 euro;
• si realizzi un incremento delle spese in esame rispetto al triennio precedente.
Dopodiché, per determinare l’agevolazione, occorre considerare che il credito di imposta spetta “nella misura del 50 per cento delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015”.

D.6. LE SPESE DEVONO ESSERE CERTIFICATE?
R.6. Sì. Le imprese beneficiarie devono predisporre un’adeguata documentazione contabile “certificata” dal soggetto incaricato della revisione legale o dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel registro dei revisori legali di cui al Dlgs 27 gennaio 2010, n. 39.
La certificazione deve essere redatta in forma libera e deve contenere, in ogni caso, l’attestazione della regolarità formale della documentazione contabile e dell’effettività dei costi sostenuti.
Inoltre, la certificazione deve essere allegata al bilancio, conservata ed esibita unitamente al documento contabile.
Le imprese non soggette a revisione legale dei conti e prive di un collegio sindacale, sono obbligate ad avvalersi della certificazione di un revisore o di una società di revisione legale dei conti iscritti nel registro dei revisori legali di cui al Dlgs 27 gennaio 2010, n. 39.
Di conseguenza, solo alle imprese non dotate di revisore e collegio sindacale viene riconosciuto un credito di imposta di importo pari alle spese sostenute e documentate per la certificazione contabile, entro il limite massimo di euro 5.000 per ciascun periodo di imposta per il quale si intende fruire dell’agevolazione.
Per di più, la normativa di riferimento specifica che gli obblighi documentali e di certificazione, oltre a riguardare gli investimenti realizzati nel periodo di imposta in relazione al quale le imprese intendono beneficiare dell’agevolazione, sussistono anche in riferimento agli investimenti pregressi sulla base dei quali è calcolato l’incremento agevolabile ai fini della determinazione del credito di imposta.
La documentazione richiesta ai fini dei controlli va certificata entro la data di approvazione del bilancio ovvero, per i soggetti che non sono tenuti all’approvazione del bilancio, entro il termine di 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio in cui sono stati effettuati gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo.
Considerato che il credito di imposta in esame può essere utilizzato in compensazione senza alcun limite temporale, l’obbligo di conservazione della documentazione idonea a dimostrare, in sede di controllo, l’ammissibilità e l’effettività dei costi sulla base dei quali è determinato il credito d’imposta, si precisa che la stessa deve essere conservata per il periodo previsto dall’articolo 43 Dpr 29 settembre 1973, n. 600, con riferimento alla dichiarazione relativa al periodo di imposta nel corso del quale si conclude l’utilizzo del credito.
Tutte le spese agevolabili, sostenute nel periodo di imposta nel quale si chiede l’agevolazione, devono essere certificate con un’attestazione del legale rappresentante dell’impresa.
In concreto, per quanto concerne la documentazione a supporto dei costi relativi alla c.d. ricerca extra-muros, in ottemperanza della lettera c) del co. 5 dell’articolo 7 citato, sono necessari i contratti stipulati con università, enti di ricerca o organismi equiparati e gli altri soggetti (comprese le start-up innovative), nonché una relazione sottoscritta dai soggetti commissionari concernente le attività svolte nel periodo di imposta cui il costo sostenuto si riferisce.
Per quanto riguarda l’acquisto di “strumenti e attrezzature di laboratorio” tramite locazione, il costo storico di acquisto del bene deve risultare dal relativo contratto di locazione oppure da una dichiarazione.
Diversamente, le spese per “privative industriali”, acquisite da terzi, devono essere supportate con i relativi contratti e una relazione, firmata dal legale rappresentante dell’impresa beneficiaria ovvero dal responsabile dell’attività di ricerca e sviluppo, con riferimento alle attività svolte nel periodo di imposta cui il costo sostenuto si riferisce.
È, altresì, opportuno che le imprese beneficiarie conservino, oltre alla documentazione predetta, anche un prospetto, con l’elencazione analitica degli investimenti realizzati nei periodi di imposta precedenti ed utilizzati per la base di calcolo della quota incrementale che determina l’ammontare del credito di imposta.

