Professionisti: nuove regole fiscali per trasferta, formazione e certificazione competenze

professionisti

Nuova deducibilità delle spese per la partecipazione a convegni e congressi e nuova gestione delle spese per alberghi e somministrazioni di alimenti e bevande addebitate al cliente costituiscono le principali novità della dichiarazione dei redditi dei lavoratori autonomi. Le novità in oggetto si riflettono nella modulistica della dichiarazione dei liberi professionisti in forma individuale e in quella degli studi associati e delle associazioni professionali. Le modalità scelte per la gestione delle suddette novità nella determinazione dei redditi di lavoro autonomo sono pressoché identiche per i due modelli dichiarativi: Redditi 2018PF e Redditi 2018SP. Oltre alle suddette novità, nei modelli di dichiarazione dei redditi di lavoro autonomo prodotti nel 2017, trova collocazione anche la nuova deduzione nel limite di 5 mila euro su base annua per le spese di riqualificazione degli studi professionali.

Spese di trasferta riaddebitate al cliente
Grazie all’intervento normativo operato dall’articolo 8 della legge n. 81/2017 (c.d. Jobs act del lavoro autonomo) il regime fiscale dei rimborsi spese addebitati dai liberi professionisti ai loro clienti si è modificato. Secondo la conseguente formulazione dell’articolo 54, comma 5, del Tuir ora le spese di vitto e alloggio sostenute dal libero professionista sono soggette a un doppio limite di deducibilità: un primo limite, di carattere assoluto, che prevede che tali spese siano deducibili unicamente per il 75% del loro costo mentre l’altro limite, di tipo relativo, prevede che la quota deducibile di tali spese non deve essere superiore al 2% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta. Per effetto dell’intervento di cui alla citata legge n. 81/2017, le spese di vitto e di alloggio sostenute dal professionista in esecuzione di uno specifico incarico, e che vengono poi riaddebitate analiticamente al cliente, non sono soggette alle suddette limitazioni ma sono integralmente deducibili dal reddito di lavoro autonomo. Per gestire tale novità normativa all’interno del quadro RE delle persone fisiche e in quello delle associazioni professionali e degli studi associati, occorre seguire le seguenti modalità di compilazione: nella colonna 2 del rigo RE15 di entrambi i modelli dichiarativi dovranno essere indicate le spese relative a prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande sostenute dal professionista per l’esecuzione di un incarico e riaddebitate analiticamente al committente. Tali spese, si legge nelle istruzioni alla compilazione dei quadri dei due dichiarativi, non saranno soggette ai limiti di deducibilità previste per le altre spese di tale specie (75% nel limite del 2% dei compensi) che verranno invece indicate nella colonna 1 del medesimo rigo RE15.

Le novità delle dichiarazioni 2018 per il reddito da lavoro autonomo

Spese per la formazione professionale
Nei quadri RE dei modelli dichiarativifanno il loro debutto anche le nuove disposizioni in materia di deducibilità delle spese di formazione professionale nel limite annuo di 10 mila euro. Tale novità sostituisce il vecchio regime di deducibilità limitata al 50% di tali spese grazie alle modifiche apportate al comma 9 dell’articolo 54 del Tuir dalla già ricordata legge n. 81 del 2017. Con decorrenza dal 1° gennaio 2017 le spese di formazione dei liberi professionisti sono dunque integralmente deducibili nel limite annuo di 10 mila euro, da imputare a ciascun socio o associato nel caso di esercizio congiunto dell’attività professionale. All’interno del novero delle spese deducibili entro tale limite vi sono sia il costo della partecipazione all’evento formativo, sia le eventuali spese sostenute per il viaggio e il soggiorno. Per gestire le nuove modalità di deduzione dei costi della formazione professionale i modelli dichiarativi delle persone fisiche e delle società di persone hanno adottato la seguente operatività: nel rigo RE17, colonna 1, va indicato il 75% delle spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande sostenute per la partecipazione a master e a corsi di formazione o di aggiornamento professionale, nonché a convegni e a congressi. Tali spese infatti, tenuto conto della loro specifica natura, verranno assoggettate al limite relativo di deducibilità previsto dal quinto comma dell’articolo 54 ma non a quello assoluto (nel limite del 2% dei compensi). Nella colonna 2 del medesimo rigo RE17 verranno invece inserite le spese di iscrizione a master e a corsi di formazione o di aggiornamento professionale nonché le spese di iscrizione a convegni e congressi, comprese quelle di viaggio e soggiorno non indicate in colonna 1. Ovviamente la somma complessiva degli importi indicati nelle due colonne del rigo RE17 non potrà superare il limite annuo di deducibilità pari a 10 mila euro.

Le spese per la certificazione delle competenze professionali
Tra le altre novità introdotte alla determinazione del reddito di lavoro autonomo dalla legge n. 81 del 2017 figura anche la c.d. deducibilità dei costi sostenuti dai professionisti per la certificazione delle loro competenze. Si tratta nello specifico della possibilità di dedurre integralmente dal reddito di lavoro autonomo, nel limite su base annua di 5 mila euro, le spese sostenute per i servizi personalizzati di certificazione delle competenze, orientamento, ricerca e sostegno all’autoimprenditorialità, mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle condizioni del mercato del lavoro, erogate da organismi accreditati dalle vigenti disposizioni in materia. Anche tali spese vengono gestite nei dichiarativi 2018 all’interno del rigo RE17. Nello specifico in colonna 3 di detto rigo dovranno essere indicati gli importi deducibili delle spese sostenute per i suddetti servizi personalizzati di certificazione delle competenze, orientamento, ricerca e sostegno all’auto-imprenditorialità, mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle condizioni del mercato del lavoro, erogati dagli organismi accreditati ai sensi della disciplina vigente. Tali spese sono integralmente deducibili entro il limite annuo di 5 mila euro che, al pari delle spese per la formazione professionale deve essere individuato sulla base del singolo professionista nel caso lo stesso facesse parte di una più ampia struttura aggregativa.

Società di capitali: prove di Flat Tax nel modello Redditi SC 2018

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Prime prove di flat tax, la cosiddetta “tassa piatta” basata su una sola aliquota. Tra le principali novità che caratterizzano la dichiarazione dei redditi di quest’anno spicca, infatti, la nuova aliquota unica dell’imposta sui redditi delle società di capitali nella misura del 24% al posto della precedente del 27,5%. Ulteriori innovazioni, analizzate qui di seguito, sono contenute nei quadri RF dove, fra le variazioni in diminuzione del reddito imponibile ai fini dell’Ires, trovano conferma le deduzioni relative al super e all’iperammortamento nonché i nuovi codici per la corretta gestione del regime di esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni (c.d. «branch exemption»). Novità anche negli altri quadri del modello Redditi 2018 delle società di capitali, in particolare nel quadro RS – Prospetti vari, dove trovano collocazione apposite sezioni per la gestione del c.d. «Patent Box» nonché le novità in tema di detrazioni Ires per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici di cui alla legge n.205/2017.

Quadro RF – Determinazione reddito d’impresa

Come anticipato nel rigo RF55 all’interno delle «altre variazioni in diminuzione», sono stati previsti nuovi codici per tenere conto della proroga delle disposizioni agevolative riguardanti sia il «superammortamento» sia l’«iperammortamento». Nello specifico si tratta del codice 50 per l’indicazione del superammortamento di competenza dell’esercizio 2017 in misura pari al maggior valore delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria relativo agli investimenti in beni materiali strumentali nuovi e in beni di cui all’art. 164, comma 1, lettera b), del Tuir effettuati dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2017, il cui costo di acquisizione è stato maggiorato del 40% (art. 1, commi 91 e 92, della legge 28 dicembre 2015, n. 208). Per l’iperammortamento i codici da inserire nel rigo RF55 sono invece due: il codice 55 per l’indicazione del maggior valore, in misura pari al 150%, delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria relativi a investimenti in beni materiali strumentali nuovi, che favoriscano processi di trasformazione tecnologica e digitale secondo il modello «Industria 4.0», compresi nell’elenco di cui all’allegato A, annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, effettuati entro il 31 dicembre 2017, ovvero entro il 30 settembre 2018 a condizione che entro la data del 31 dicembre 2017 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione; il codice 56 per l’indicazione invece del maggior valore, in misura pari al 40%, delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria relativi al costo di acquisizione dei beni immateriali strumentali compresi nell’elenco di cui all’allegato B, annesso alla citata legge 11 dicembre 2016, n. 232, per gli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2017, ovvero entro il 30 giugno 2018 a condizione che entro la data del 31 dicembre 2017 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione. Le istruzioni alla compilazione del rigo RF55 contengono già altri tre codici (57, 58 e 59) che dovranno essere utilizzati dai soggetti non solari, per indicare le quote di super o iperammortamento relative a investimenti effettuati dal 1º gennaio 2018 al 31 dicembre 2018, ovvero entro il 30 giugno 2019, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2018 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione beni, in ossequio alle novità introdotte in materia dalla legge n.205/2017 (legge di bilancio 2018).

Le novità 2018 introdotte nel modello Redditi SC

Quadro RN – Determinazione dell’Ires
Come anticipato, nel quadro di determinazione dell’imposta dovuta è stata inserita la nuova aliquota Ires del 24%, in luogo del precedente 27,5% per effetto della modifica apportata dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 all’articolo 77, comma 1, del Tuir. Detta modifica è riportata nel rigo RN8, colonna 1, dove deve essere indicato il reddito imponibile soggetto ad aliquota ordinaria del 24% mentre nella colonna 2 dello stesso rigo andrà indicata la relativa imposta. Da ricordare inoltre che per effetto di detta variazione in diminuzione dell’aliquota Ires, i conseguenti redditi di capitali derivanti da utili prodotti a partire proprio dall’esercizio successivo a quello in corso al 31/12/2016, concorreranno alla formazione del reddito dei soci persone fisiche nella misura del 58,14% in luogo del precedente 49,72%, cosi come disposto dal dm del 26/5/2017. Si tratta comunque di un regime transitorio di tassazione di detti redditi destinato a lasciare il posto alla nuova tassazione alla fonte in misura secca pari al 26%, sulla base di quanto previsto, per gli utili prodotti a partire dal 1° gennaio 2018, dalla legge n.205 del 2017.

Quadro RS – Prospetti vari
Diverse le novità e le conferme all’interno di detto quadro del modello Redditi 2018 delle società di capitali. In particolare per quanto riguarda il prospetto relativo alle Spese di riqualificazione energetica lo stesso è stato aggiornato per tenere conto della proroga delle agevolazioni riguardanti tali spese a seguito delle novità introdotte dall’articolo 1, comma 3, della legge 27 dicembre 2017, n.205 (legge di Bilancio 2018). Allo stesso modo e per le stesse esigenze, si è provveduto anche all’implementazione del prospetto relativo alle «Spese per interventi su edifici ricadenti nelle zone sismiche» per tenere conto degli ulteriori interventi agevolati da cui derivi una riduzione del rischio sismico che determini il passaggio a una classe di rischio inferiore realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico, così come modificate dal decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50. All’interno del quadro RS è stato inoltre inserito un nuovo prospetto denominato «Grandfathering – Opzione marchi d’impresa (Patent Box)» destinato ai soggetti Ires che con decorrenza dal terzo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, hanno esercitato in dichiarazione l’opzione per il regime di «Patent box» e che devono comunicare per i marchi d’impresa i dati previsti dall’art. 13 del decreto del ministro dell’economia e delle finanze del 28 novembre 2017.

