Lunedì 17 dicembre scade il termine per il saldo Imu-Tasi

Scade il prossimo lunedì 17 dicembre il termine per effettuare il saldo dell’Imu e della Tasi. Con il saldo il contribuente deve verificare l’importo dovuto per l’intero anno. La normativa prevede di pagare l’acconto sulla base dell’aliquota e delle detrazioni dei 12 mesi dell’anno precedente mentre il versamento della seconda rata deve essere effettuato, con eventuale conguaglio sulla prima rata, sulla base delle aliquote deliberate dal Comune.

In sede di saldo occorre quindi verificare che nulla sia cambiato, e in particolare occorre verificare le aliquote comunali e le eventuali agevolazioni che il Comune può aver inserito nel proprio regolamento. Le delibere comunali sono visionabili sul sito del dipartimento delle Finanze.

Per chi possiede gli stessi immobili, nella generalità dei casi l’importo dovuto è identico a quello versato in acconto, e ciò a causa del blocco dei tributi comunali.

Nonostante l’esenzione per l’abitazione principale abbia tagliato fuori dall’Imu e dalla Tasi molti contribuenti, la platea degli interessati all’appuntamento del saldo rimane numerosa.

Anche chi ha solo l’abitazione principale potrà essere chiamato alla cassa se possiede un doppio garage o una doppia cantina. Al riguardo, si rammenta che la norma manda esenti solo una pertinenza per ogni categoria C/6, C/2 e C/7.

L’importo dovuto per il 2018 deve poi tener conto delle variazioni in termini di possesso degli immobili, che si verifica per chi ha acquistato o venduto l’immobile nel corso dell’anno. La normativa precisa che l’imposta è dovuta proporzionalmente ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso, computando per intero il mese durante il quale il possesso si è protratto per almeno 15 giorni.

La normativa presenta difficoltà operative quando vi sono compravendite effettuate il 15 o il 16 dei mesi con 30 o 31 giorni, perché in tale ipotesi il possesso si protrae per almeno 15 giorni sia in capo al venditore che all’acquirente. In questi casi l’applicazione rigida della norma porterebbe a ritenere che il mese debba essere computato per intero per entrambi i contraenti, determinandosi così un doppio pagamento per lo stesso immobile. A tale situazione normalmente i Comuni pongono rimedio addebitando il mese al soggetto passivo per il quale il possesso si è protratto per il numero maggiore di giorni. Oltre alle variazioni in termini di possesso occorre verificare le agevolazioni, come quelle relative ai contratti a canone concordato o al comodato.

La stessa regola dei mesi di possesso si applica anche per queste agevolazioni. Pertanto, se un abitazione è stata locata a canone concordato dal 20 di luglio, la riduzione del 25% dell’imposta si applicherà per 5 mesi e per tale periodo si applicherà anche l’eventuale aliquota agevolata deliberata dal Comune.

Altro caso frequente è quello dell’acquisto della prima casa, che non viene subito destinata ad abitazione principale. Al riguardo occorre precisare che se anche si è acquistata l’abitazione con i benefici previsti per la prima casa, ai fini Imu l’esenzione prevista per l’abitazione principale si applica solo con la residenza anagrafica e con la dimora abituale. Se, quindi, tra l’acquisto ed il cambio di residenza anagrafica sono passati diversi mesi, occorrerà corrispondere l’Imu come abitazione a disposizione per il periodo che va dalla data del rogito a quello del cambio di residenza anagrafica mentre da quest’ultima data l’immobile sarà esente da Imu e Tasi.

CALCOLATORE IUC 2018 (IMU+TASI)

Si ricorda che, per facilitare la quantificazione dell’imposta, è disponibile il calcolatore IUC 2018 fornito gratuitamente dall’Associazione Nazionale Uffici Tributi Enti Locali. Il calcolatore, impostato con le aliquote dedicate per tipologia di immobile, consente il calcolo dell’imposta, l’elaborazione e la stampa del modello F24 pagabile presso qualsiasi banca o ufficio postale.

Lo Studio rimane comunque a disposizione per ogni chiarimento o informazione circa gli adempimenti tributari di prossima scadenza.

calcolatore iuc 2018

Regime forfettario 2019: valutazione per soggetti con redditi inferiori a 65.000 €

La Legge di Bilancio 2019 introduce sostanziali modifiche al Regime Forfettario di determinazione del reddito modificando i requisiti di accesso e le principali cause di esclusione. Ciò comporta la necessità di effettuare puntuali valutazioni di convenienza fiscale/economica per l’accesso al Regime della Flat Tax.  Sono numerosi gli aspetti da valutare per avere un quadro puntuale e preciso e, diversamente da quanto si potrebbe immaginare, non sempre il passaggio si rivela vantaggioso per il contribuente.

Premessa

Una delle principali novità che introdurrà la Legge di Bilancio 2019 è rappresentata dall’ampliamento del numero di soggetti che potranno accedere al Regime Forfettario di determinazione del reddito. Pur avendo i requisiti per l’accesso al regime, sarà necessario procedere ad un’analisi dettagliata dei principali punti di forza e di debolezza che la tassazione forfettaria del reddito porta con sé, valutando ogni singolo caso per comprendere quale sia la soluzione migliore per ogni contribuente.

Regime Forfettario: caratteristiche, requisiti e cause di esclusione

Il nuovo Regime Forfettario è applicabile a tutte le persone fisiche, esercenti attività di impresa, arte o professione, che nel 2018 non abbiano superato il limite massimo di 65.000 Euro di ricavi. Rispetto al precedente Regime nel quale, a seconda del settore di appartenenza dell’attività esercitata (individuato attraverso il Codice Ateco), veniva stabilita una diversa soglia di ricavi massimi conseguibili nell’anno precedente, il nuovo Regime unifica a 65.000 Euro il limite, indipendentemente dall’ attività esercitata. Il meccanismo impositivo del regime forfettario prevede che per calcolare la base imponibile venga applicato un coefficiente di redditività ai ricavi maturati. Tale coefficiente è distinto a seconda del settore di attività in cui ricade il Codice Ateco di riferimento e serve tendenzialmente a riconoscere un determinato ammontare di costi forfettari, ritenuti standard per quel tipo di attività; i costi vengono quindi attribuiti al contribuente forfettario a prescindere dal loro reale sostenimento. Cerchiamo di riassumere schematicamente, quanto appena detto, con la seguente tabella.