D.7. QUALI SONO I RIFLESSI FISCALI DEL CREDITO D’IMPOSTA?
R.7. L’imputazione temporale degli investimenti in ricerca e sviluppo ad uno dei periodi di imposta di vigenza dell’agevolazione e ai singoli periodi di imposta rilevanti per il calcolo della media avviene secondo le regole generali di competenza fiscale, previste dall’articolo 109 Tuir, a prescindere dalla circostanza che il soggetto beneficiario applichi tali criteri per la determinazione del proprio reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito.
Inoltre, il co. 8 dell’articolo 3, ripreso dall’articolo 6, co. 2 del decreto attuativo, prevede che il credito di imposta in esame:
• non concorre alla formazione della base imponibile ai fini Ires, comprese le relative addizionali regionali e comunali, né alla determinazione dell’Irap;
• non è rilevante per quanto concerne la determinazione della quota di interessi passivi deducibile dal reddito di impresa ai sensi dell’articolo 61 Tuir;
• non è rilevante in merito alla determinazione della quota di spese e altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, deducibile dal reddito di impresa ai sensi dell’articolo 109, co. 5, Tuir.

D.8. COME PUÒ ESSERE USATO IL CREDITO D’IMPOSTA?
R.8.
Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate in occasione di Telefisco 2018 il credito di imposta deve essere utilizzato in compensazione, tramite modello F24 presentato esclusivamente attraverso i servizi telematici dell’Agenzia (Entratel o Fisconline).

Come chiedere aiuto alle Entrate: le nuove regole per interpelli tributari

interpelli ade

Cambiano le regole per presentare le istanze interpelli tributari da parte dei contribuenti: a partire dal 1° marzo la struttura unica deputata a ricevere gli interpelli indirizzati agli uffici centrali dell’Agenzia delle Entrate è la Divisione Contribuenti.
I cambiamenti sono indicati nel Provvedimento n. 47688 del 1 marzo 2018 dell’Agenzia delle Entrate, contenente le nuove regole procedurali per le istanze di interpello presentate dai contribuenti.

Interpelli tributari, cosa sono e come funzionano
Ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n.212, ciascun contribuente può inoltrare per iscritto all’amministrazione finanziaria circostanziate e specifiche istanze di interpello concernenti l’applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni stesse.
La presentazione dell’istanza non ha effetto sulle scadenze previste dalla disciplina tributaria.

Termini di risposta
I termini per la risposta decorrono a partire dalla ricezione dell’istanza da parte dell’ufficio competente (ovvero dalla regolarizzazione della stessa) e sono: 90 giorni per gli interpelli ordinari e 120 giorni per tutte le altre tipologie di interpello.
La risposta deve essere scritta e motivata, e vincola ogni organo della amministrazione, con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza, e limitatamente al richiedente.
Quando l’amministrazione finanziari non comunica una risposta al contribuente, entro il termine previsto, tale silenzio si interpreta come condivisione della soluzione prospettata dal contribuente nell’interpello: è prevista, in pratica, la regola del silenzio-assenso per tutte le tipologie di interpello.
Nel caso in cui l’amministrazione finanziaria non riesca a fornire una risposta all’istanza, sulla base dei documenti allegati, può chiedere all’istante, una sola volta, l’integrazione di quanto presentato. In questo caso la risposta è resa entro 60 giorni dalla ricezione della documentazione integrativa.
La risposta all’istanza di interpello non è impugnabile, ad eccezione di quella resa in relazione ad un interpello disapplicativo, per cui può essere proposto ricorso.