Altre novità
Oltre alle peculiarità sopra evidenziate occorre considerare che per tutti i soggetti c.d. «solari» ovvero con esercizio sociale che chiude al 31 dicembre di ciascun anno, la dichiarazione dei Redditi 2018 costituirà il primo vero banco di prova per le novità introdotte in ambito fiscale dal dm 3 agosto 2017 in materia di c.d. «derivazione rafforzata». Nello specifico tutte le società che redigono il loro bilancio nella forma ordinaria o in quella abbreviata dovranno tenere conto delle numerosissime eccezioni che caratterizzano la determinazione del reddito d’impresa e del valore della produzione Irap rispetto alle norme che disciplinano al predisposizione del bilancio d’esercizio e ai corretti principi contabili. Si tratta ovviamente di disposizioni che non comportano modifiche ai quadri della dichiarazione ma che i contribuenti dovranno necessariamente tenere in debito conto sia nella gestione delle riprese fiscali in aumento o in diminuzione nel quadro RF, sia nella compilazione di altri prospetti della dichiarazione. Si pensi, tanto per fare un esempio, al prospetto per la determinazione degli interessi passivi deducibili e agli effetti che sullo stesso possono prodursi a seguito della scomparsa dell’area straordinaria del conto economico o dell’utilizzo del costo ammortizzato nella valutazione di debiti e crediti di durata ultrannuale.

Studi di settore: le principali novità e criticità del 2018

sds2018

Ritornano gli studi di settore per il periodo d’imposta 2017. Proprio quando sembrava che lo strumento di accertamento induttivo per eccellenza dovesse lasciare il passo ai nuovi indicatori di affidabilità fiscale – i c.d. ISA – la legge di bilancio 2018 ne ha sancito l’improvviso ritorno sulla scena. Il ripescaggio degli studi di settore per la stagione dichiarativa del 2018 è stato infatti previsto dal comma 931 dell’articolo 1 della legge n.205 del 2017 ai sensi del quale “al fine di assicurare a tutti i contribuenti un trattamento fiscale uniforme e di semplificare gli adempimenti dei contribuenti e degli intermediari, gli indici sintetici di affidabilità fiscale si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31.12.2018”. E’ stato proprio lo slittamento di un anno dei nuovi ISA che ha rimesso in scena i vecchi studi di settore. Si tratta di un ripescaggio avvenuto in piena “zona Cesarini” dal quale derivano tutta una serie di effetti che non possono non essere considerati.

L’iter normativo degli studi di settore per il periodo 2017
Il ritorno della scena degli studi di settore disposto dalla legge di bilancio 2018 ha colto impreparata la stessa amministrazione finanziaria che è dovuta correre ai ripari con una serie di provvedimenti attuativi. Il primo fra questi è il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 31 gennaio 2018 (prot. 25090/2018) con il quale si è proceduto, tardivamente, all’approvazione di n.193 modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, relativi ad attività economiche del settore delle manifatture, dei servizi, delle attività professionali e del commercio, da utilizzare per il periodo di imposta 2017. Come per gli anni precedenti il provvedimento ha approvato, sia le relative istruzioni per la compilazione dei 193 modelli – costituite da una Parte generale, comune a tutti gli studi di settore, da una Parte specifica per ciascuno studio e dalle Parti relative ai quadri A, F, G, T, X, comuni agli studi di settore che ne prevedono il richiamo nelle relative istruzioni specifiche – sia i modelli validi per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, che devono essere allegati alla dichiarazione dei redditi dei quali costituiscono parte integrante. Successivamente con il provvedimento direttoriale del 15 febbraio 2018 (Prot. n.39252/2018) si è proceduto all’approvazione delle specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore e dei parametri, dei relativi controlli con i modelli Redditi 2018 nonché all’attuazione di tutta una serie di modifiche alla modulistica degli studi di settore. In primo luogo nelle istruzioni alla compilazione il provvedimento in oggetto ricorda che i soggetti con residenza o sede operativa in uno dei comuni che nel corso del 2017 sono stati colpiti da eventi calamitosi (alluvione di Livorno e terremoto dell’isola di Ischia) che in ragione della specifica situazione soggettiva dichiarano la causa di esclusione dell’applicazione degli studi di settore relativa al periodo di non normale svolgimento dell’attività, non sono obbligati alla presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore. Seguono poi una serie di modifiche ad alcuni dei modelli studi da utilizzare per il periodo d’imposta 2017 far le quali: nel modello WD05U, in corrispondenza dei righi Z03 e Z04, sono eliminati i campi della prima colonna; nello studio di settore WG68U, è stato inserito il titolo “QUADRO Z – Dati complementari” in corrispondenza dell’omonimo quadro; nello studio di settore WG78U i righi Z16 e Z17 sono stati ridenominati, rispettivamente, “Z13” e “Z14”. Con il decreto ministeriale del 23 marzo 2018 si è provveduto invece all’inserimento di una serie di modifiche alle variabili di calcolo degli studi di settore fra le quali spiccano gli interventi congiunturali anticrisi e le correzioni legate alla nuova modalità di determinazione del reddito delle imprese minori in base al principio di cassa.

Sds 2018: principli novità e criticità

Le principali criticità degli studi di settore del 2018
Questa vera e propria corsa contro il tempo al quale la legge di bilancio 2018 ha costretto l’amministrazione finanziaria, ha comunque lasciato alcuni segni destinati ad incidere sulla valenza e sulla legittimità dei responsi del software Gerico 2018. Le criticità che possono infatti essere riscontrate dall’esame dell’iter normativo che ha portato all’approvazione ed alle modifiche degli studi di settore da applicare al periodo d’imposta 2017 sono essenzialmente tre. La prima di queste è rappresentata criticità dal mancato rispetto delle prescrizioni contenute nel comma 28 dell’articolo 23 del DL 98/2011, ai sensi del quale con decorrenza dall’anno 2012 “..gli studi di settore devono essere pubblicati nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre del periodo d’imposta nel quale entrano in vigore. Come abbiamo già avuto modo di vedere gli studi di settore da utilizzare per il periodo d’imposta 2017 sono stati approvati con il provvedimento direttoriale del 31 gennaio 2018 – un mese esatto oltre la scadenza fissata per legge – la cui pubblicazione sul sito internet delle Entrate ha sostituito l’obbligo di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. La seconda criticità degli studi di settore da allegare alla dichiarazione dei redditi 2018 è più specifica investendo non la generalità dei modelli, come avviene invece per la prima criticità di cui sopra, ma solo una parte di questi. Si tratta della violazione della disposizione contenuta nell’articolo 10-bis della legge n.146/1998 secondo la quale: gli studi di settore sono soggetti a revisione, al massimo ogni tre anni dalla data di entrata in vigore dello studio di settore ovvero da quella dell’ultima loro revisione. Questa violazione della durata massima di tre anni è riscontrabile in circa un terzo degli studi di settore approvati con il provvedimento direttoriale del 31 gennaio 2018. L’esatta individuazione degli studi di settore incriminati è molto semplice: sono tutti quelli che sono stati approvati con il decreto ministeriale del 29 dicembre 2014 (il riferimento è indicato nella prima pagina delle istruzioni di ciascuno studio di settore). La terza ed ultima criticità che merita di essere segnalata riguarda invece le operazioni di revisione straordinaria alle variabili degli studi di settore per adattarli al nuovo regime per cassa dei contribuenti in contabilità semplificata ratificate con il decreto ministeriale del 23 marzo 2018. Si tratta di una revisione straordinaria portata a termine in tempi rapidissimi ed in assenza di informazioni complete ed esaustive circa i reali effetti che il nuovo regime ha generato sui conti economici del periodo d’imposta 2017, il primo al quale le nuove disposizioni si rendono applicabili. Il rischio è che tale revisione non sia in grado di cogliere le reali differenze esistenti fra il criterio della competenza economica (sul quale sono stati costruiti gli studi di settore!!) ed il nuovo criterio orientato alla cassa introdotto per tutte le imprese minori dalla legge di bilancio 2017. Le criticità sopra evidenziate potrebbero essere segnalate dai contribuenti che non si riconosceranno nei responsi del software Gerico 2018, nell’apposito spazio dedicato alle annotazioni.

730/2018: debuttano nuove detrazioni e locazioni brevi

730/2018

Definito il calendario delle presentazioni dei modelli per i redditi del 2017 e per il successivo invio telematico all’Agenzia delle Entrate. Diverse le novità all’interno dei quadri della dichiarazione destinata principalmente ai titolari di redditi di lavoro dipendente e assimilati. Le novità spaziano, come sempre, sui diversi fronti operativi. Nel modello 730/2018 relativo ai redditi 2017 vedono la luce, per la prima volta, nuove tipologie di oneri detraibili quali le spese per l’acquisto di alimenti medici ai fini speciali introdotti dal collegato fiscale alla legge di Bilancio 2018 (dl 148/2017) e le modifiche alla detrazione per le spese di locazione sostenute dagli studenti universitari fuori sede. Debuttano anche nuove tipologie di tassazione quale quella sulle c.d. locazioni brevi, applicabile ai contratti stipulati a far data dal 1° giugno 2017, così come disciplinata dal dl 50/2017. Ciò premesso facciamo sinteticamente il punto sulle principali novità che caratterizzano la nuova dichiarazione modello 730/2018.

Locazioni Brevi – Quadro B
Come anticipato una delle principali novità contenuta nel quadro B del modello 730/2018 riguarda la nuova disciplina delle c.d. «locazioni brevi», applicabile ai contratti stipulati a decorrere dall’1/6/2017. Per effetto delle novità introdotte dal dl 50/2017 i proprietari che locano gli immobili a uso abitativo per periodi non superiori a 30 giorni consecutivi, possono optare per l’assoggettamento al regime della cedolare secca dei redditi derivanti da tali contratti. Per quanto riguarda l’esatta individuazione della decorrenza delle nuove disposizioni le istruzioni al modello 730/2018 precisano che «un contratto si considera stipulato a partire dal 1° giugno 2017 se a partire da tale data il locatario ha ricevuto la conferma della prenotazione». Per effetto delle nuove disposizioni introdotte dal dl 50/2017 alle locazioni brevi, è altresì importante ricordare che il reddito fondiario derivante da tali contratti che dovrà essere indicato nel quadro B, include anche eventuali servizi accessori forniti dal proprietario quali: la pulizia dei locali e la fornitura della biancheria. Quando la locazione breve è stipulata tramite un intermediario immobiliare che interviene anche nella fase della riscossione del canone, il locatore avrà inoltre subito una ritenuta del 21% sui corrispettivi riscossi, che dovrà essere indicata nel quadro F del modello 730/2018 sulla base dell’apposita certificazione che l’intermediario immobiliare avrà inviato.

Redditi lavoro dipendente e assimilato – Quadro C
Novità anche all’interno del quadro C del modello 730/2018 destinato ad accogliere i redditi da lavori dipendente e assimilati. Nello specifico le novità riguardano, ancora una volta, il trattamento dei c.d. «premi di produttività» e/o «partecipazione agli utili dell’impresa» che possono essere assoggettati all’imposta sostitutiva in misura pari al 10%. Nello specifico tale possibilità è prevista, nel limite massimo di 3 mila euro che salgono a 4 mila euro se l’azienda coinvolge pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro, se il reddito di lavoro dipendente conseguito nell’anno precedente (2016) non sia stato superiore a 80 mila euro.