La base imponibile sui cui calcolare le imposte si ottiene applicando il coefficiente di redditività, corrispondente all’attività esercitata, ai ricavi incassati. Successivamente vengono dedotti i contributi previdenziali versati e al valore risultante viene applicata l’imposta sostitutiva (è definita sostitutiva perché sostituisce in un’unica aliquota Irpef, Irap, addizionali regionali e comunali). L’aliquota applicabile è pari al 5% per le imprese di nuova costituzione, cc.dd. start-up, mentre è del 15% per coloro i quali abbiano un’attività avviata da più di 5 anni. Si considerano Start-Up le attività poste in essere da chi nel triennio precedente non abbia avuto nessun impiego o da chi stia intraprendendo una nuova attività che non sia la mera prosecuzione della precedente (fatta eccezione per il praticantato obbligatorio).
Il regime forfettario, che sarà introdotto dalla legge di bilancio 2019 ha tuttavia delle cause di esclusione secondo le quali è prevista:

  • l’impossibilità di accedevi per tutti coloro i quali nel biennio precedente abbiano prestato la loro attività lavorativa in qualità di dipendenti (o assimilati) e che ora vogliano esercitare attività di impresa o professionale principalmente nei confronti dello stesso soggetto che un tempo era il datore di lavoro;
  • l’impossibilità di accedervi per tutti i soggetti proprietari di quote di partecipazione in S.r.l.

Rispetto al regime forfettario introdotto dalla legge n°190 del 23 dicembre 2014, e su cui il nuovo regime forfettario si modella, sono stati eliminati i limiti che precedentemente non permettevano l’accesso a tutti i soggetti che nell’anno precedente:

  • avessero utilizzato beni strumentali per un valore complessivo superiore ad Euro 20.000;
  • avessero sostenuto spese per costo per il lavoro dipendente, assimilato e dei compensi erogati ai collaboratori, per un valore complessivo pari o superiore ad Euro 5.000;
  • avessero percepito redditi di lavoro dipendente e/o assimilati di importo superiore a 30.000 euro, tranne nel caso in cui il rapporto di lavoro dipendente nell’anno precedente sia cessato.

Infine, altra caratteristica da tenere in considerazione e che attualmente non possiamo tralasciare è data dal fatto che i contribuenti forfettari non avranno l’obbligo di emettere le fatture elettroniche.

La valutazione di convenienza fiscale – economica

Nel valutare la convenienza del regime forfettario occorre evidenziare che il Regime Forfettario non prevede l’applicazione dell’Iva. Nel caso in cui l’attività di impresa sia di commercio al minuto, stante il mantenimento degli stessi prezzi di vendita, il commerciante incasserà l’intero prezzo, non dovendo più provvedere al versamento dell’Iva.  In questo caso, l’importo corrispondente all’Iva applicata nel regime ordinario di determinazione del reddito rientrerà a fare parte dei ricavi.

Dall’altra parte, l’Iva sulle fatture di acquisto sarà un costo per chi aderisce al Regime forfettario, in quanto si perderà il diritto alla detrazione. Nella valutazione è quindi opportuno sommare l’Iva sugli acquisti al maggiore carico fiscale in capo al contribuente.

Nel passaggio al Regime forfettario sarà necessario applicare la rettifica delle detrazioni Iva per tutti i beni e servizi non ceduti o non ancora utilizzati esistenti alla data del 31.12.2018.  In altre parole, i beni per i quali dovrà essere operata la rettifica Iva sono: i servizi non utilizzati al 31.12.2018; le rimanenze di magazzino; i beni strumentali acquistati da non più di 5 anni (per i beni immobili il periodo di riferimento passa da 5 a 10 anni). Questa valutazione diventa rilevante in presenza di tali condizioni, in quanto, il contribuente, al momento della presentazione della Dichiarazione Iva 2019 per l’anno 2018, si troverà a dover riversare una parte di Iva detratta al tempo dell’acquisto. Tuttavia è opportuno precisare che questa operazione deve essere effettuata solo nel primo periodo d’imposta in cui si accede al Regime forfettario.

A seconda della tipologia di attività svolta, l’incidenza dei costi potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella valutazione di convenienza. In particolare, calcolando la percentuale di incidenza dei costi (comprensivi di Iva) sul totale dei ricavi e confrontandola con la percentuale di deduzione forfettaria legata al nuovo regime, sarà immediata la valutazione di quale regime contribuisca ad abbassare maggiormente il reddito imponibile.

Tuttavia, il confronto tra i redditi imponibili non permette di arrivare ad una conclusione in merito alla convenienza di uno o dell’altro regime. Si deve tenere in considerazione il fatto che nel regime ordinario l’imposta verrebbe calcolata con un’aliquota per scaglioni mentre nel regime forfettario, anche a fronte di un reddito imponibile superiore, sarebbe fissa del 15%.

Come da evidenza contabile, evitare che il reddito professionale facesse cumulo con gli altri redditi ai fini Irpef, ha prodotto una maggiore convenienza fiscale per il contribuente.  Inoltre, bisogna ricordare che sulla base imponibile Irpef vengono applicate anche le addizionali regionali e comunali. Sostanzialmente quindi, seppure nell’esempio non sono state considerate, nel primo caso si sarebbero dovute pagare le addizionali su una base imponibile di 30.000,00 € mentre, nel secondo caso, le stesse sarebbero state calcolate solo su 10.000 €.

Un altro importante aspetto da tenere in considerazione è dato dal fatto che il Regime forfettario non consente al contribuente di beneficiare delle detrazioni fiscali. Per questo motivo è opportuno considerare l’importo delle spese che il soggetto ha sostenuto nei 10 anni precedenti e quelle che intende sostenere nei prossimi anni in quanto, se rilevanti avrebbero un impatto decisivo sull’ammontare dell’imposta dovuta. Indipendentemente dalle spese sostenute ci pare opportuno ricordare le detrazioni per redditi da lavoro autonomo e le detrazioni per carichi di famiglia che vengono attribuite sulla base del reddito complessivo. Per entrambi le detrazioni menzionate è necessario determinare il reddito per detrazioni.