Chi può presentare istanza
Possono presentare istanza di interpello:
– il contribuente, anche non residente;
– coloro che in base alla legge sono obbligati a porre in essere gli adempimenti tributari per conto dei contribuenti
– il sostituto/responsabile dell’imposta, a condizione che l’istanza si riferisca a casi concreti e personali

Modalità di invio
L’istanza deve essere presentata, pena l’inammissibilità, prima della scadenza dei termini previsti per la presentazione della dichiarazione, o per l’assolvimento di altri obblighi tributari aventi ad oggetto, o comunque connessi, alla fattispecie cui si riferisce l’istanza.
Il contribuente può presentare l’istanza: consegnandola a mano, spedendola a mezzo plico raccomandato con avviso di ricevimento oppure presentandola per via telematica attraverso l’impiego della posta elettronica certificata.

Contenuti dell’istanza
L’istanza deve contenere i seguenti elementi:
– dati identificativi dell’istante ed eventualmente del suo legale rappresentante, comprensivi del codice fiscale;
– l’indicazione del tipo di istanza con esplicito riferimento alle disposizioni che disciplinano il diritto di interpello;
– la circostanziata e specifica descrizione della fattispecie;
– le specifiche disposizioni di cui si richiede l’interpretazione, l’applicazione o la disapplicazione;
– l’esposizione, in modo chiaro ed univoco, della soluzione proposta;
– l’indicazione del domicilio e dei recapiti anche telematici dell’istante o dell’eventuale domiciliatario presso il quale devono essere effettuate le comunicazioni dell’amministrazione finanziaria e deve essere comunicata la risposta;
– la sottoscrizione dell’istante o del suo legale rappresentante, ovvero del procuratore generale o speciale incaricato ai sensi dell’articolo 63 del D.P.R. 600/73 o comunque del diverso soggetto legittimato alla presentazione con la relativa procura.
Inoltre, all’istanza bisogna allegare la documentazione rilevante ai fini della risposta, inclusi eventuali pareri concernenti accertamenti di natura tecnica, non di competenza dell’Amministrazione finanziaria.

Provvedimento AE 8 marzo 2018
Con provvedimento dell’8 marzo 2018 l’Agenzia delle Entrate ha introdotto il nuovo modello organizzativo per l’invio delle istanze di interpelli.
Lo scopo è quello di individuare nella Divisione Contribuenti la struttura unica che riceve gli interpelli per gli Uffici centrali.
In particolare, il provvedimento porta modifiche ai precedenti provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, ossia del 4 gennaio 2016, 8 marzo 2017, 14 aprile 2016 e 20 maggio 2016.
Le modifiche riguardano gli interpelli presentati da: Amministrazioni centrali dello Stato, Enti pubblici a rilevanza nazionale, soggetti di più rilevante dimensione, dai non residenti e dalle Direzioni Regionali alle strutture centrali nei casi di maggiore complessità o incertezza.
Le modifiche riguardano:
– le istanze di interpello presentate in base allo Statuto del contribuente;
– le istanze di interpello relative all’opzione per il regime dell’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia;
– le istanze di interpello sui nuovi investimenti;
– le istanze di interpello per i contribuenti che aderiscono al regime dell’adempimento collaborativo.

Periodo transitorio
Per garantire il rispetto dei termini, le risposte agli interpelli possono essere rese fino al 31 marzo 2018 anche dalla Direzione Centrale Coordinamento Normativo o, con riguardo agli interpelli concernenti l’imposta ipotecaria dovuta in relazione agli atti diversi da quelli di natura traslativa, le tasse ipotecarie e i tributi speciali catastali, dalla Direzione Centrale Servizi Catastali, Cartografici e di Pubblicità Immobiliare della Divisione Servizi.