Altri redditi – Quadro D
Anche il quadro D del modello 730/2018 accoglie alcune novità relative al trattamento fiscale dei redditi di capitale. Nello specifico per tali redditi derivanti da utili prodotti a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31/12/2016, occorre tenere conto della modifica di percentuale di concorrenza degli stessi alla formazione del reddito che è stata innalzata al 58,14% in luogo della precedente percentuale del 49,72%. Tale modifica riguarda, ovviamente, soltanto i soci in possesso di partecipazioni qualificate in società di capitali soggette a Ires, non detenute nell’esercizio d’impresa. Al fine di tenere in debito conto di detta novità al rigo D1 «Utili e altri proventi equiparati», sono stati istituiti i nuovi codici per identificare il «Tipo di reddito» al quale è associata la relativa percentuale di partecipazione alla formazione del reddito complessivo.

Nuove deduzioni e detrazioni Irpef – Quadro E
Sono diverse le novità da considerare nella compilazione del quadro E del modello 730/2018 destinato ad accogliere gli oneri e le detrazioni Irpef. Come anticipato tra le spese sanitarie detraibili sono state inserite, con decorrenza dall’anno 2017, le spese sostenute per l’acquisto di alimenti a fini medici speciali di cui alla Sezione A1 del Registro nazionale ex art.7, dm 8/6/2001. Per quanto attiene alla documentazione giustificativa di tali acquisti, in assenza di precise istruzioni al riguardo da parte dell’Agenzia delle Entrate, si deve ritenere che la stessa debba essere equiparata a quanto previsto per tutte le altre tipologie di spese sanitarie ovvero: scontrino fiscale, fattura, ricevuta fiscale o altro documento equipollente purché dallo stesso sia possibile identificare, con esattezza, il prodotto acquistato. Altra novità riguarda la detrazione delle spese sostenute per i canoni di locazione dei c.d. «studenti universitari fuori sede» che, sulla base delle modifiche apportate dal dl 148/2017 e dalla legge n. 205/2017, sono ora detraibili a condizione che il comune di residenza dello studente e dell’università presso la quale è iscritto, siano ubicate in comuni distanti tra loro almeno 100 Km che scendono a 50 Km quando lo studente è residente in una zona montana o disagiata. Sempre in tema di spese per l’istruzione occorre inoltre ricordare che è stato aumentato a 717 euro il limite delle spese per la frequenza di scuole dell’infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale d’istruzione che danno diritto alla detrazione Irpef all’interno del quadro E del modello 730/2018. All’interno del quadro E del modello 730/2018 devono essere anche considerate con riferimento alle spese sostenute per interventi di recupero del patrimonio edilizio, le conferme per il 2017 del limite massimo di spesa pari a 96 mila euro e la misura della detrazione nel 50% delle spese stesse. Confermata per tutto il 2017 anche la detrazione in misura pari al 50% delle spese sostenute per l’arredo degli immobili ristrutturati nel limite di 10 mila euro di spesa massima consentita.Da ricordare inoltre che sia per il c.d. Sisma-bonus che per l’Eco-bonus, sono previste percentuali di detrazione più ampie per le spese sostenute per gli interventi antisismici effettuati su parti comuni di edifici condominiali e per gli interventi che comportano una riduzione della classe di rischio sismico nonché per alcune tipologie di spese per interventi di riqualificazione energetica eseguite sulle parti comuni degli edifici condominiali.

Altre novità
Oltre alle novità sopra riportate il modello 730/2018 relativo ai redditi 2017 contiene anche altre particolarità che devono comunque essere considerate. Fra queste merita di essere segnalata la nuova sezione VII del quadro F denominata «Locazioni brevi» dove dovranno essere indicate le ritenute operate dagli intermediari immobiliare sui corrispettivi relativi alle locazioni brevi riscosse per loro tramite. Tali importi verranno ricavati dal punto 15 del nuovo prospetto contenuto nelle certificazioni uniche 2018 denominato «Locazioni brevi». Da segnalare infine che per effetto delle disposizioni di cui all’articolo 3 del decreto-legge n. 50 del 2017, come segnalano le istruzioni al quadro I – Imposte da compensare del modello 730/2018, per poter utilizzare in compensazione un credito di importo superiore a 5 mila euro, è ora necessario richiedere l’apposizione del visto di conformità.

Il Calendario 2018 delle scadenze per la presentazione del Modello 730

Imu e Tasi: acconto in scadenza il 18 giugno 2018

imu tasi vista citta'

Il prossimo 18 giugno 2018 scadrà il termine di versamento dell’acconto dell’Imposta Municipale Unica (IMU) e della Tassa sui Servizi Indivisibili (TASI). Il calcolo andrà effetuato sulla base delle aliquote e detrazioni dei 12 mesi dell’anno precedente, risultanti dalle delibere comunali pubblicate sul sito Internet del MEF.
Il secondo acconto andrà versato entro il 17 dicembre 2018 (in quanto il 16.12 cadrà di domenica), a saldo dell’imposta dovuta per l’anno in corso con eventuale conguaglio sulla prima rata.
Si ricorda che, anche quest’anno, le regole per il calcolo dell’IMU e della TASI sono rimaste invariate rispetto allo scorso anno.
Con l’uso del consueto Question&Answer (domande e risposte), si riepilogano di seguito i principali casi di versamento dell’acconto IMU e della TASI 2018.

INDICE DELLE DOMANDE E CALCOLATORE IUC

1. Ai fini IMU e TASI cosa si intende per abitazione principale?
2. Ci sono casi in cui l’immobile è equiparato all’abitazione principale?
3. Sono previste specifiche esenzioni ai fini IMU?
4. Sono previste disposizioni specifiche per i terreni agricoli ai fini IMU?
5. Come si calcola la base imponibile IMU e TASI per gli immobili?
6. Come si calcola la base imponibile IMU e TASI per i fabbricati in costruzione?
7. Come si calcola la base imponibile IMU e TASI per i terreni agricoli?
8. Chi sono i soggetti passivi TASI?

Strumenti:
Calcolatore IUC 2018 (IMU+TASI)

DOMANDE E RISPOSTE

D.1 AI FINI IMU E TASI COSA SI INTENDE CON ABITAZIONE PRINCIPALE?
R.1
Ai fini dell’IMU (Imposta Municipale Unica) e della TASI (Tributo per i servizi indivisibili) si considera abitazione principale l’immobile utilizzato come dimora del possessore e del proprio nucleo familiare a condizione che vi risiedano anagraficamente. Se i componenti del nucleo familiare hanno stabilito dimora abituale e residenza in immobili diversi situati nello stesso comune, le agevolazioni per l’abitazione principale si applicano per un solo immobile. L’esenzione, invece, si applica per entrambi gli immobili se i coniugi hanno stabilito l’abitazione principale in due comuni diversi.
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D.2 CI SONO CASI IN CUI L’IMMOBILE È EQUIPARATO ALL’ABITAZIONE PRINCIPALE?
R.2
Si, in alcuni casi l’immobile è equiparato ad abitazione principale, e quindi non deve pagare l’IMU e la TASI. Alcuni casi sono previsti dalla legge, altri possono essere disposti dal comune (e quindi vanno verificati caso per caso):

Equiparazione ad abitazione principale prevista dal comune unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o usufrutto da anziani o disabili residenti in istituti di ricovero o sanitari, purché non locata
Equiparazione ad abitazione principale prevista dalla legge unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari, incluse (dal 2016) quelle destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in deroga al richiesto requisito della residenza anagrafica.

fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali ex DM 22.4.2008

casa coniugale assegnata all’ex coniuge a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio

-unico immobile, iscritto o iscrivibile in Catasto come unica unità immobiliare, non concesso in locazione, posseduto dal personale: in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare; dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile; del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco; appartenente alla carriera prefettizia; per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica;

-la sola unità immobiliare posseduta da cittadini italiani: non residenti in Italia; iscritti all’AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all’estero);  già pensionati nei rispettivi paesi di residenza; posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia a condizione che non risulti locata o data in comodato d’uso

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D.3 SONO PREVISTE SPECIFICHE ESENZIONI AI FINI IMU?
R.3
Si, oltre alle abitazioni principali non di lusso, sono inoltre esenti dall’IMU:
• gli immobili posseduti dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti e dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali;
• fabbricati classificati o classificabili nel gruppo catastale E (stazioni, ponti, fari ecc..);
• fabbricati destinati ad usi culturali ex art. 5-bis D.p.r. 601/73 (come musei, biblioteche, archivi …);
• fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto;
• fabbricati di proprietà della Santa Sede;
• fabbricati rurali strumentali (art. 9 comma 3-bis D.l. 557/93), necessari allo svolgimento delle attività di coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse;
• immobilimerce, ossia quelli destinati dall’impresa costruttrice alla vendita. L’esenzione opera fino a che permane tale destinazione e finché tali immobili non sono locati;
• immobili di enti non commerciali, solo se destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali delle attività: assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive; dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, alla catechesi e all’educazione cristiana (ex art. 16 comma 1 lett. a della L. 222/85);
• fabbricati colpiti dagli eventi sismici: del 2009 dell’Abruzzo (l’esenzione opera per i fabbricati distrutti o dichiarati inagibili, fino alla ricostruzione e agibilità); del 2012 dell’Emilia, Veneto e Lombardia (l’esenzione opera fino alla definitiva ricostruzione/agibilità e comunque non oltre il 31.12.2018 ); del 2016 del Centro Italia (l’esenzione opera a decorrere dalla rata scadente il 16.12.2016 e fino alla definitiva ricostruzione/agibilità, e comunque non oltre il 31.12.2020); nell’isola di Ischia del 2017 (l’esenzione opera a decorrere dalle rate in scadenza dopo il 21.08.2017, fino alla definitiva ricostruzione/agibilità e comunque fino al 2018), art. 2 comma 5-ter DL n° 148/2017.
Sono poi esenti IMU anche i terreni:
• a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale, a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, indipendentemente da ubicazione e possesso;
• ubicati nelle isole minori (art. 1 comma 1 lett. a-bis del D.l. 4/2015), di seguito riepilogate: ISOLE TREMITI – San Nicola, San Domino, Capraia, Pianosa; PANTELLERIA; ISOLE PELAGIE – Lampedusa, Lampione, Linosa; ISOLE EGADI – Favignana, Levanzo, Marettimo, Formica, Ustica; ISOLE EOLIE – Lipari, Vulcano, Alicudi, Filicudi, Stromboli, Panarea, Salina; ISOLE SUSCITANE – Sant’Antioco, San Pietro; ISOLE DEL NORD SARDEGNA – La Maddalena, Caprera, Santo Stefano, Spargi, Santa Maria, Budelli, Razzoli, Mortorio, Tavolara, Molara, Asinara; ISOLE PARTENOPEE – Capri, Ischia, Procida, Nisida, Vivara; ISOLE PONZIANE – Ponza, Palmarola, Zannone, Ventotene, Santo Stefano; ISOLE TOSCANE – Elba, Pianosa, Montecristo, Isola del Giglio, Giannutri, Formiche di Grosseto, Capraia, Gorgona, Secche della Meloria; ISOLE DEL MARE LIGURE – Palmaria, Tino, Tinetto; ISOLA DEL LAGO D’ISEO – Monte Isola.
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D.4 SONO PREVISTE DISPOSIZIONI SPECIFICHE PER I TERRENI AGRICOLI AI FINI IMU?
R.4
Per quanto riguarda i terreni agricoli, la Legge di Stabilità 2016 ha previsto l’esenzione per quelli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione.
Con una nota del Mef del 23.05.2016, è stato chiarito che godono dell’agevolazione anche i familiari coadiuvanti del coltivatore diretto, che risultano:
• proprietari o comproprietari dei terreni agricoli coltivati dall’impresa agricola di cui è titolare un altro componente del nucleo familiare;
• iscritti come coltivatori diretti nel nucleo familiare del capo-azienda, negli appositi elenchi previdenziali, come previsto dall’art. 11 della L. 9/1963.
Nel caso in cui il coadiuvante possieda anche altri terreni concessi in affitto o comodato ad altri soggetti, per tali terreni non si applica l’esenzione.
Godono dell’agevolazione, altresì, le società agricole in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP), il coltivatore diretto e Iap, persone fisiche, iscritti nella previdenza agricola, che abbiano costituito una società di persone alla quale hanno concesso in affitto o in comodato il terreno di cui mantengono il possesso, ma che, in qualità di soci, continuano a coltivare direttamente.
Sono esenti Imu anche i terreni agricoli situati in area di montagna o collina, secondo i criteri stabiliti con C.M. 9/1993. Per stabilire se un terreno ricade in un’area di montagna o collina bisogna pertanto fare riferimento alla Circolare 9/1993, che suddivide i terreni secondo questi parametri:
• quelli in cui, accanto al comune, non è riportata alcuna annotazione, sono esenti completamente;
• quelli in cui, accanto al comune, è riportata l’annotazione “parzialmente delimitato”, con la sigla “PD”, l’esenzione opera limitatamente ad una parte del territorio comunale.
Riguardo a questi ultimi, occorre verificare se il terreno posseduto cada o meno nell’area delimitata soggetta ad esenzione; il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha chiarito che occorre prendere in considerazione l’ubicazione dei terreni e verificare se questi rientrano o meno nelle porzioni di territorio delimitate secondo i principi contenuti nella circolare n°9/1993 del Ministero delle Finanze. La circolare 4/2016 DF chiarisce che tale procedura va rispettata anche qualora i comuni originari si siano fusi, anche se il nuovo comune ha una denominazione del tutto nuova.
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D.5 COME SI CALCOLA LA BASE IMPONIBILE IMU E TASI PER GLI IMMOBILI?
R.5
La base imponibile per l’IMU e la TASI si calcola assumendo come valore dell’immobile la rendita catastale risultante all’inizio del periodo, rivalutata del 5%, e moltiplicandolo con i seguenti moltiplicatori:

Categoria catastale Moltiplicatore
Gruppo A (escluso A/10) 160
Categorie C/2, C/6 e C/7 160
Gruppo B 140
Categorie C/3, C/4 e C/5 140
Categorie A/10 e D/5 80
Gruppo D (escluso D/5) 65
Categoria C/1 55

La base imponibile è ridotta al 50% per:
• gli immobili di interesse storico artistico;
• i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni.
Dal 2016 è stata introdotta la riduzione della base imponibile Imu del 50% per gli immobili concessi in comodato ai parenti in linea retta entro il primo grado. L’agevolazione si applica alle unità immobiliari, escluse quelle “di lusso” (A/1, A/8 e A/9), concesse in comodato a parenti in linea retta entro il primo grado (genitori-figli) che la utilizzano come abitazione principale a condizione che:
• il contratto sia registrato;
• il comodante: possieda un solo immobile in Italia, oltre all’abitazione principale non di lusso sita nel Comune in cui è ubicato l’immobile concesso in comodato; risieda anagraficamente e dimori abitualmente nello stesso Comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato.
La Legge di Stabilità 2016 ha previsto anche la riduzione del 25% dell’aliquota Imu deliberata dal Comune, nel caso di immobili locati a canone concordato, di cui alla L. 431/98. Pertanto, se ad esempio l’aliquota ordinaria fosse del 10,6‰, e quella deliberata per i contratti a canone concordata fosse dell’8‰, l’aliquota da applicare sarebbe del 6‰.
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D.6 COME SI CALCOLA LA BASE IMPONIBILE IMU E TASI PER I FABBRICATI IN COSTRUZIONE?
R.6
Per i fabbricati in corso di costruzione, ricostruzione/ristrutturazione, l’imposta si calcola sul valore dell’area edificabile, fino alla data di ultimazione dei lavori o, se precedente, fino alla data in cui il fabbricato inizia ad essere utilizzato.
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D.7 COME SI CALCOLA LA BASE IMPONIBILE IMU E TASI PER I TERRENI AGRICOLI?
R.7
Per quanto riguarda il calcolo della base imponibile per i terreni agricoli, occorre rivalutare il reddito dominicale del 25% e poi moltiplicarlo per 135.
Per quelli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, è prevista ora l’esenzione, indipendentemente dalla loro ubicazione. Con la Legge di Stabilità 2016, infatti:
• è stata abrogata la disposizione del comma 5 dell’art. 13 del D.l. 201/2011 che prevedeva il moltiplicatore di 75, anziché 135, per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti alla previdenza agricola;
• il comma 8-bis dell’art. 13 del D.l. 201/2011 che prevedeva riduzioni Imu diverse a seconda del valore della base imponibile, per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti alla previdenza agricola.
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D.8 CHI SONO I SOGGETTI PASSIVI TASI?
R.8
In generale, la TASI è dovuta da chiunque possieda o detenga, a qualsiasi titolo, le unità immobiliari imponibili, illustrate al paragrafo precedente.
In caso di pluralità di possessori o detentori, essi sono tenuti in solido all’adempimento dell’unica obbligazione tributaria. Ogni soggetto paga in base alla propria aliquota e alla propria condizione soggettiva.
Come per l’IMU, anche per la TASI, in caso di leasing, il soggetto passivo è il locatario (colui che riceve in locazione il bene).
Nel caso di immobili concessi in locazione/comodato, dal 2016 occorre distinguere a seconda che si tratti di:
• abitazione principale non di lusso, in tal caso il detentore non è soggetto alla TASI. Il soggetto passivo sarà il titolare del diritto reale, nella percentuale stabilita dal comune, o in assenza il 90%;
• altra abitazione, in questo caso l’inquilino/comodatario è titolare di un’autonoma obbligazione e verserà la TASI nella misura fissata dal Comune compresa fra il 10% e il 30% dell’imposta. Se il Comune non ha fissato la percentuale, l’inquilino applicherà il 10%. Il proprietario (o titolare di altro diritto reale) è tenuto a corrispondere la “restante parte” del tributo, dal 70 al 90%.
In caso di immobile concesso in locazione/comodato ci si trova di fronte a due distinte e autonome obbligazioni, questo comporta:
• l’assenza di solidarietà tra proprietario e occupante; questo significa che nel caso ad esempio di mancato pagamento da parte dell’inquilino, il proprietario non è responsabile del mancato pagamento. Ognuno infatti è titolare di un’autonoma obbligazione tributaria. Il Comune quindi non può pretendere l’adempimento da una parte piuttosto che dall’altra;
• l’impossibilità per i predetti soggetti di “accordarsi” su quanto corrispondere, poiché la misura del riparto tra di essi è fissata dal Regolamento comunale.
In caso di detenzione temporanea di durata non superiore a 6 mesi nel corso dell’anno, la TASI è dovuta esclusivamente dal possessore del locale a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione o superficie.
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CALCOLATORE IUC 2018 (IMU+TASI)

Si ricorda che, per facilitare la quantificazione dell’imposta, è disponibile il calcolatore IUC 2018 fornito gratuitamente dall’Associazione Nazionale Uffici Tributi Enti Locali. Il calcolatore, impostato con le aliquote dedicate per tipologia di immobile, consente il calcolo dell’imposta, l’elaborazione e la stampa del modello F24 pagabile presso qualsiasi banca o ufficio postale.

Lo Studio rimane comunque a disposizione per ogni chiarimento o informazione circa gli adempimenti tributari di prossima scadenza.

calcolatore iuc 2018
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Regime di cassa e contabilità semplificata: guida alla compilazione del quadro RG

Quadro RG 2018

Le imprese in contabilità semplificata, quest’anno, si trovano a dover fare i conti con le nuove regole di determinazione del reddito introdotte a decorrere dal 2017. Infatti, è stata abbandonata l’applicazione del criterio di competenza per passare a quello di cassa. A tale proposito, nel quadro RG del modello Redditi 2018, da un lato, sono stati eliminati i righi RG8 e RG9 relativi alle rimanenze finali e, dall’altro, è stato introdotto il rigo RG38 per il monitoraggio delle rimanenze stesse. Nella compilazione del quadro RG, inoltre, andranno indicati i ricavi derivanti dalle fatture emesse registrate per coloro che abbiano optato per il metodo delle registrazioni, oppure, in caso contrario, quelle registrate nel registro IVA al netto dei mancati incassi (righi RG2 – RG3). Stesso discorso vale per gli acquisti (rigo RG15).
Una delle principali novità del modello Redditi 2018 che interessa le imprese riguarda il debutto, nel quadro RG, delle nuove regole sulla determinazione del reddito secondo il principio di cassa.
Tale novità, introdotta dal 1° gennaio 2017, interessa le imprese minori, ovvero quelle in regime semplificato.
Il passaggio dal criterio di competenza (applicabile sino al 31 dicembre 2016) a quello di cassa ha prodotto alcune conseguenze, tra cui, forse quella più importante, ha interessato l’irrilevanza delle rimanenze ai fini della determinazione del reddito.
Inevitabilmente, questa “rivoluzione” ha avuto un impatto notevole sulla struttura (e sulle istruzioni di compilazione) del quadro RG del modello Redditi.
Cerchiamo di cogliere i più significativi aspetti di cui bisogna tener conto per compilare correttamente tale quadro, non prima di aver accennato al nuovo sistema di tassazione.

L’applicazione del principio di cassa
Dal 2017, con l’entrata in vigore delle norme sulla contabilità per cassa, sono cambiate anche le regole contabili per i contribuenti semplificati (intendendo per tali, le imprese con ricavi non superiori a 400.000 se hanno per oggetto prestazioni di servizi o 700.000 se si tratta di imprese aventi per oggetto altre attività).
In particolare, ai fini contabili, le imprese minori possono:
a) ferma restando l’istituzione dei registri IVA, ove obbligatori, istituire appositi registri degli incassi e dei pagamenti, in cui annotare in ordine cronologico, rispettivamente, i ricavi incassati e i costi effettivamente sostenuti;
b) utilizzare i registri IVA anche ai fini delle imposte sul reddito, annotando separatamente le operazioni non soggette a registrazione ai fini IVA ed effettuando, nel contempo, le annotazioni necessarie a dare rilevanza ai mancati incassi e pagamenti nell’anno di registrazione del documento contabile ai fini IVA (“metodo della contabilità IVA”);
c) utilizzare i registri IVA anche ai fini delle imposte sul reddito, esprimendo una specifica opzione che consente loro di non annotare su tali registri gli incassi e i pagamenti. In tal caso opera una presunzione assoluta, secondo cui il ricavo si intende incassato e il costo pagato alla data di registrazione del documento contabile ai fini IVA (“metodo delle registrazioni”).
Il reddito delle imprese minori è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei ricavi (art. 85 TUIR) e degli altri proventi (art. 89) percepiti nel periodo di imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività d’impresa.
Pertanto, i ricavi e gli altri proventi concorrono alla formazione del reddito d’impresa all’atto dell’effettiva percezione ovvero, in altre parole, secondo il criterio di cassa.
Si tratta, in sostanza, di spese diverse da quelle per le quali la norma (art. 66 TUIR) richiama l’ordinaria disciplina.
Il regime riservato alle imprese minori dal 2017 è un regime “improntato alla cassa”.
Permangono, però, alcune deroghe al regime di cassa “puro”: infatti, come si dirà meglio di seguito, la norma richiama alcune componenti positive e negative di reddito che continuano a soggiacere al criterio di competenza.
Inoltre, una delle principali conseguenze del passaggio dalla competenza alla cassa si ha relativamente alla gestione delle rimanenze finali.
La norma, a tale proposito, prevede che le rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente secondo il principio della competenza sono portate interamente in deduzione del reddito del primo periodo di applicazione del regime.
Tale disposizione trova applicazione, oltre che in sede di prima applicazione del regime, anche nel caso di passaggio dalla contabilità ordinaria a quella semplificata.