Per la detrazione per il reddito da lavoro autonomo sono previsti tre scaglioni reddituali ed il meccanismo è costruito in modo tale che al superamento della soglia dei 55.000 euro la detrazione sia pari a zero; tuttavia sotto tale soglia vale la pena analizzare gli altri scaglioni poiché:

  • fino a 4.800 è prevista una detrazione fissa pari a 1.104 euro
  • per redditi superiori a 4.800 € ma inferiori a 55.000 € la detrazione viene così calcolata: Quoziente = (55.000 – Reddito per detrazioni) / 50.200; Se il Quoziente è superiore a zero e minore di uno devono essere utilizzate le prime quattro cifre decimali; Detrazione spettante = 1.104 x Quoziente

Cerchiamo di chiarire la detrazione con un esempio

Per quanto riguarda invece le detrazioni per carichi di famiglia il quantum delle detrazioni, per redditi inferiori ai 65.000 euro, è generalmente più interessante di quello per i redditi da lavoro autonomo. A causa della varietà delle situazioni familiari configurabili (coniuge a carico, numero di figli a carico o altro familiare a carico) pare difficile esporre anche una sola situazione familiare che possa essere utile ai fini della valutazione; tuttavia è possibile prendere come valori di riferimento quelli contenuti nel rigo RN6 del proprio modello Redditi PF 2018. Tra le altre detrazioni che il soggetto potrebbe perdere ci sono:

  • Spese sanitarie e veterinarie
  • Interessi passivi sui mutui
  • Spese di istruzione e asili
  • Spese funebri
  • Spese per attività sportive
  • Erogazioni liberali
  • Assicurazioni
  • Spese per il recupero del patrimonio edilizio
  • Spese per interventi finalizzati al risparmio energetico
  • Spese per l’arredo di immobili ristrutturati o per le giovani coppie

Ovviamente, tutte le detrazioni ottenibili dal contribuente, dovranno considerarsi perse solo qualora il soggetto abbia solo redditi di lavoro autonomo per i quali abbia deciso di aderire al regime forfettario. In presenza di più categorie reddituali, ad esempio nel caso sussistesse anche un reddito da pensione, le detrazioni (ad eccezione di quella spettante per il lavoro autonomo) potrebbero essere scomputate dall’ imposta calcolata ordinariamente su tale reddito e fino a concorrenza della stessa.

Lo Studio è a disposizione per ogni chiarimento


Conservazione fattura elettronica, il servizio dell’Agenzia delle Entrate: il test

e-fattura

Il servizio di conservazione fattura elettronica lanciato dall’Agenzia delle Entrate, da un lato risulta al momento insufficiente a coprire tutte le esigenze di conservazione digitale di aziende e professionisti, dall’altro rimane comunque uno strumento utilissimo nella sua modalità implicita e automatica di conservazione di tutte le e-fatture che, per obbligo di legge, transitano attraverso lo SdI (il sistema di interscambio).
E’ il bilancio che si può fare dopo un’analisi approfondita del servizio. Come vedremo, questo non può e non vuole sostituire un sistema di archiviazione integrato nelle procedure gestionali delle imprese e dei professionisti, ma certo è molto utile in questa fase transitoria, anche in sinergia con ulteriori sistemi di archiviazione e conservazione. Analizziamo tutte le caratteristiche del sistema di conservazione dell’Agenzia delle Entrate, spiegandone l’utilizzo, individuando punti a favore e criticità, e vediamo come può andare incontro alle esigenze dei professionisti e delle imprese, in un mercato che offre molteplicità di strumenti per la conservazione digitale.
Per verificare e testare il servizio, abbiamo effettuato l’accesso all’area riservata, richiesto l’adesione, sottoscritto l’Accordo di servizio e il Manuale del servizio di Conservazione delle fatture elettroniche.

Il quadro normativo
L’obbligo della conservazione delle fatture elettroniche attive e passive disciplinato dal D.M. del 17/06/2014 (Modalità di assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici e alla loro riproduzione su diversi tipi di supporto – articolo 21, comma 5, del Decreto Legislativo n. 82/2005) si aggiunge agli altri adempimenti obbligatori previsti per i soggetti passivi IVA dalla normativa civilistica e fiscale in relazione alla conservazione di altra documentazione non necessariamente presente su supporti digitali.
Con il Provvedimento 89757 del 30/04/2018 l’Agenzia delle Entrate ha comunicato che tutti i soggetti passivi IVA residenti, stabiliti o identificati in Italia possono aderire, mediante servizio online, ad apposito accordo di servizio e usufruire gratuitamente del servizio di conservazione a norma di tutte le fatture elettroniche emesse o ricevute dall’operatore attraverso il Sistema di Interscambio.

Il rapporto fra contribuente e Agenzia delle Entrate
Analizzando la documentazione dell’Agenzia delle Entrate, un primo tema sul quale riflettere riguarda ruoli e responsabilità di due figure distinte: il Responsabile della Conservazione e il Responsabile del servizio di conservazione. Il Responsabile della Conservazione viene indicato quale soggetto responsabile dell’insieme delle attività elencate nell’articolo 7, comma 1 delle regole tecniche del sistema di conservazione (DPCM 3/12/2013). Si tratta di un ruolo che richiede competenze tecnico-informatiche precise e non riveste natura solo formale. Secondo l’Accordo di servizio il contribuente accetta il ruolo di Responsabile della Conservazione delle fatture elettroniche per le quali richiede la conservazione all’Agenzia delle Entrate secondo quanto previsto dall’articolo 1 del Decreto Legislativo 127/2015 e affida, attraverso delega parziale, ai sensi dell’art.6, comma 6 del DPCM 03 dicembre 2013, la conservazione delle proprie fatture elettroniche, all’Agenzia delle Entrate, che offre idonee garanzie organizzative, tecnologiche e di protezione di dati personali.
Il Responsabile del servizio di Conservazione viene individuato dall’Agenzia delle Entrate al proprio interno, ed è colui che definisce ed attua le politiche complessive del sistema di conservazione e ne governa la gestione, in relazione al modello organizzativo descritto nel Manuale del servizio di Conservazione.
Da quanto sopra esposto risulta quindi che:
– la responsabilità in ordine alla corretta conservazione dei documenti rimane in capo al contribuente;
– l’Agenzia delle Entrate opera in qualità di delegato del contribuente.
Il rapporto tra il contribuente e il soggetto delegato del processo di conservazione è stato analizzato dall’Agenzia delle Entrate, nella Risoluzione 161/E del 09 luglio 2007, nella quale si precisa che: in tutti i casi in cui il contribuente affida, in tutto o in parte, il processo di conservazione a soggetti terzi continuerà a rispondere nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria della corretta tenuta e conservazione delle scritture contabili e di tutti i documenti fiscalmente rilevanti. Eventuali inadempienze del soggetto incaricato della conservazione non potranno essere opposte all’Amministrazione Finanziaria per giustificare irregolarità o errori…
Qualora il soggetto delegato dal contribuente fosse l’Agenzia delle Entrate, e in caso di Sue eventuali inadempienze nel processo di conservazione, si giungerebbe alla paradossale conclusione che tali inadempienze non sarebbero opponibili alla stessa Agenzia delle Entrate ma riconducibili solo al contribuente? Quali sono le possibilità concrete di vigilanza e controllo da parte del contribuente sul corretto svolgimento del processo di conservazione da parte dell’Agenzia?