Nuovo indirizzo PEC
Il provvedimento specifica, inoltre, il nuovo indirizzo unico di Posta Elettronica Certificata, PEC per l’invio delle istanze.
Dal 1° marzo, per gli interpelli di maggiore rilevanza le istanze vanno inviate esclusivamente, via PEC, all’indirizzo unico: interpello@pec.agenziaentrate.it
Il provvedimento specifica che per gli interpelli da parte dei soggetti ammessi al regime di adempimento collaborativo occorre invece fare riferimento all’indirizzo PEC indicato nelle istruzioni per la compilazione del modello per l’adesione (provvedimento AE 14 aprile 2016).
Il nuovo indirizzo di posta elettronica libera, infine, utilizzabile dai soggetti non residenti che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato è : div.contr.interpello@agenziaentrate.it

Disponibile il materiale didattico del Convegno STS Deloitte di Napoli

Disponibile online il materiale didattico (in formato pdf con pw di apertura) presentato al Convegno “Novità tributarie e di bilancio 2017 | 2018” svoltosi a Napoli lo scorso 15 febbraio ed organizzato dalla sede partenopea dello Studio Tributario Societario Deloitte. Di seguito i link:

Novità IVA
Novità nelle imposte dirette della Legge di bilancio
Art.20 del T.U.R., abuso e antieconomicità
Privacy e Data Protection – Regolamento UE 2016-679
Novità del bilancio di esercizio 2017
OIC-IAS effetti fiscali

Password di apertura: Napoli2018

Credits: C. Tomassetti, G. De Luca, E. Della Valle, F. Brunelli, F. Vanacore, L. Miele

A Napoli STS Deloitte chiarisce le problematiche in tema di detrazione IVA

Giovedì 15 febbraio 2018 nella storica cornice di Palazzo Alabardieri nel quartiere Chiaia di Napoli si è svolto l’annuale incontro tra professionisti ed imprenditori promosso ed organizzato dalla sede partenopea dello Studio Tributario e Societario Deloitte.
Il convegno è stata un’occasione di approfondimento e di confronto su aspetti e problematiche di carattere amministrativo e fiscale recentemente introdotti.
Di particolare rilievo è stata la relazione dell’Avv. Chiara Tomassetti – VAT & Indirect Taxes Partner STS Deloitte – che in un breve ma completo intervento ha saputo sciogliere i principali nodi in tema di detrazione IVA alla luce delle recenti disposizioni normative.

Detrazione Iva fatture acquisto 2017 2018
La Manovra Correttiva 2017 (D.l. 50/2017) ha modificato il termine entro cui esercitare il diritto alla detrazione (art. 19 DPR 633/72) e il termine entro cui registrare le fatture d’acquisto (art. 25 DPR 633/72). Le nuove regole si applicano alle fatture e alle bollette doganali emesse dal 1° gennaio 2017. I dubbi maggiori sono stati riscontrati in merito alla detrazione delle fatture inerenti al mese di dicembre 2017 e ricevute nel mese di gennaio 2018. La Circolare 1/2018 dell’Agenzia delle Entrate ha fornito dei chiarimenti importanti in merito alla corretta detrazione IVA, riprendendo la normativa europea. Il principale chiarimento è stato che per poter detrarre correttamente l’IVA è necessaria la duplice condizione: sostanziale dell’avvenuta esigibilità dell’imposta e formale del possesso di una fattura redatta conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 21 del DPR 633/72.

Detrazione IVA fatture dicembre 2017

Di seguito un esempio sulla detrazione IVA delle fatture nel caso in cui nel mese di dicembre 2017 il bene sia stato consegnato o il servizio sia stato prestato e si sia entrati in possesso della fattura nel mese di dicembre. Il punto di partenza è il possesso del duplice requisito ovvero: avvenuta esigibilità dell’imposta e possesso della fattura, che in questo caso si realizzano entrambi nel mese di dicembre. L’imposta a credito, relativa a tale cessione di beni/prestazione di servizi, confluirà, previa registrazione della fattura di acquisto nel 2017, nella liquidazione IVA relativa al mese di dicembre 2017 (da eseguire il 16 gennaio 2018), se annotata successivamente, il documento contabile potrà essere registrato al più tardi, entro il 30 aprile 2018 (termine di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno 2017) in un’apposita sezione del registro IVA degli acquisti relativo a tutte le fatture ricevute nel 2017. Il credito IVA concorrerà a formare il saldo della dichiarazione annuale IVA relativa al 2017.