L’impatto delle nuove regole sul quadro RG
Tutto quanto detto sopra ha, inevitabilmente, prodotto alcune modifiche al quadro RG della dichiarazione dei redditi 2018.
Da premettere, comunque, che la compilazione del quadro dipende dalla scelta del metodo contabile utilizzato (“metodo della contabilità IVA” o “metodo delle registrazioni”).
Ne consegue che, nella compilazione del quadro, andranno indicati i ricavi derivanti dalle fatture emesse registrate per coloro che abbiano optato per il metodo delle registrazioni oppure, in caso contrario, quelle registrate nel registro IVA al netto dei mancati incassi (righi RG2 – RG3).
Stesso discorso vale per gli acquisti (rigo RG15).
Inoltre, nella compilazione del quadro, si dovrà fare attenzione:
1) all’esatta individuazione dei componenti di reddito ai quali resta applicabile il principio di competenza;
2) all’indicazione delle rimanenze tenendo conto delle mutate regole.

Elementi di reddito determinabili per competenza
Passando all’analisi del quadro RG, con esplicito riferimento alla dichiarazione dei redditi delle persone fisiche (ma le regole non variano anche per le società in contabilità semplificata), il primo rigo da tener in considerazione è il rigo RG6 – Plusvalenze patrimoniali.
Infatti, tali elementi positivi di reddito restano soggetti al principio di competenza.
Continuando a scorrere il quadro, l’attenzione va posta al rigo RG10 – Altri componenti positivi di reddito.
In questo caso, se si utilizzano i seguenti codici, occorrerà tener presente che si applica il principio di competenza:
– codice 2: redditi degli immobili relativi all’impresa che non costituiscono beni strumentali per l’esercizio della stessa, né beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa medesima;
– codice 11: plusvalenza determinata unitariamente in base al valore normale dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale, a seguito del trasferimento all’estero che comporti la perdita della residenza ai fini delle imposte sui redditi, che non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato (art. 166 TUIR);
– codice 13: quota dei contributi destinati all’acquisto di beni ammortizzabili, nell’ipotesi in cui il costo dei beni sia registrato al lordo dei contributi ricevuti.
Per quanto riguarda, invece, i componenti negativi di reddito, i righi da considerare sono i seguenti:
– RG16 – Spese per prestazioni di lavoro: in tal caso, però, il principio di competenza si applica solo per le spese relative a redditi di lavoro dipendente e assimilato;
– RG17 – Utili spettanti agli associati in partecipazione;
– RG18 – Quote di ammortamento.
Inoltre, con riferimento al rigo RG22 – Altri componenti negativi, i codici cui si applica il principio di competenza sono i seguenti:
– codice 5: minusvalenze patrimoniali, le sopravvenienze passive e le perdite di cui all’art. 101 TUIR;
– codice 7: quota imputabile al periodo d’imposta delle spese relative a più esercizi deducibili ai sensi dell’art. 108, comma 1, TUIR (ad esempio, costi d’impianto, spese di sviluppo e altri costi simili);
– codice 10: deduzione forfetaria delle spese non documentate riconosciuta per effetto dell’art. 66, comma 4, TUIR agli intermediari e rappresentanti di commercio e agli esercenti le attività indicate all’art. 1, comma 1, D.M. 13 ottobre 1979;
– codice 16: deduzione forfetaria delle spese non documentate a favore delle imprese autorizzate all’autotrasporto di cose per conto terzi per i trasporti personalmente effettuati dall’imprenditore all’interno del comune in cui ha sede l’impresa;
– codice 17: deduzione forfetaria delle spese non documentate prevista dall’art. 66, comma 5, TUIR a favore delle imprese autorizzate all’autotrasporto di cose per conto terzi per i trasporti personalmente effettuati dall’imprenditore oltre il comune in cui ha sede l’impresa;
– codice 19: ulteriore deduzione dal reddito a favore delle imprese autorizzate all’autotrasporto di merci per conto di terzi prevista in misura forfetaria annua di 154,94 euro, per ciascun motoveicolo e autoveicolo utilizzato nell’attività d’impresa, avente massa complessiva a pieno carico non superiore a 3.500 chilogrammi;
– codice 27: maggior valore delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria relativo agli investimenti in beni materiali strumentali nuovi, compresi i veicoli di cui all’art. 164, comma 1, lettera b), TUIR, effettuati dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016, il cui costo di acquisizione è stato maggiorato del 40% (super ammortamento);
– codice 28: maggior valore delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria relativo agli investimenti in beni materiali strumentali nuovi, che favoriscano processi di trasformazione tecnologica e digitale secondo il modello Industria 4.0, effettuati entro il 31 dicembre 2017, ovvero entro il 30 settembre 2018 a condizione che entro la data del 31 dicembre 2017 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione che è maggiorato del 150% (iper ammortamento).

Rimanenze
L’altro aspetto da considerare ai fini della compilazione del quadro RG riguarda le nuove regole sulle rimanenze.
Il quadro presente nella dichiarazione di quest’anno, oltre a non avere più i vecchi righi RG8 e RG9 in cui, sino allo scorso anno andavano indicate le rimanenze finali, presenta il nuovo rigo RG38 (collocato nella Sezione “Altri dati”).

RG38

In tale nuovo rigo vanno indicate:
– nella colonna 2, le rimanenze finali del periodo d’imposta 2017 relative a materie prime e sussidiarie, semilavorati, merci e prodotti finiti nonché ai prodotti in corso di lavorazione e ai servizi di durata non ultrannuale (articoli 92 e 92-bis TUIR);
– nella colonna 3, le rimanenze finali del periodo d’imposta 2017 relative ad opere, forniture e servizi di durata ultrannuale (art. 93 TUIR);
– nella colonna 4, le rimanenze finali del periodo d’imposta 2017 relative ai titoli di cui all’art. 85, comma 1, lettere c), d) ed e), TUIR (art. 94 TUIR).
Nel caso in cui non sussistano rimanenze finali, va barrata la casella di colonna 1.
In definitiva, il rigo RG38 serve ad effettuare il monitoraggio delle rimanenze pur non concorrendo più le stesse al reddito d’esercizio.

Allegati:
Modello Redditi PF – Fascicolo 3 – pdf
Istruzioni per la compilazione del fascicolo 3 – pdf

Regime Forfetario: analisi delle caratteristiche e dei vantaggi per professionisti ed imprese

regime forfetario

Il regime forfetario, introdotto dalla Finanziaria 2015 (art. 1 commi 54-89 L. 190/2014), ha sostituito i precedenti regimi agevolati: regime delle nuove iniziative (art. 13 L. 388/2000) e regime contabile agevolato (art. 27 comma 3 D.l. 98/2011), che sono stati abrogati già dal 2015, ed è diventato il regime naturale per le persone fisiche esercenti attività d’impresa/lavoro autonomo di nuova iniziativa e non, che rispettano determinati requisiti. Resta sempre la possibilità di optare, in alternativa, per il regime ordinario, con vincolo minimo triennale.
Il regime dei minimi (art. 27 commi 1 e 2 del D.l. 98/2011)- prima abrogato con la Legge di Stabilità 2015 ma poi prorogato per tutto il 2015 dal decreto Milleproroghe – è stato definitivamente soppresso con la Legge di Stabilità 2016. Il regime, tuttavia, resta in vigore fino alla scadenza naturale (termine del quinquennio o raggiungimento del 35° anno d’età) per coloro che:
• hanno iniziato l’attività entro il 31.12.2015;
• lo applicavano già da prima.
In questa sede, descriveremo, con una serie di pratiche domande e risposte, le caratteristiche ed i vantaggi del regime forfetario.

INDICE DELLE DOMANDE ED ALLEGATI

1. Chi può accedere al regime forfetario?
2. Per accedere al regime forfetario occorre presentare una comunicazione?
3. Vi sono dei casi di esclusione dall’applicazione del regime forfetario?
4. Quando è possibile uscire dal regime forfetario?
5. Esistono delle deroghe al vincolo triennale di opzione per il regime ordinario?
6. Quali sono le semplificazioni previste per coloro che aderiscono al regime forfetario?
7. Se il contribuente forfetario ha erroneamente subito la ritenuta, come può agire per recuperarla?
8. Quali sono gli adempimenti cui restano obbligati i soggetti forfetari?
9. Come si determina il reddito nel regime forfetario?
10. Come si determina l’imposta nel regime forfetario?
11. Cosa accade ai componenti positivi/negativi, riferiti ad esercizi precedenti a quello di applicazione del regime forfetario, e rinviati in osservanza delle disposizioni del TUIR?
12. Cosa accade alle perdite originatesi in periodi precedenti all’ingresso nel regime forfetario?
13. Quali sono i criteri da utilizzare in caso di passaggio da regime ordinario a regime forfetario, e viceversa?
14. Cos’è il regime start-up e come si accede?
15. Come devono compilare la dichiarazione dei redditi i contribuenti forfetari?

Allegati:
Tabella codici ateco, limiti compensi e coefficienti redditività
Tabella comparativa tra regime ordinario e regime forfetario per valutazione convenienza
Fac simile di fattura contribuente regime forfetario

DOMANDE E RISPOSTE (Q&A)