Il servizio di conservazione dell’Agenzia delle Entrate
La fruizione del servizio di conservazione dell’Agenzia appare semplice, i flussi operativi sono spiegati con chiarezza e le interfacce del sito sono intuitive.
Nel Manuale di Conservazione (versione 1^ luglio 2018, al punto 7.1), l’Agenzia prevede che la richiesta di conservazione delle fatture elettroniche venga effettuata “con modalità implicita e automatica per tutte le fatture riferite al titolare soggetto IVA (contribuente) che transitano sul SdI”. Però la ricerca di documenti già conservati con tale modalità per soggetti che hanno da mesi aderito e che nel frattempo hanno emesso e ricevuto fatture elettroniche non ha prodotto alcun risultato. D’altra parte il fatto non appare preoccupante atteso che la conservazione delle fatture emesse e ricevute nell’anno 2018 può essere effettuata entro tre mesi dal termine di presentazione previsto per la dichiarazione dei redditi relativa all’anno di formazione dei documenti (31/01/2020).
Continuando il test del servizio abbiamo provato ad attivare la richiesta manuale di conservazione. Nella sezione “Dati rilevanti ai fini IVA” il contribuente trova le fatture elettroniche emesse e ricevute in formato XML. Per portarle in conservazione si deve procedere come segue:
– apertura manuale del file XML di ogni singola fattura,
– salvataggio del file sul pc,
– attivazione della richiesta di conservazione,
– invio di ogni singolo file in conservazione,
– stampa in pdf della schermata di ricevimento della richiesta di conservazione per ciascun file inviato,
– controllo sul cruscotto di monitoraggio degli invii effettuati.
Si segnala che la funzionalità di upload manuale sopra descritta dovrà in realtà essere utilizzata solo per le fatture elettroniche transitate dallo Sdi prima dell’adesione al servizio “automatico”.

I documenti conservati
Con l’accesso alla sezione “Dati rilevanti ai fini Iva” della propria area riservata il contribuente può visualizzare in formato leggibile i file xml delle fatture inviate e ricevute tramite il Sistema di interscambio, salvare il file xml in un proprio archivio, salvare i metadati del file xml inviato o ricevuto nel proprio archivio. La conservazione proposta dal servizio dell’Agenzia delle Entrate riguarda le sole fatture emesse e ricevute in formato xml.

La durata del servizio di conservazione
Il servizio dell’Agenzia delle Entrate prevede espressamente un periodo di conservazione di 15 anni. Si tratta di argomento su cui porre particolare attenzione visto che i sistemi “commerciali” di conservazione prevedono condizioni contrattuali mutevoli a seconda della politica tariffaria del singolo conservatore e che vanno attentamente valutate in funzione delle esigenze di ciascuna azienda o professionista.

Quale servizio di conservazione?
Come detto, il servizio di conservazione offerto dall’Agenzia delle Entrate risulta un utile strumento, che non può sostituire un sistema di archiviazione integrato nelle procedure gestionali né può coprire il 100% delle esigenze di conservazione che emergono dalla corretta tenuta delle scritture contabili formate sulla base di documenti nativamente digitali e sulla base di una interpretazione letterale della normativa attuale (es. numerazione fatture ricevute, integrazione fatture reverse charge, etc.); ma soprattutto non può esaurire la necessità di ripensare in termini digitali i processi amministrativi.
Va infatti tenuto presente che la fattura elettronica obbligatoria, pur patendo una normativa pensata in un mondo di documenti analogici, può rappresentare da subito una tecnologia abilitante ed un fattore potente di economicità per soluzioni e miglioramenti tecnologici fino ad oggi disponibili solo per realtà estremamente strutturate e con grandi capacità di investimento. Pensiamo alle difficoltà e ai costi di digitalizzazione di documentazione fiscale analogica (scansione dei documenti, inserimento negli archivi, conservazione di immagini in formato TIFF, etc) rispetto alla semplice archiviazione automatizzata di un compatto ed efficiente xml strutturato, o alla complessità di sistemi di intelligenza artificiale per l’acquisizione via OCR di dati elaborabili da fatture cartacee dal formato del tutto variabile, paragonata alla “quasi banale” acquisizione semi automatica di dati contabili con modesto intervento umano da parte di un addetto contabile qualificato.
Riteniamo prioritario che aziende e professionisti sfruttino questa occasione “imposta” per ripensare e riscrivere mansioni e procedure ormai obsolete approfittando al massimo dell’integrazione digitale dei processi amministrativi aziendali con software e procedure adeguate alla dimensione e all’attività della propria realtà economica, ricordando che sono ormai disponibili sul mercato soluzioni dalle funzionalità potenti ed evolute a costi accessibili anche ai soggetti di minori dimensioni.

Fattura elettronica, guida alla piattaforma delle Entrate

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Fattura elettronica, Spesometro, trasmissione dati dei corrispettivi, comunicazioni periodiche IVA: sono tutti i servizi online disponibili sul nuovo sito dell’Agenzia delle Entrate dedicato a “Fatture e Corrispettivi”, pensato in vista dell’entrata in vigore dell’obbligo di fatturazione elettronica fra privati nel 2019. Diciamo subito che i prossimi giorni saranno molto effervescenti sul fronte dei servizi online per la e-fattura.
Ai (molti) servizi online per la fattura elettronica già previsti sia dall’Agenzia sia da categorie professionali, non solo si aggiunge il portale del Fisco, che consente di fare gratuitamente molte operazioni, ma anche l’annunciato nuovo servizio messo a disposizione dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili per i propri iscritti che sarà operativo (si presume) dalla fine dell’anno. Il sito Fatture e Corrispettivi del Fisco, invece, è pienamente operativo, e supporta contribuenti, imprese e professionisti anche nella fase di passaggio, da qui a fine anno, ad esempio sul fronte degli adempimenti relativi allo Spesometro (che poi, dal 2019, sarà abrogato per le operazioni con fattura elettronica).
Vediamo come funziona, passaggio per passaggio.