Detrazione IVA 2017 con possesso fattura gennaio 2018
Diverso è il caso in cui c’è esigibilità dell’imposta nel mese di dicembre 2017, ma possesso della fattura nel mese di gennaio 2018. A questo punto, il diritto alla detrazione, previa registrazione della fattura, sorge nella liquidazione relativa al mese di gennaio 2018, da effettuarsi entro il 16 febbraio 2018. Il medesimo imprenditore in relazione allo stesso acquisto potrà detrarre l’imposta a credito mediante registrazione di tale documento contabile, al più tardi, entro il 30 aprile 2019.
Nel caso in cui tale documento sia registrato nel corso del 2018, l’imposta in esso evidenziata concorrerà alla liquidazione periodica relativa allo stesso mese; se si registra oltre il termine per la presentazione della dichiarazione IVA 2017, cioè si effettui la registrazione del documento, ad esempio, in data 23 aprile 2019, detta registrazione dovrà essere effettuata in un’apposita sezione del registro IVA degli acquisti relativo a tutte le fatture ricevute nel 2018; ciò al fine di far concorrere la relativa IVA a credito alla determinazione del saldo d’imposta risultante dalla dichiarazione annuale IVA relativa al 2018, da presentare entro il 30 aprile 2019

Attenzione: In ossequio ai principi dello Statuto del contribuente e in considerazione del fatto che i chiarimenti sopra riportati intervengono in una data successiva al 16 gennaio 2018 (termine fissato per la liquidazione periodica dell’IVA relativa al mese di dicembre 2017), sono fatti salvi e non saranno sanzionabili i comportamenti – adottati dai contribuenti in sede di tale liquidazione periodica – difformi rispetto alle indicazioni fornite con il presente documento di prassi.

Per ricevere le presentazioni dell’intero convegno è possibile contattare l’indirizzo mail infosts@sts.deloitte.it

Art Bonus: donare alla cultura e risparmiare sulle tasse

art bonus

(in foto il Teatro Romano di Benevento situato nel Rione Triggio)

Cos’è l’Art Bonus?
L’Art Bonus è un incentivo fiscale che consente una detrazione, fino al 65%, per chi effettua donazioni a sostegno del patrimonio culturale pubblico italiano (ai sensi dell’art.1 del D.L. 31.5.2014, n. 83, “Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo”, convertito con modificazioni in Legge n. 106 del 29/07/2014 e s.m.i.).
Cittadini e imprese possono fare donazioni dirette per il restauro di beni culturali e il sostegno dei luoghi della cultura ottenendo uno sconto fiscale da detrarre, in tre anni, dall’Irpef.
In particolare il donatore (persona fisica o giuridica) potrà godere di un regime fiscale agevolato, nella misura di un credito di imposta pari al 65% delle erogazioni effettuate (ai sensi della legge di stabilità 2016).

Soggetti beneficiari
Il credito d’imposta è riconosciuto a tutti i soggetti che effettuano donazioni a sostegno della cultura e dello spettacolo previste dalla norma, indipendentemente dalla natura e dalla forma giuridica.

Cosa si può finanziare
Possono essere finanziati, anche in parte, interventi di:
– manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici;
– sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica (es. musei, biblioteche, archivi, aree e parchi archeologici, complessi monumentali, come definiti dall’articolo 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al Decreto Legislativo 22/01/2004 n. 42) delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione;
– realizzazione di nuove strutture, restauro e potenziamento di quelle esistenti, di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo.

Come effettuare le donazioni
Il credito di imposta introdotto dall’Art Bonus spetta per le donazioni effettuate esclusivamente in denaro.
E’ possibile effettuare il versamento esclusivamente tramite: banca; ufficio postale; sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e cioè carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari.
In pratica, non possono beneficiare del credito d’imposta le donazioni effettuate in contanti, in quanto non offrono sufficienti garanzie di “tracciabilità”.