D.1. CHI PUÒ ACCEDERE AL REGIME FORFETARIO?
R.1.
Possono aderire al regime le persone fisiche che esercitano o che iniziano un’attività d’impresa o arte o professione, purché nell’anno solare precedente presentino i seguenti requisiti:
– Ricavi conseguiti o compensi percepiti non superiori a determinate soglie che variano a seconda del codice ATECO specifico dell’attività svolta (riportato nella tabella allegata).
Nel caso di esercizio contemporaneo di più attività, contraddistinte da diversi codici ATECO, occorre considerare il limite più elevato dei ricavi e compensi relativi a tali codici.
Ai fini del computo della soglia di ricavi:
• rileva il valore normale dei beni destinati al consumo personale o familiare dell’imprenditore;
• concorrono i ricavi relativi alle cessioni poste in essere con la Città del Vaticano e con San Marino;
• non rilevano i ricavi e i compensi derivanti dall’adeguamento agli studi di settore.
– Spese sostenute per l’acquisizione di lavoro per importi complessivamente non superiori a 5.000 Euro lordi a titolo di:
• lavoro accessorio (art. 70 D.lgs. 276/2003);
• lavoro dipendente e compensi erogati ai collaboratori (art. 50 comma 1 lett. c) e c-bis) D.p.r. 917/86 del TUIR), anche assunti per l’esecuzione di specifici progetti ai sensi dell’art. 61 del D.lg.s 276/2003;
• associazione in partecipazione con apporto costituito da solo lavoro (art. 53 comma 2 lett. c) del TUIR);
• lavoro prestato dall’imprenditore medesimo o dai familiari dell’imprenditore (art. 60, TUIR).
– Costo complessivo, al lordo degli ammortamenti, di beni mobili strumentali al 31.12 non superiore a 20.000 Euro.
Ai fini di tale limite non vanno considerati:
• i beni immobili;
• i beni di costo unitario non superiore a € 516,46;
• i beni immateriali quali avviamento e spese relative a più esercizi;
Rilevano, invece, nel calcolo del limite:
• per i beni in locazione finanziaria, il costo sostenuto dal concedente;
• per i beni in locazione, noleggio e comodato, il valore normale determinato (ai sensi dell’art. 9 del TUIR) alla data del contratto di locazione/noleggio o comodato;
• per i beni in proprietà, il prezzo di acquisto.
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D.2. PER ACCEDERE AL REGIME FORFETARIO OCCORRE PRESENTARE UNA COMUNICAZIONE?
R.2.
No, non serve alcuna comunicazione. Il regime forfetario è il regime naturale per le persone fisiche che esercitano un’attività d’impresa/lavoro autonomo e che possiedono determinati requisiti. Pertanto i soggetti già in attività vi accedono senza effettuare alcuna comunicazione, né preventiva né successiva.
I contribuenti che iniziano l’attività, invece, e che presumono di rispettare le condizioni previste per l’applicazione del regime, hanno l’obbligo di darne comunicazione nella dichiarazione di inizio attività (mod. AA9/12), ai fini solo anagrafici. In caso contrario l’accesso al regime forfetario non è precluso, tuttavia si è soggetti ad una sanzione amministrativa da 250 a 2mila Euro (art. 11 comma 1 lett. a) del D.lgs. 471/97).
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D.3. VI SONO DEI CASI DI ESCLUSIONE DALL’APPLICAZIONE DEL REGIME FORFETARIO?
R.3.
Sì, esistono dei casi specifici in cui non è possibile accedere al regime forfetario. Il regime non può essere adottato dai soggetti:
– che si avvalgono di regimi speciali ai fini IVA o di regimi forfetari ai fini della determinazione del reddito:
Nella Circolare 10/E/2016 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:
• l’esercizio di un’attività soggetta ad un regime speciale Iva, preclude l’accesso al regime per tutte le altre attività eventualmente svolte, anche se non soggette ad un regime speciale;
• i produttori agricoli (che rispettano i requisiti indicati all’art. 32 del TUIR), titolari di reddito fondiario, possono applicare il regime forfetario per le altre attività che intendono svolgere (a tal fine la circolare 10/E/2016 richiama anche la precedente circolare 7/E/2008);
• il regime del Patent box (art. 1 commi 37-75 L. 190/2014) per i redditi derivanti dall’utilizzo di opere dell’ingegno, brevetti industriali, marchi, disegni e modelli, processi, formule ecc … è incompatibile con il regime forfetario.
– non residenti. Il regime è comunque applicabile dai soggetti residenti in uno Stato UE/aderente allo SEE che assicuri un adeguato scambio di informazioni, qualora producano in Italia almeno il 75% del reddito;
– che, in via esclusiva o prevalente, effettuano cessioni di fabbricati/porzioni di fabbricato, di terreni edificabili ex art. 10, comma 1, n. 8, DPR n. 633/72 ovvero di mezzi di trasporto nuovi nei confronti di soggetti UE (art. 53 comma 1 D.l. 331/93);
– che, contemporaneamente all’esercizio dell’attività, partecipano a società di persone/associazioni professionali/srl trasparenti. Nella Circolare 10/E/2016 l’Agenzia delle Entrate afferma che la causa di esclusione non opera:
• se la partecipazione viene ceduta nel corso del periodo d’imposta nel quale si intende applicare il regime forfetario;
• quando, in corso di applicazione del regime forfetario, il contribuente erediti una partecipazione societaria che viene ceduta entro la fine dell’esercizio;
– che abbiano conseguito, nell’anno antecedente a quello in cui intendono avvalersi del regime agevolato, redditi di lavoro dipendente o assimilato, eccedenti 30.000 Euro. Nella Circolare 10/E/2016 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il rispetto di tale limite:
• non rileva se il rapporto di lavoro dipendete o assimilato risulti cessato nell’anno precedente;
• rileva nel caso in cui, nello stesso anno, il contribuente abbia cessato il rapporto di lavoro dipendente e ne abbia intrapreso uno nuovo, ancora in essere al 31 dicembre.
Quest’ultima condizione è stata introdotta dalla Legge di Stabilità 2016, pertanto preclude l’applicazione del regime forfetario a decorrere dal 2016. In base alla normativa previgente, invece, il reddito d’impresa/lavoro autonomo, che si intende(va) assoggettare al regime agevolato, doveva risultare prevalente rispetto a quello eventualmente svolto come lavoro dipendente/assimilato (ex artt. 49 e 50, TUIR). Tale requisito ha costituito condizione di accesso (e non di esclusione) al regime forfetario per coloro che lo hanno applicato nel 2015.
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D.4. QUANDO È POSSIBILE USCIRE DAL REGIME FORFETARIO?
R.4.
Dal regime forfetario è possibile uscire:
• sempre per opzione al regime ordinario, ma con vincolo triennale. L’opzione avviene tramite comportamento concludente, ed è valida per almeno un triennio; dopodiché si rinnova tacitamente per ciascun anno successivo, finché permane la concreta applicazione del regime ordinario.
Benché l’opzione avvenga tramite comportamento concludente, è necessario comunicarla all’Agenzia delle Entrate tramite il quadro VO della dichiarazione IVA, da presentare successivamente alla scelta operata;
• per legge, quando viene a mancare uno dei requisiti o quando si verifica una causa di esclusione. In questi casi il regime cessa di essere applicato dall’anno successivo a quello in cui viene meno uno dei requisiti di accesso, o si verifica una causa di esclusione.
• quando l’accertamento diventa definitivo e attesto il venir meno di una delle condizioni di accesso o l’esistenza di una delle cause di esclusione. In questo caso il regime cessa dall’anno successivo a quello accertato.
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D.5. ESISTONO DELLE DEROGHE AL VINCOLO TRIENNALE DI OPZIONE PER IL REGIME ORDINARIO?
R.5
Sì. In deroga al vincolo triennale dell’opzione per il regime ordinario, l’Agenzia delle Entrate ha consentito a coloro che nel 2015 hanno optato per il regime ordinario, di revocare tale scelta e di adottare dal 2016 il regime forfetario. Nella Circolare 10/E/2016 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito inoltre che, se sussistono i relativi requisiti, gli stessi contribuenti potrevano anche adottare il regime forfetario “start up” (di cui al comma 65, Finanziaria 2016), con imposta sostitutiva pari al 5%, per gli anni mancanti al quinquennio.
Tali possibilità erano previste espressamente anche per:
• i soggetti che nel 2014 avevano applicato il regime ordinario, pur essendo in possesso dei requisiti per adottare il regime dei minimi;
• i soggetti che nel 2015 avevano scelto di applicare il regime dei minimi (art. 27 commi 1 e 2 del D.l. 98/2011).
Anch’essi, dunque, hanno potuto revocare l’opzione effettuata e adottare dal 2016 il regime forfetario, con l’ulteriore possibilità di applicare il regime forfetario “start up” fino al 2018, ossia fino alla fine del quinquennio agevolato.
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D.6. QUALI SONO LE SEMPLIFICAZIONI PREVISTE PER COLORO CHE ADERISCONO AL REGIME FORFETARIO?
R.6.
I soggetti che adottano il regime forfetario beneficiano di una serie di semplificazione Iva.
In generale esonerati dal versamento dell’Iva, e di contro non hanno diritto alla relativa detrazione. Le fatture emesse, pertanto, non devono recare l’addebito di Iva, e dovranno riportare nella fattura la seguente dicitura “Operazione senza applicazione dell’Iva ai sensi dell’art. 1 comma 58 L. 190/2014”.
Nelle fatture di importo superiore a € 77,47 è necessario apporre la marca da bollo da € 2,00. Sono “esenti” da bollo le fatture relative agli acquisti UE e agli acquisti da assoggettare al reverse charge, per i quali il contribuente forfetario è debitore dell’imposta.
Inoltre, come confermato nella Circolare 10/E/2016, sono esonerati dall’obbligo:
• della registrazione delle fatture emesse/corrispettivi;
• della registrazione degli acquisti;
• della tenuta e conservazione dei registri e dei documenti, ad eccezione per le fatture di acquisto e le bollette doganali;
• della liquidazione periodica Iva e della relativa comunicazione in vigore dal 2017;
• della dichiarazione annuale IVA;
• della comunicazione delle operazioni rilevanti Iva (c.d. spesometro).
Per quanto riguarda le imposte sui redditi:
• sono esonerati dagli obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili (salvo l’obbligo di tenere e conservare i registri previsti da disposizioni diverse da quelle tributarie);
• sono esclusi dall’applicazione degli studi di settore e dei parametri;
• non devono operare – in qualità di sostituti d’imposta- le ritenute alla fonte, anche se sussiste comunque l’obbligo di indicare in dichiarazione dei redditi il codice fiscale del percettore delle somme che non sono state assoggettate a ritenuta
• non sono soggetti a ritenuta alla fonte sui ricavi/compensi conseguiti, e a tal fine rilasciano apposita dichiarazione che può essere inserita anche nella fattura.
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D.7. SE IL CONTRIBUENTE FORFETARIO HA ERRONEAMENTE SUBITO LA RITENUTA, COME PUÒ AGIRE PER RECUPERARLA?
R.7
Nella Circolare n. 10/E/2016, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che se il contribuente forfetario ha subito erroneamente la ritenuta, può recuperarla:
• presentando un’istanza di rimborso ex art. 38, DPR n. 602/73;
• scomputandola nel mod. REDDITI;
a condizione che la stessa sia certificata dal sostituto d’imposta.
In tale ultimo caso l’ammontare delle ritenute subite nel 2016 va indicato a rigo RS40 “Ritenute regime di vantaggio casi particolari” del mod. Redditi PF 2018 e riportato a rigo RN33, campo 4 e/o rigo LM41 “Ritenute consorzio”.
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D.8. QUALI SONO GLI ADEMPIMENTI CUI RESTANO OBBLIGATI I SOGGETTI FORFETARI?
R.8.
Restano obbligati a:
• numerare e conservare le fatture d’acquisto e le bollette doganali;
• certificare e conservare corrispettivi;
• integrare la fattura ricevuta con aliquota e Iva, per le operazioni di cui risultino debitori d’imposta (reverse charge) e versare la relativa imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione;
• conservare i documenti ricevuti ed emessi, e a presentare la dichiarazione dei redditi nei tempi e con le modalità previste dal DPR 322/98.
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D.9. COME SI DETERMINA IL REDDITO NEL REGIME FORFETARIO?
R.9.
Ai fini delle imposte dirette, il reddito imponibile si ottiene applicando ai ricavi/compensi un coefficiente di redditività differenziato a seconda del codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata (si veda a tal fine la tabella allegata). In caso di esercizio di più attività contraddistinte da diversi codici ATECO 2007, il reddito va determinato applicando ai ricavi/compensi imputabili a ciascuna attività il relativo coefficiente di redditività. Una volta determinato il reddito imponibile, si scomputano da esso i contributi previdenziali versati in base alla legge. L’eventuale eccedenza che non ha trovato capienza nel reddito dell’attività assoggettata al regime forfetario può essere portata in diminuzione dal reddito complessivo come onere deducibile (ex art. 10 del TUIR).
L’Agenzia delle Entrate, nella circolare 10/E/2016, ha chiarito che il reddito assoggettato ad imposta sostitutiva:
• va considerato ai fini del superamento del limite reddituale (reddito complessivo superiore a € 2.840,51), per essere considerato fiscalmente a carico;
• non deve essere considerato ai fini del riconoscimento delle detrazioni ex art. 13, TUIR, ossia per le detrazioni riconosciute a fronte di specifiche tipologie di reddito (lavoro dipendente, lavoro autonomo, impresa).
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D.10. COME SI DETERMINA L’IMPOSTA NEL REGIME FORFETARIO?
R.10.
Sul reddito determinato forfetariamente si applica l’imposta sostitutiva pari al 15%, sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali, nonché dell’IRAP. Il contribuente potrà scomputare le detrazioni d’imposta spettanti, dall’eventuale imposta lorda emergente dal quadro RN, nel caso in cui percepisca altre tipologie di reddito. Nella Circolare n. 10/E/2016 l’Agenzia delle Entrate chiarisce che i contribuenti forfetari possono beneficiare del credito d’imposta relativo agli acquisti di beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive delle regioni del Mezzogiorno, introdotto dalla Finanziaria 2016 (art. 1 commi 98-99 L. 208/2015).
L’imposta sostitutiva deve essere versata tramite mod. F24 (anche mediante compensazione) nei termini previsti per il versamento dell’acconto/saldo IRPEF utilizzando i seguenti codici tributo (Risoluzione 59/E/2015):
• “1790” per la prima rata di acconto;
• “1791” per la seconda o unica rata di acconto;
• “1792” per il saldo.
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D.11. COSA ACCADE AI COMPONENTI POSITIVI/NEGATIVI, RIFERITI AD ESERCIZI PRECEDENTI A QUELLO DI APPLICAZIONE DEL REGIME FORFETARIO, E RINVIATI IN OSSERVANZA DELLE DISPOSIZIONI DEL TUIR?
R.11.
I componenti positivi/negativi, riferiti ad esercizi precedenti e rinviati in osservanza delle disposizioni del TUIR, concorrono a formare il reddito, per le quote residue, nel periodo immediatamente precedente all’adozione del regime forfetario.
Si tratta, ad esempio, delle:
• plusvalenze e sopravvenienze attive per le quali è stata scelta la rateizzazione in quote costanti nell’esercizio in cui sono realizzate e nei 4 successivi, ex art. 86, comma 4, TUIR;
• spese relative a più esercizi per le quali è stata scelta la deduzione rateizzata nell’esercizio in cui sono sostenute e nei 4 successivi, ex art. 108, TUIR;
• spese di manutenzione e riparazioni eccedenti il 5% del costo dei beni ammortizzabili , utilizzabili nell’esercizio in cui sono state sostenute e nei 5 esercizi successivi, ex art. 102, comma 6, TUIR.
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D.12. COSA ACCADE ALLE PERDITE ORIGINATESI IN PERIODI PRECEDENTI ALL’INGRESSO NEL REGIME FORFETARIO?
R.12.
Le perdite fiscali che si sono generate nei periodi di imposta precedenti a quello in cui decorre il regime forfetario, possono essere portate in diminuzione del reddito prodotto durante il regime forfetario, secondo le regole ordinarie stabilite dal TUIR. Quindi:
• per coloro che provengono dal regime contabile ordinario, sarà possibile riportare le perdite nel regime forfetario. Si ricorda infatti che nel regime ordinario è possibile riportare in avanti le perdite (non oltre il 5° anno successivo e per l’intero importo che trova capienza in ciascun esercizio; nessun limite temporale invece per le perdite realizzate nei primi tre periodi d’imposta), e scomputarle con i redditi della stessa natura;
• per coloro, invece, che provengono dal regime contabile semplificato non sarà possibile utilizzare le perdite precedenti. Si ricorda, infatti, che i contribuenti in contabilità semplificata compensano le perdite nell’esercizio, eventualmente anche con altre categorie reddituali, ma non possono essere portate in avanti;
• per coloro che provengono dal regime dei minimi (ex art. 1, commi da 96 a 117 Finanziaria 2008) e dal regime di vantaggio (ex art. 27, commi 1 e 2, DL n. 98/2011), le perdite sono riportabili entro il 5° esercizio successivo per l’intero importo che trova capienza nei redditi conseguiti, qualunque sia il tipo di attività esercitata (impresa/lavoro autonomo), ferma restando l’applicazione dell’art. 8, comma 3, TUIR.
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D.13. QUALI SONO I CRITERI DA UTILIZZARE IN CASO DI PASSAGGIO DA REGIME ORDINARIO A REGIME FORFETARIO, E VICEVERSA
R.13.
Per evitare salti o duplicazioni d’imposta, in caso di passaggio:
• dal regime forfetario al regime ordinario, va applicata la regola di imputazione per cassa, pertanto i ricavi/compensi, che non hanno concorso a formare il reddito nel regime forfetario, a causa della mancata riscossione degli stessi, concorreranno a determinare il reddito nel regime ordinario, nel medesimo anno in cui si realizza la manifestazione finanziaria (senza tener conto della competenza);
• dal regime ordinario al regime forfetario, va applicata la regola di imputazione per competenza, pertanto se il ricavo ha già concorso, per competenza, a determinare il reddito nel periodo di applicazione del regime ordinario, la sua manifestazione finanziaria durante il regime forfetario non avrò rilevanza alcuna.
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D.14. COS’È IL REGIME START-UP E COME SI ACCEDE?
R.14.
Il regime delle start-up è stato istituito per favorire l’avvio di nuove iniziative produttive. Inizialmente il legislatore aveva previsto la riduzione del reddito di 1/3 nei primi 3 anni al sussistere di determinate condizioni.
L’Agenzia delle Entrate, nella Circolare 10/E/2016, ha precisato che tale riduzione si applica solo per il 2015. Infatti, dal 2016, la Finanziaria 2016 ha modificato tale agevolazione, prevedendo al posto della riduzione di 1/3 del reddito, l’applicazione, per i primi 5 anni, dell’imposta sostitutiva nella misura del 5%. Inoltre, con una norma di carattere transitorio, la Finanziaria 2016 ha previsto che possono avvantaggiarsi dell’aliquota ridotta, non solo coloro che hanno aperto una nuova attività nel 2016, ma anche coloro che l’hanno iniziata nel 2015. In quest’ultimo caso l’agevolazione sarà limitata alle ultime quattro annualità (dal 2016 al 2019).
Nella Circolare 10/E/2016, l’Agenzia delle Entrate richiama alcuni chiarimenti offerti in precedenti documenti di prassi, relativi alle condizioni per l’accesso al regime con aliquota ridotta (c.d. start-up). Tali condizioni, infatti, ricalcano quelle previste all’art. 27 del D.l. 98/2011, per l’accesso al regime di vantaggio, e descritti nella circolare 17/E/2012. Ecco in sintesi le condizioni previste e i chiarimenti espressi:
• il contribuente non ha esercitato, nei 3 anni precedenti, attività artistica, professionale o d’impresa, anche in forma associata o familiare: per il calcolo dei 3 anni va fatto riferimento al calendario comune, non al periodo d’imposta né all’anno solare.
La preclusione non opera, e quindi il regime forfetario può comunque essere applicato, qualora i redditi percepiti nel triennio siano dovuti a un contratto di associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro o partecipazione ad una società inattiva;
• l’attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente/ autonomo (escluso il caso in cui la stessa costituisca un periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio dell’arte/professione). C’è “mera prosecuzione” quando la “nuova” attività si differenzia soltanto dal punto di vista formale ma, di fatto, viene svolta in sostanziale continuità rispetto alla precedente.
Per valutare se la nuova attività sia o meno mera prosecuzione, è necessario capire se si rivolge alla stessa clientela e se necessita delle stesse competenze lavorative.
C’è continuità, quindi, quando il contribuente svolge la medesima attività – esercitata prima come lavoratore dipendente- rivolgendosi allo stesso mercato di riferimento.
La mera prosecuzione sussiste anche quando la cessazione del rapporto di lavoro avvenga per cause indipendenti dalla volontà del dipendente.
La continuità non sussiste, invece, qualora la nuova attività o il mercato di riferimento siano diversi, o qualora la precedente attività abbia il carattere di marginalità economica (se il lavoro dipendente o assimilato sia svolto per un periodo non superiore alla metà del predetto triennio).
• qualora l’attività sia il proseguimento di un’attività esercitata da un altro soggetto, l’ammontare dei ricavi/compensi del periodo d’imposta precedente non deve essere superiore ai limiti di ricavi / compensi previsti per il regime forfetario. Se il trasferimento dell’impresa avviene in corso d’anno, i ricavi riferiti al cedente devono essere considerati cumulativamente a quelli dell’acquirente, ai fini della verifica del superamento del limite.
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D.15. COME DEVONO COMPILARE LA DICHIARAZIONE DEI REDDITI I CONTRIBUENTI FORFETARI?
R.15.
Nella dichiarazione dei Redditi i contribuenti forfetari devono compilare la sezione II del quadro LM per determinare l’imposta dovuta e l’apposita sezione del quadro RS per fornire ulteriori informazioni richieste dall’Amministrazione Finanziaria. Di seguito un riepilogo:

LM 21
(requisiti)
Il contribuente attesta il possesso dei requisiti barrando la casella al rigo LM21 colonna 1, e attesta di non trovarsi, al momento dell’ingresso al regime forfetario, in alcuna delle fattispecie di incompatibilità, barrando la colonna 2. Alla colonna 3, invece, attesta che l’attività è iniziata nel 2017 (nel caso del Mod. Redditi 2018) o da un periodo non superiore a 5 anni, godendo così dell’ulteriore riduzione di tassazione
LM 22-30
(componenti positive)
Nel rigo LM 22 deve essere indicato:
– nella colonna 1 il codice dell’attività svolta desunto dalla tabella di classificazione delle attività economiche, ATECO 2007;
– nella colonna 2 il coefficiente di redditività dell’attività indicata;
– nella colonna 3 il recupero della maggiore agevolazione qualora prima di entrare nel regime forfettario si sia usufruito della c.d. Tremonti- Ter;
– nella colonna 4 l’ammontare dei ricavi e compensi percepiti, eventualmente sommato alla maggiore agevolazione indicata nella colonna 3;
– nella colonna 5 viene riportato il reddito relativo all’attività, determinato applicando all’importo dei compensi percepiti (e indicati al rigo LM 22 col. 4), i coefficienti di redditività (di cui al rigo LM 22 col. 2), in base all’attività svolta.
LM 34
(reddito lordo)
Va indicato il reddito lordo, dato dalla somma degli importi dei redditi relativi alle singole attività, indicati nella colonna 5 dei righi da LM22 a LM30. L’importo è indicato anche nella colonna 1, se il reddito è afferente la gestione artigiani e commercianti, oppure nella colonna 2 se riguarda la gestione separata Inps.
LM 35
(contributi previdenziali dedotti)
A colonna 1 va riportato l’ammontare dei contributi previdenziali e assistenziali versati nel periodo d’imposta. A colonna 2 deve essere indicato l’importo dei predetti contributi che trova capienza nel reddito indicato nel rigo LM34, colonna 3. L’eventuale eccedenza deve essere indicata nel rigo LM49 ed è deducibile dal reddito complessivo ai sensi dell’art. 10 del TUIR.
LM 36
(reddito netto)
Si indica la differenza tra l’importo del rigo LM34, col. 3, e quello dell’importo del rigo LM 35, col. 2
LM 37
(perdite pregresse)
Le eventuali perdite prodotte nei periodi d’imposta precedenti all’ingresso nel regime possono essere computate in diminuzione dal reddito prodotto nel regime, secondo le ordinarie regole del TUIR. Esse sono indicate a colonna 3 fino a concorrenza dell’importo del reddito netto. Nelle colonne 1 e 2 va esposto l’ammontare delle perdite pregresse, facenti parte dell’importo indicato nella colonna 3, relative ai redditi afferenti le singole gestioni previdenziali, considerati nelle colonne 1 e 2 del rigo LM34.
LM 38
(reddito al netto delle perdite)
Si indica la differenza tra l’importo indicato nel rigo LM36 e l’importo di rigo LM37, colonna 3. Tale reddito è soggetto all’imposta sostitutiva.
LM 39
(imposta sostitutiva)
Va indicata l’imposta sostitutiva pari al 15% (ovvero pari al 5 per cento, nel caso sia stata barrata la casella di rigo LM21, colonna 3) dell’importo di rigo LM38, se positivo.
RS 371-372
(obblighi informativi)
Il contribuente indica a colonna 1 il codice fiscale del percettore dei redditi per i quali non è stata operata la ritenuta e, in colonna 2, l’ammontare dei redditi stessi.