1) L’accesso a Fatture e Corrispettivi

Per accedere bisogna essere in possesso delle credenziali Spid, Entratel o Fisconline, e inserire successivamente il numero di partita IVA. In realtà, subito dopo aver inserito le credenziale bisogna scegliere un profilo di utenza:
– me stesso: l’opzione che sceglierà il contribuente che gestisce le proprie operazioni IVA,
– incaricato: da parte dell’azienda in cui si lavora,
– delega diretta: è l’opzione che riguarda gli intermediari, come il commercialista, tutore.
Solo dopo aver scelto la corretta categoria di appartenenza, si digita il numero della partita IVA, e si accede quindi alla pagina iniziale, dalla quale si può selezionare il servizio da utilizzare. Per quanto riguarda specificamente la fatturazione elettronica, ci sono due possibilità: la scelta di un indirizzo al quale far arrivare tutte le fatture elettroniche, oppure le operazioni di fatturazione elettronica vera e propria (la procedura web consente di predisporre la fattura, di riceverla e di leggerla, di inviarla, e conservarla). C’è poi la possibilità di creare un Qr code, una sorta di biglietto da visita che indica al fornitore tutti i dati per predisporre e inviare la fattura, e quella, tramite i servizi contenuti nel riquadro “Consultazione”, accedere alle fatture elettroniche trasmesse via SdI (il sistema di interscambio, dal quale transitano tutte le operazioni) e alle ricevute (di scarto o di consegna).



2) Predisposizione della fattura

Il sistema consente di predisporre la fattura in formato xml, attraverso una procedura web (che richiede la connessione a internet), oppure utilizzando un software stand alone, che si installa sul pc per poi lavorare sulle fatture senza bisogno della connessione. Alla procedura web si accede cliccando sul pulsante “fatturazione elettronica” presente sulla pagina iniziale. Si entra così nel servizio di predisposizione delle e-fatture, che consente di scegliere fra diverse opzioni. Se vogliamo predisporre la fattura, dobbiamo innanzitutto selezionare l’opzione corretta fra Fattura PA e fattura Ordinaria, oppure Fattura Semplificata, entrambe rivolte alle operazioni fra privati.

Attenzione: è un servizio web, che attinge ai dati dell’anagrafe tributaria, per cui man mano che l’utente inserisce dati, il sistema carica nuove informazioni. Ad esempio, nella pagina relativa ai dati personali, si troveranno già precompilati i campi relativi alle informazioni che, in base alla Partita IVA, sono note all’amministrazione. Il contribuente può sempre modificarli (l’unico dato che non si può correggere è il numero di partita IVA).

Come si vede, c’è un menù a destra per inserire altri dati (ad esempio, i riferimenti all’albo professionale oppure il numero di iscrizione al REA). Poi si prosegue inserendo i dati del cliente. Attenzione alla compilazione del campo Codice Destinatario, in cui bisogna inserire o il codice alfanumerico di sette cifre comunicato dal cliente, o il valore “0000000” se il cliente ha comunicato un indirizzo PEC (da inserire nel campo PEC destinatario), oppure se non ha comunicato alcun indirizzo telematico. Fondamentale anche l’indicazione corretta di partita iva, o codice fiscale, che il sistema verifica direttamente. Nel caso in cui non trovi corrispondenza fra partita IVA e dati inseriti, non consente di proseguire nella compilazione. Nel caso in cui il cliente abbia un QrCode, è possibile utilizzarlo per la compilazione della fattura. Così come si possono salvare i dati dei clienti in una rubrica, in modo tale non non dover intestare le fatture ogni volta.
La compilazione della fattura prosegue con l’indicazione dei dati identificativi del documento, quindi numerazione e data, e con quelli relativi all’operazione (bene ceduto, quantità e qualità, imponibile, aliquota IVA, imposta). Se l’operazione non è soggetta a imposta (ad esempio, perché si applica il reverse change), nel campo dell’aliquota IVA si inserisce il codice relativo alla natura dell’operazione effettuata. I Codici sono i seguenti:
– N1: operazioni escluse ex articolo 15,
– N2: non soggette,
– N3: non imponibili,
– N4: esenti,
– N5: regime del margine, Iva non esposta in fattura,
– N6: reverse charge,
– N7: Iva assolta in un altro stato Ue.
Si può compilare una stessa fattura per la cessione di più beni (c’è apposito tasto “aggiungi”, nella sezione beni e servizi”).

3) L’invio
Al termine della predisposizione del file, è possibile controllare tutti i dati, e salvarli in xml. E’ sempre possibile visualizzare il file anche in Pdf. Attenzione a non inviare al SdI il file in Pdf invece che quello in xml (nel qual caso, evidentemente, la fattura viene scartata). La fattura viene inviata cliccando sull’apposito tasto della schermata finale, e viene trasmessa al Sistema di Interscambio che controlla il file e lo recapita all’indirizzo telematico del cliente. Il sistema fornisce un numero identificativo univoco che il SdI ha assegnato al file, e che può essere utilizzato per le operazioni di consultazione e monitoraggio.
Non è necessario effettuare l’invio della fattura subito dopo averla compilata (così come è possibile interrompere la compilazione e riprenderla in un successivo momento). Per spedire una fattura già predisposta, bisogna cliccare su “Trasmissione”, nella schermata iniziale, funzione che consente anche di scegliere il file da inviare fra quelli salvati sul proprio pc. Con questa funzione si inviano anche fatture predisposte direttamente sul proprio pc utilizzando il software stand alone.

C’è una funzione, “Riprendi ultimo file”, che consente di aprire l’ultima fattura predisposta, modificarla e crearne una nuova. Oppure, utilizzando “Importa da file XML” è possibile importare in procedura una fattura elettronica, anche incompleta, modificarla e inviarla.

3) La conservazione
C’è una sezione specifica della piattaforma dedicata alla conservazione fatture elettroniche, che contiene anche un Manuale del servizio di Conservazione, e l’Accordo di servizio. Abbiamo, inoltre, effettuato un test sul servizio di conservazione fattura elettronica dell’Agenzia delle Entrate, evidenziandone pregi e punti critici, accompagnato con un’analisi normativa. Clicca qui per approfondire.