Per approfondire visita il sito dedicato all’iniziativa del MiBACT (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo) e consulta la lista degli interventi da sostenere e l’elenco dei “Mecenati” che anno contribuito alla realizzazione dei progetti.

LdB 2018: le principali misure per le costruzioni

Di seguito una sintesi, in particolare, delle misure introdotte dalla legge di Bilancio 2018 per il settore delle costruzioni.

Misure per il settore delle costruzioni
La manovra finanziaria 2018 conferma la volontà del Governo di sostenere la ripresa dell’economia italiana anche attraverso il rilancio degli investimenti pubblici.
I nuovi stanziamenti per le opere pubbliche, previsti nella legge di Bilancio, ammontano a 1,1 miliardi per il 2018 e raggiungono i 6,5 miliardi nel triennio 2018-2020 ai quali si aggiungono le aperture di spazi finanziari a favore degli investimenti degli enti locali.

Interventi a favore dei Comuni
Per gli enti locali non beneficiari delle risorse per il risanamento delle periferie, la norma prevede 850 milioni di euro nel triennio 2018-2020 di contributi (150 milioni di euro nel 2018, 300 milioni di euro nel 2019 e 400 milioni di euro nel 2020) da destinare a opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio.

Investimenti piccoli Comuni
La norma incrementa il Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni, relativo alla valorizzazione dei piccoli comuni, assegnando un contributo di 10 milioni di euro a decorrere dal 2018.

Interventi in materia di enti locali
Gli enti locali hanno nel biennio 2018-2019, 900 milioni di euro di spazi finanziari da destinare a investimenti (200 milioni in più rispetto a quanto previsto dalla legge di bilancio dello scorso anno), di cui 400 milioni per interventi di edilizia scolastica e 100 milioni per l’impiantistica sportiva.

Fondo investimenti
La norma prevede ulteriori risorse per il Fondo Investimenti: 36.115 milioni di euro per il periodo 2018-2033, di cui 800 milioni di euro per l’anno 2018, 1.615 milioni di euro per l’anno 2019, 2.180 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2033.

Manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane
La norma stanzia 120 milioni di euro per il 2018 e 300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023, per la realizzazione di interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane.

Fondo per la progettazione degli enti locali
Prevista l’istituzione di un fondo destinato al cofinanziamento della redazione dei progetti di fattibilità tecnica ed economica degli enti locali per opere destinate alla messa in sicurezza di edifici e strutture pubbliche.

Misure fiscali
Modifiche ecobonus
– prorogata per tutto il 2018 la detrazione IRPEF/IRES per l’efficientamento energetico degli edifici nella misura del 65% per le spese sostenute sino al 31 dicembre 2018, nei limiti di detrazione massima previsti per ciascun tipo di intervento agevolato
– confermata l’applicabilità del beneficio fino al 31 dicembre 2021, nella misura del 65%, anche nella formula potenziata del 70-75%, per gli interventi di riqualificazione energetica realizzati su parti comuni condominiali
– ridotta al 50% la percentuale di detrazione per i seguenti interventi: acquisto e posa in opera di finestre comprensive di infissi, acquisto e posa in opera di schermature solari, sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione con efficienza almeno pari alla classe A di prodotto, acquisto e posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili (fino a un limite massimo di detrazione di 30.000 euro)
– estesa la possibilità di cessione del credito a tutti i contribuenti (ivi compresi i soggetti incapienti, pensionati con reddito sino a 7.500 euro o lavoratori dipendenti con reddito sino a 8.000 euro) per tutte le tipologie agevolate di interventi di riqualificazione energetica (non solo limitatamente agli interventi su parti comuni condominiali, ma anche per quelli sulle singole unità immobiliari). Confermata la possibilità per gli incapienti di cedere il credito alle banche ed intermediari finanziari
– cumulabilità tra sismabonus e ecobonus per interventi su parti comuni di edifici condominiali, ricadenti nelle zone sismiche 1, 2 e 3, volti congiuntamente alla riduzione del rischio sismico e alla riqualificazione energetica, nella misura unica: dell’ 80%, ove gli interventi determinino il passaggio ad 1 classe di rischio sismico inferiore; dell’ 85% ove gli interventi determinino il passaggio a 2 classi di rischio sismico inferiori
– estensione del beneficio (oltre che agli IACP) anche agli interventi di riqualificazione energetica effettuati su immobili adibiti ad edilizia residenziale pubblica posseduti da enti e cooperative