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Bitcoin nel quadro RW. Le criptovalute entrano nelle dichiarazioni

bitcoin tax

Interpello sulla tassazione delle criptovalute per la Direzione Generale della Lombardia dell’Agenzia delle Entrate (Interpello 956-39/2018, presentato a gennaio 2018) che fornisce alcuni chiarimenti su questo complesso tema.
Per prima cosa le Entrate hanno ricordato come l’articolo 1, comma 2, lettera qq), del D. Lgs 231/2007 definisce “valuta virtuale” “la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi è trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”. In altri termini il legislatore riconosce normativamente:
– l’utilizzo delle valute virtuali come strumento di pagamento alternativo a quelli tradizionalmente utilizzati nello scambio di beni e servizi;
– definisce tale “strumento di pagamento” quale “rappresentazione digitale di valore”, “trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.
Con la risoluzione 2 settembre 2016, n. 72/E è stato precisato che il bitcoin è una tipologia di moneta “virtuale” utilizzata come “moneta” alternativa a quella tradizionale, la cui circolazione si fonda su un principio di accettazione volontaria da parte degli operatori privati. In generale, le valute virtuali hanno due fondamentali caratteristiche:
1. non hanno natura fisica, bensì digitale, essendo create, memorizzate e utilizzate attraverso dispositivi elettronici e vengono conservate in “portafogli elettronici”. Inoltre sono liberamente accessibili e trasferibili dal titolare, in possesso delle necessarie credenziali, in qualsiasi momento senza bisogno dell’intervento di terzi.
2. sono emesse e funzionano grazie a dei codici crittografici ed a complessi calcoli algoritmici. Lo scambio dei predetti codici criptati tra gli utenti (user), operatori sia economici che privati, avviene per mezzo di un’applicazione software. Per utilizzare i bitcoin, gli utenti devono entrarne in possesso: estraendoli; acquistandoli da altri soggetti in cambio di valuta legale; o accettandoli come corrispettivo per la vendita di beni o servizi.
In base a quanto affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella sentenza 22 ottobre 2015, causa C-264/14, l’attività di intermediazione di valute tradizionali con bitcoin, svolta in modo professionale ed abituale, costituisce un’attività rilevante oltre agli effetti dell’Iva anche dell’Ires e dell’Irap, soggetta agli obblighi di adeguata verifica della clientela, di registrazione e di segnalazione previsti dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.
Alla luce di quanto precede si ritiene che, ai fini delle imposte sul reddito, delle persone fisiche che detengono bitcoin (o altre valute virtuali) al di fuori dell’attività d’impresa, alle operazioni di conversione di valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali. Pertanto:
– le cessioni a pronti di valuta virtuale non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa salvo generare un reddito diverso qualora la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), TUIR. Il valore in euro della giacenza media in valuta virtuale va calcolato secondo il cambio di riferimento all’inizio del periodo di imposta, e cioè al 1° gennaio dell’anno in cui si verifica il presupposto di tassazione. Si fa presente che ai fini della determinazione di un’eventuale plusvalenza derivante dal prelievo dal wallet, che abbia superato la predetta giacenza media, si deve utilizzare il costo di acquisto e che agli effetti della determinazione delle plusvalenze/minusvalenze si considerano cedute per prime le valute acquisite in data più recente. Inoltre, in caso di bitcoin ricevuti “a titolo gratuito”, il costo iniziale da considerare è quello sostenuto dal donante, ai sensi del comma 6 dell’articolo 68 del TUIR.
– i redditi derivanti dalle operazioni realizzate sul mercato FOREX e da Contract for Difference (CFD) aventi ad oggetto valute virtuali costituiscono redditi diversi ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-quater), del TUIR. Tali redditi, se percepiti da parte di un soggetto persona fisica al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, sono soggetti ad imposta sostitutiva a norma dell’articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461. I redditi diversi di natura finanziaria in questione devono essere indicati nel quadro RT della Modello Redditi – Persone Fisiche e sono soggetti ad imposta sostitutiva con aliquota del 26%.
Per quanto riguarda gli obblighi di monitoraggio fiscale, sono stati estesi gli obblighi ordinariamente previsti per gli intermediari bancari e finanziari, altresì ai soggetti (c.d. “operatori non finanziari”) che intervengono, anche attraverso movimentazione di “conti”, nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento effettuate anche in valuta virtuale, di importo pari o superiore a 15.000 euro.
Inoltre, è previsto l’obbligo di compilazione del quadro RW della Modello Redditi – Persone Fisiche, da parte delle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, tra le quali le valute estere.
Da ultimo, si precisa che le valute virtuali non sono soggette all’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato (c.d. IVAFE,) in quanto tale imposta si applica ai depositi e conti correnti esclusivamente di natura “bancaria” .
L’interpello è allegato al seguente link.

La Net Financial Position (NFP): principale indicatore di performace aziendale

performance aziendali

Uno dei principali indicatori utilizzati per valutare la solvibilità e le performance dell’impresa è la Net Financial Position (NFP) o Posizione Finanziaria Netta (PFN), strumento di sicura utilità per la corretta redazione della Relazione sulla gestione (ricordiamolo, uno dei principali documenti allegati al bilancio d’esercizio). Difatti l’art. 2428 del Codice Civile al secondo comma stabilisce che: “L’analisi di cui al primo comma è coerente con l’entità e la complessità degli affari della società e contiene, nella misura necessaria alla comprensione della situazione della società e dell’andamento e del risultato della sua gestione, gli indicatori di risultato finanziari e, se del caso, quelli non finanziari….“.

Cosa determina l’indicatore della Posizione Finanziaria Netta
La PFN sostanzialmente permette di determinare:
1) il livello complessivo dell’indebitamento dell’impresa, sia a breve che a medio/lungo termine;
2) la capacità di restituzione del debito quando viene rapportato al fatturato o all’EBITDA;
3) la solidità della struttura patrimoniale quando viene rapportato al Patrimonio netto.
Vediamo singolarmente il calcolo di tali indicatori.

Calcolo del livello complessivo di indebitamento
Innanzitutto occorre procedere ad una riclassificazione dello Stato patrimoniale e distinguere, all’interno dell’attivo e del passivo, le voci prettamente di natura finanziaria. Per passività finanziarie si intendono i debiti verso le banche, verso i soci, e tutti quei debiti che hanno natura di finanziamento. Invece per attività finanziarie si intendono i crediti di natura finanziaria, come ad esempio crediti verso società controllate/collegate. Ovviamente è importante distinguere tali voci per scadenza a breve (entro l’esercizio) e a medio lungo (oltre l’esercizio). La formula di calcolo è la seguente:

Disponibilità liquide + Crediti finanziari a breve – Debiti finanziari a breve = PFN di breve termine + Crediti finanziari a medio/lungo – Debiti finanziari a medio/lungo = POSIZIONE FINANZIARIA NETTA

Il segno algebrico finale della PFN esprime un giudizio sul livello complessivo dell’indebitamento nei termini seguenti:
– se il segno è positivo indica una eccedenza delle disponibilità liquide e delle disponibilità finanziare rispetto all’indebitamento;
– se negativo indica una insufficienza delle disponibilità liquide e delle disponibilità finanziarie a coprire l’indebitamento finanziario, ovvero l’esposizione netta dell’impresa nei confronti dei finanziatori.

Capacità di restituzione del debito
La capacità dell’impresa di restituire il debito dipende anche dalla sua capacità di generare flussi positivi di cassa sufficienti a rimborsare i suoi finanziatori. Tali flussi positivi derivano dalle vendite e in via più ristretta dalla gestione caratteristica. Facendo così riferimento al Fatturato e all’EBITDA (ovvero Margine Operativo Lordo) possiamo ottenere:

PFN/Fatturato Esprime la capacità dell’azienda di coprire il debito mediante i flussi finanziari derivanti dalle vendite
PFN/EBITDA Esprime la capacità dell’azienda di coprire il debito mediante i flussi finanziari derivanti dalla gestione caratteristica.

Per entrambi gli indicatori, quanto minore è il rapporto, tanto più velocemente l’’impresa rientra dall’esposizione finanziaria.

Solidità della struttura patrimoniale
Per conoscere il grado di dipendenza dal capitale di terzi, è possibile utilizzare la PFN rapportandola al Patrimonio netto:

PFN/Patrimonio netto Esprime l’eccedenza dell’indebitamento netto rispetto ai mezzi propri.

Al crescere dell’indicatore peggiora la solidità aziendale.

Caso Pratico di calcolo della Posizione Finanziaria Netta

Una piccola azienda di produzione, dopo aver proceduto alla riclassificazione dello Stato patrimoniale, effettua il calcolo della Posizione Finanziaria Netta sia di breve termine che quella complessiva. Inoltre si è provveduto ad effettuare una comparazione con i due esercizi precedenti per valutarne il trend. I dati sono i seguenti:

Anno n Anno n-1 Anno n-2
Disponibilità liquide € 92.000 € 70.000 € 55.000
Crediti finanziari a breve € 10.000 € 12.000 € 15.000
Debiti finanziari a breve €80.000 € 65.000 € 83.000
PFN di breve termine €22.000 €17.000 -€13.000
Crediti finanziari a medio/lungo € 35.000 € 30.000 € 25.000
Debiti finanziari a medio/lungo €50.000 €120.000 € 90.000
POSIZIONE FINANZIARIA NETTA €7.000 -€73.000 -€78.000

Pur avendo la PFN segno negativo nei primi due esercizi ma positivo nell’ultimo, in senso dinamico si può affermare che essa è in miglioramento.
Passando al calcolo degli altri due indicatori partendo dalla PFN, si ottiene:

Anno n Anno n-1 Anno n-2
PFN/EBITDA 0,01 -0,18 -0,22
PFN/PN 0,14 -1,62 -1,95

Relativamente al primo indicatore, esso è in diminuzione e quindi esprime una discreta capacità dell’azienda di rientrare dall’esposizione finanziaria. Circa il secondo indicatore essendo in diminuzione, si può affermare che la solidità aziendale è in miglioramento.

Bilancio d’esercizio 2017, termini ed iter di approvazione

assemblea soci bilancio

L’articolo 2364 del codice civile stabilisce che entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio, le società di capitali (S.p.A., S.a.p.a., S.r.l. ed S.r.l.s.) devono convocare l’assemblea dei soci per approvare il bilancio d’esercizio.
Per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, tale termine cade quest’anno il prossimo 30 aprile 2018.
Sono previsti, tuttavia, alcuni casi specifici in cui il bilancio può essere esaminato ed approvato entro il maggior termine di 180 giorni (che quest’anno cadrebbe il 29.06.2018 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare). Ciò si ha in presenza di:
• bilancio consolidato;
• particolari esigenze connesse con la struttura e l’oggetto della società.
Una volta approvato, il bilancio deve essere depositato entro 30 giorni presso il Registro delle Imprese della Camera di Commercio.
Di seguito verrà analizzato più dettagliatamente l’iter di approvazione del bilancio e le scadenze utili ai fini del corretto adempimento in esame, grazie all’ausilio di un prospetto in formato tabellare di facile consultazione.

tabella approvazione bilancio 2017
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