4) Consultazione
Il servizio, anch’esso accessibile dalla home page, consente di consultare tutte le fatture elettroniche (nonché le note di variazione) emesse e ricevute correttamente attraverso il Sistema di Interscambio. Attraverso la funzione “Dati rilevanti ai fini IVA”, è possibile riepilogare il numero delle fatture emesse e ricevute nell’ultimo trimestre oppure in un altro range di date selezionato, selezionarle utilizzando ulteriori chiavi come la partita Iva del cliente o del fornitore, o il numero identificativo assegnato alla fattura dal SdI, identificare le fatture consegnate e quelle messe a disposizione (ma ancora non visionate). Importante: le fatture restano a disposizione nell’area di consultazione fino al 31 dicembre dell’anno successivo a quello di ricezione delle fatture da parte del SdI. Quindi, chi vuole archiviare copia della fattura sui propri dispositivi deve effettuare il download del file.
C’è poi la possibilità di “monitoraggio dei file trasmessi” che fornisce l’elenco delle ricevute (di scarto, di consegna o di impossibilità di consegna), anche qui selezionando uno specifico periodo di tempo.

Le principali novità fiscali del DDL di Bilancio 2019

legge bilancio 2019

Il Consiglio dei Ministri n. 23 del 15 ottobre 2018, su proposta del Presidente Giuseppe Conte e del Ministro dell’economia e delle finanze Giovanni Tria ha approvato il disegno di legge relativo al “bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e al bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021”, la cd. legge di stabilità 2019. Il DDL numero 1334, è stato assegnato alla V commissione e sarà trasmesso alla Camere entro il 28 Novembre 2018.
Possibile la presentazione di emendamenti fino al 14 Novembre.
Pur consapevoli che il DDL potrà subire modifiche, riteniamo utile illustrare le principali novità che se approvate entreranno in vigore dal 1° gennaio 2019.

Sterilizzazione incremento aliquota IVA e accise (artt. 2,3)

L’articolo 2 della legge di stabilità 2019 prevede la sterilizzazione dell’incremento dell’aliquota IVA rimandando gli aumenti al 1° gennaio 2020. In particolare, modificando quanto previsto nella Legge di stabilità 2015, è previsto che:
• dal 1° gennaio 2020 l’aliquota agevolata IVA del 10% salirà al 13%;
• dal 1° gennaio 2020 l’aliquota ordinaria IVA al 22% salirà al 24,1% e dal 1° gennaio 2021 al 24,5%.
Nel DDL di Bilancio è prevista anche la sterilizzazione dell’aumento delle accise sulla benzina, sulla benzina con piombo e sul gasolio, previsto a decorrere dal 1° gennaio 2019 quale misura a sostegno dell’ACE.

Estensione del regime forfettario (art. 4)
L’art. 4 del DDL di Bilancio 2019 prevede una modifica radicale del regime forfettario (L. 190/2014), riservato alle persone fisiche che esercitano attività d’impresa/arte o professione.
E’ prevista un’unica soglia di ricavi per l’accesso al regime, potranno così accedere al regime agevolato coloro che nell’anno precedente hanno conseguito ricavi o percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 65.000 Euro ed inoltre, vengono eliminate le altre condizioni per l’accesso al regime. Vengono modificate, poi, alcune clausole di esclusione:
• l’accesso sarà precluso a coloro che, sempre contemporaneamente all’attività per cui godono del regime agevolato, sono soci di società a responsabilità limitata (srl), ancorché non abbiano esercitato l’opzione per la trasparenza fiscale;
• l’accesso sarà precluso a coloro che nel biennio precedente abbiano percepito redditi di lavoro dipendente o assimilati, e che esercitano attività d’impresa/arti o professioni prevalentemente nei confronti anche di uno dei datori di lavoro dei due anni precedenti o, in ogni caso, nei confronti di soggetti agli stessi direttamente o indirettamente riconducibili.
Restano invariati i coefficienti di redditività, da applicare all’ammontare dei ricavi e compensi conseguiti, al fine di determinare il reddito imponibile. Scompaiono però le singole fasce di reddito perché, come descritto sopra, il limite dei ricavi per l’accesso al regime è unico, e pari a 65mila Euro. Dal reddito imponibile così determinato andranno poi dedotti i contributi previdenziali versati, e si applicherà l’imposta sostitutiva del 15% (anch’essa invariata).

Flat tax ripetizioni (art. 5)
L’art. 5 del DDL di Bilancio 2019 prevede l’introduzione di una flat tax del 15% sui compensi percepiti dai docenti per le lezioni private e ripetizioni. Si tratta di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali che entrerebbe in vigore dal 1° gennaio 2019, in alternativa al regime ordinario, che resta comunque utilizzabile in caso di mancata opzione per la flat tax.
Il testo indica quali soggetti beneficiari “docenti titolari di cattedre nelle scuole di ogni ordine e grado”, sarebbero esclusi pertanto gli insegnanti precari, i professori universitari, e gli studenti che abitudinariamente impartiscono lezioni private per mantenersi. I dipendenti pubblici che esercitano attività di insegnamento a titolo privato sono tenuti a comunicare tale attività alla propria amministrazione di appartenenza, per la verifica di eventuali incompatibilità.
L’imposta sostitutiva deve essere versata secondo le regole previste per l’Irpef. Per quanto riguarda la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi e il contenzioso, si fa riferimento a quanto previsto in materia di imposte sui redditi.
Le modalità per l’esercizio dell’opzione a tale regime di favore, nonché per il versamento dell’imposta sostitutiva, saranno stabilite con un Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate da emanare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2019.