Bonus ristrutturazioni

Viene prorogato il potenziamento della detrazione IRPEF per il recupero delle abitazioni che si applicherà ancora nella misura del 50% per le spese sostenute sino al 31 dicembre 2018, da assumere entro il limite massimo di 96.000 euro.

Modifiche al sismabonus
Per quanto riguarda il sismabonus e la detrazione per le spese sostenute per interventi di messa in sicurezza statica delle abitazioni e degli immobili a destinazione produttiva, situati nelle zone ad alta pericolosità sismica, le novità riguardano: l’estensione del beneficio anche agli interventi effettuati da IACP e da altri enti aventi le medesime finalità (tra cui rientrano le cooperative di abitazioni a proprietà indivisa, assegnate ai soci) e l’attribuzione del monitoraggio all’Enea, laddove gli interventi di messa in sicurezza statica consentano di ottenere anche un risparmio energetico

Cedolare secca
Viene prorogata per due anni (2018-2019) la cedolare secca nell’aliquota del 10% sugli affitti a canone concordato.

Beni significativi
Viene introdotta una norma che disciplina l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta al 10% per le forniture di specifici beni (cd. beni significativi) nell’ambito di interventi di recupero realizzati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata.

Misure in materia di mercato privato
Urbanistica
Si prevede l’istituzione di un fondo finalizzato alla erogazione di contributi ai comuni per l’integrazione delle risorse necessarie alla demolizione delle opere abusive, con una dotazione di 5 milioni di euro per gli anni 2018 e 2019.

Beni culturali
Si prevede il ripristino della concessione di contributi per gli interventi di restauro di immobili privati soggetti a vincolo culturale attraverso lo stanziamento di 10 milioni di euro per il 2019 e di 20 milioni di euro annui per il 2020.

Politiche abitative
Il Fondo destinato alla concessione di contributi integrativi a favore dei conduttori appartenenti alle fasce di reddito più basse per il pagamento dei canoni di locazione, viene incrementato con risorse pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020.
Prorogato, inoltre, il termine per la ratifica degli Accordi di programma per edilizia residenziale ed, infine, previsto il blocco adeguamento Istat locazioni passive.

Ambiente
Gli adempimenti del registro di carico e scarico e del formulario di identificazione dei rifiuti possono essere effettuati in formato digitale.
Rinviato ancora di un anno l’avvio del SISTRI, il sistema informatico per la tracciabilità dei rifiuti.

Misure relative ad interventi di miglioramento energetico e sismico
– previsti interventi agevolati di efficientamento energetico e adeguamento normativo sugli impianti di illuminazione pubblica di proprietà
– i Comuni assegnatari di finanziamenti per adeguamento sismico di edifici scolastici, di cui al dl 269/2003, continueranno ad usufruire dei finanziamenti anche nel caso di accertata inagibilità dell’edificio a seguito degli eventi sismici

Per chi volesse approfondire parte delle tematiche affrontate l’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) di Benevento ha organizzato per il prossimo 30 Gennaio 2018, un incontro di approfondimento intitolato “MONETIZZAZIONE DEL SISMA BONUS – Opportunità per abitazioni più sicure” volto a chiarire le opportunità offerte dal SISMA BONUS per rendere le abitazioni più sicure. Clicca qui per scaricare il programma e i dettagli sull’evento

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