Imposta sostitutiva imprenditori individuali esercenti arti e professioni (art. 6)
Imposta sostitutiva IRPEF- IRAP pari al 20% applicata al reddito determinato in modo analitico per le persone fisiche esercenti attività d’impresa o di lavoro autonomo con redditi compresi tra 65.001 euro e 100.000 euro, ecco una delle novità più importanti contenute nel DDL di bilancio.
In particolare l’articolo 6 prevede che dal 1° gennaio 2020, le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni che nell’anno precedente abbiano conseguito ricavi, o percepito compensi compresi tra 65.001 e 100.000 euro ragguagliati ad anno, possano applicare al reddito d’impresa o lavoro autonomo, determinato nei modi ordinari, un’imposta al 20% sostitutiva:
• dell’imposta sul reddito
• delle addizionali regionali e comunali
• dell’IRAP.
Tali ricavi non sono assoggettati a ritenuta d’acconto da parte del sostituto d’imposta e a tal fine i contribuenti devono rilasciare un’apposita dichiarazione dalla quale risulti che il reddito cui le somme afferiscono è soggetto ad imposta sostitutiva.
I contribuenti coinvolti:
• non sono tenuti ad operare le ritenute alla fonte ma nelle dichiarazioni dei redditi devono indicare il codice fiscale del percettore dei redditi per i quali all’atto del pagamento degli stessi non è stata operata la ritenuta e l’ammontare dei redditi stessi.
• sono esclusi dal campo di applicazione dell’IVA e dai relativi adempimenti (dopo aver ottenuto apposita deroga comunitaria)
• sono comunque obbligati alla fatturazione elettronica.
Per espressa previsione normativa non possono applicare l’imposta sostitutiva:
• le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini IVA o di regimi forfetari di determinazione dell’imposta del reddito;
• i non residenti (ad eccezione di coloro che sono residenti in uno degli Stati membri dell’Unione Europea o in uno stato aderente all’accordo sullo Spazio Economico che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75% del reddito complessivamente prodotto;
• i soggetti in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi,
• esercenti attività d’impresa, arti e professioni che partecipano contemporaneamente all’esercizio dell’attività, a società di persone ed associazioni o imprese familiari o società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione;
• soggetti che hanno percepito redditi di lavoro dipendente o assimilati e che esercitano attività d’impresa, arti e professioni prevalentemente nei confronti anche di uno dei datori dei 2 anni precedenti o in ogni caso nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente agli stessi riconducibili.

Disciplina riporto delle perdite soggetti Irpef (art. 7)
L’articolo 7 riconosce ai soggetti IRPEF, a prescindere dal tipo di contabilità adottato, la possibilità di riporto in avanti illimitato delle perdite nell’ambito della determinazione del reddito d’impresa.
Per prima cosa, l’articolo consente alle imprese in contabilità semplificata lo scomputo delle perdite esclusivamente dai redditi d’impresa e non anche dagli altri redditi (di categoria diversa) che concorrono alla formazione del reddito complessivo. Pertanto, dovranno essere scomputate le eventuali eccedenze dai redditi della medesima categoria conseguiti nei periodi d’imposta successivi.
Inoltre, è consentito alle imprese soggette all’IRPEF (nonché per gli altri soggetti Irpef che svolgono attività d’impresa) di riportare le perdite senza limiti di tempo, ma in misura non superiore all’80% del reddito imponibile di ciascuno di essi, per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare.
Quanto ai soggetti in contabilità semplificata, nel primo anno di applicazione del nuovo principio di cassa , il reddito del periodo di imposta in cui si applica il regime semplificato, in base al nuovo criterio, deve essere ridotto dell’importo delle rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente secondo il principio della competenza.
Le nuove disposizioni si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017.
In considerazione dell’impatto notevole sul gettito derivante dal costo del magazzino è previsto per i soggetti in contabilità semplificata un regime transitorio di utilizzo delle perdite fino a concorrenza del 40% e 60% dei medesimi redditi per i primi due periodi d’imposta di applicazione del regime di possibile utilizzo delle perdite pregresse (2019 e 2020).
Inoltre, l’articolo termina chiarendo che per le perdite maturate nel 2017 e non utilizzate in compensazione di altri redditi nello stesso periodo 2017 (secondo le regole dettate dal regime vigente fino al 2017), la possibilità di recupero è effettuata, per i primi tre anni, nei limiti di determinate percentuali dei medesimi redditi maturati nei periodi d’imposta 2018, 2019 e 2020.
In base alla disciplina transitoria sopra richiamata, in sostanza, l’utilizzo delle perdite del 2017, 2018 e 2019 avviene entro percentuali di reddito (40% dei redditi maturati nel 2018 e 2019 e 60% del reddito maturato nel 2020) inferiori alla misura ordinaria dell’80% che opererà solo a decorrere dai redditi maturati per il periodo d’imposta 2021.

Tassazione agevolata utili reinvestiti per l’acquisizione di beni materiali strumentali e per l’incremento dell’occupazione (art. 8)
Dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, il reddito complessivo netto dichiarato dalle società e dagli enti può essere assoggettato all’aliquota del 15% per la parte corrispondente agli utili del periodo d’imposta precedente, conseguiti nell’esercizio di attività commerciali, accantonati a riserve diverse da quelle non disponibili, nei limiti dell’importo corrispondente alla somma:
• Degli investimenti effettuati in beni strumentali materiali nuovi (di cui all’articolo 102 TUIR)
• Del costo del personale dipendente assunto con contratto a tempo determinato o indeterminato.
Ai fini del computo rilevano gli utili realizzati a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018 e accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili, al netto delle riduzioni del patrimonio netto con attribuzione a qualsiasi titolo ai soci o partecipanti.
Sono esclusi gli investimenti in immobili e in veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta.
I datori di lavoro possono usufruire dell’aliquota ridotta solo se rispettano, anche con riferimento alle unità lavorative che non danno diritto all’agevolazione
• le prescrizioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro
• le norme in materia di salute e sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni.
Ai fini di cui sopra per ciascun periodo d’imposta, alternativamente:
• la parte degli utili accantonati a riserva e dell’importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale che eccede l’ammontare del reddito complessivo netto dichiarato è computata in aumento, rispettivamente, degli utili accantonati a riserva e dell’importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale dell’esercizio successivo;
• la parte degli utili accantonati a riserva che eccede l’importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale è computata in aumento degli utili accantonati a riserva dell’esercizio successivo;
• la parte dell’importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale che eccede gli utili accantonati a riserva è computata in aumento dell’importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale dell’esercizio successivo.
Le disposizioni del presente articolo sono applicabili, anche ai fini dell’IRPEF, al reddito d’impresa dichiarato dagli imprenditori individuali e dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria; se i predetti soggetti operano in regime di contabilità semplificata, le disposizioni stesse si applicano a condizione che le scritture contabili siano integrate con apposito prospetto da cui risultino la destinazione a riserva dell’utile di esercizio e le vicende della riserva. L’imposta sul reddito delle persone fisiche è determinata applicando alla quota parte del reddito complessivo attribuibile al reddito d’impresa le aliquote ridotte di nove punti percentuali a partire da quella più elevata.

Cedolare secca immobili commerciali (art. 9)

Una delle novità è rappresentata dall’estensione del regime della cedolare secca anche per le locazioni degli immobili commerciali. In particolare, l’articolo 9 estende la possibilità di usufruire anche per gli immobili commerciali del regime agevolato della cedolare secca al 21% rispetto al regime ordinario secondo il quale il reddito fondiario concorre ai fini dell’IRPEF.
In generale, i contratti di locazioni di immobili commerciali per essere agevolabili devono soddisfare i seguenti requisiti:
• essere stipulati nell’anno 2019
• con oggetto unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1,
• superficie fino a 600 mq, escluse le pertinenze e relative pertinenze locate congiuntamente.
Attenzione però al primo requisito, per esplicita previsione infatti la norma non si applica ai contratti stipulati si nel 2019 ma per i quali al 15 ottobre 2018 sia in essere un contratto non scaduto tra gli stessi contraenti sullo stesso immobile, per il quale si interrompe la naturale scadenza per usufruire del regime agevolativo.

Proroga iper ammortamento, super ammortamento fino al 31.12.2018 (art. 10)
In base al testo del DDL di bilancio 2019:
• non è prevista la proroga del super ammortamento;
• è prevista la proroga dell’iper ammortamento con alcune modifiche rispetto alla normativa attuale.
Si ricorda che il super ammortamento, prevede per le imprese e i lavoratori autonomi, la possibilità di maggiorazione del 40% del costo di acquisizione di certi beni, nuovi e strumentali, solo ai fini della determinazione delle quote di ammortamento/canoni di leasing.
Per quanto riguarda, invece, l’iper ammortamento, nel testo del DDL di Bilancio 2019 è stabilita la proroga, anche se con alcune modifiche rispetto alla disciplina attuale. Si ricorda che l’iper-ammortamento, previsto per le sole imprese (escluse quelle che determinano il reddito in misura forfetaria), prevede la maggiorazione del 150% del costo di acquisizione di beni strumentali nuovi finalizzati a favorire processi di trasformazione tecnologica/digitale, specificatamente rientranti nell’allegato A della Legge di Bilancio 2017.
In base al DDL di bilancio 2019, l’iper ammortamento si applicherà anche per gli investimenti effettuati entro:
• il 31 dicembre 2019;
• il 31 dicembre 2020 a condizione che entro la data del 31 dicembre 2019 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione.
La maggiorazione del costo di acquisizione degli investimenti si applicherebbe, però, con diverse misure:
• 150% fino a 2,5 milioni di €;
• 100% compresi tra 2,5 e 10 milioni di €;
• 50% compresi tra 10 e 20 milioni di €.
La maggiorazione, inoltre, non si applicherebbe:
• sulla parte di investimenti complessivi eccedenti il limite di 20 milioni di euro;
• agli investimenti che beneficiano della precedente versione dell’iper-ammortamento (art. 1 comma 30 L. 205/2017).
Per gli investimenti effettuati in beni immateriali strumentali rientranti nella categoria di particolari software (allegato B della legge 232/2016), è prevista la proroga del super ammortamento nella misura del 40% per il 2019. Anche per questi beni, la misura trova applicazione per gli investimenti consegnati entro il 31 dicembre 2020, a condizione che i suddetti investimenti si riferiscano a ordini accettati dal fornitore entro la data del 31 dicembre 2019 e che entro la medesima data sia avvenuto il pagamento di acconti in misura pari ad almeno il 20%.

Proroga detrazioni sulla casa (art. 11)
Il DDL di Bilancio 2019 prevede la conferma, anche per il 2019, delle detrazioni sulla casa: bonus ristrutturazioni al 50%, ecobonus con il doppio binario del 50% e 65%, bonus mobili al 50%.
Il bonus ristrutturazioni (art. 16 comma 1 D.l. 63/2013) viene confermato per tutto il 2019 con la detrazione al 50% su un importo massimo di 96.000 Euro, da suddividere in dieci quote annuali.
La detrazione per gli interventi di risparmio energetico (art. 14 commi 1, 2 e 2-bis del D.l. 63/2013) continuerà per tutto il 2019, con lo sconto base del 65% per la “generalità” degli interventi di riqualificazione energetica compresi anche:
• la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione, se l’efficienza risulta almeno pari alla classe A di prodotto e l’intervento prevede anche la contestuale installazione di sistemi di termoregolazione evoluti di cui alle classi V, VI o VIII della Comunicazione della Commissione 2014/C 207/02;
• la sostituzione dell’impianto di climatizzazione invernale con impianti dotati di apparecchi ibridi, costituiti da pompa di calore integrata con caldaia a condensazione, assemblati in fabbrica ed espressamente concepiti dal fabbricante per funzionare in abbinamento tra loro;
• l’acquisto e posa in opera di generatori d’aria calda a condensazione;
• l’acquisto e posa in opera di micro-cogeneratori in sostituzione di impianti esistenti.
Prevista anche la proroga della detrazione al 50% per le altre tipologie di interventi di risparmio energetico che, allo stato attuale, dopo le modifiche apportate dalla Legge di bilancio 2018, riguardano:
• acquisto e posa in opera di finestre comprensive di infissi,
• acquisto e posa in opera di schermature solari,
• acquisto e posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili,
• sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione con efficienza almeno pari alla classe A di prodotto ex Regolamento UE n.811/2013.
Le rate sono da suddividere sempre nell’arco di dieci anni.
Prevista la proroga di un anno anche per il bonus mobili legato agli interventi di ristrutturazione (art. 16 comma 2 D.l. 63/2013), per il quale è prevista la detrazione al 50% su un ammontare massimo di spesa pari a € 10.000, computata indipendentemente dall’importo delle spese sostenute per i lavori di recupero del patrimonio edilizio. Per poter fruire della detrazione, relativamente alle spese sostenute nel 2019, è necessario che i lavori di recupero edilizio siano iniziati a decorrere dall’1.1.2018.
Si ricorda che il bonus è previsto a favore dei soggetti che sostengono spese per l’acquisto di mobili / grandi elettrodomestici rientranti nella categoria A+ (A per i forni) finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di interventi di recupero del patrimonio edilizio, per il quale si fruisce della relativa detrazione.

Proroga bonus verde (art. 12)
Il DDL di Bilancio 2019 proroga di un anno anche il bonus verde al 36% (art. 1 comma 12 L. 205/2017), inaugurato con la Legge di Bilancio 2018 e legato agli interventi di cura, ristrutturazione e irrigazione del verde privato. Si tratta di una detrazione prevista per le spese sostenute dai contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l’immobile sul quale sono effettuati gli interventi relativi alla:
• “sistemazione a verde” di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi;
• realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili.
La detrazione è ripartita in 10 quote annuali, con un tetto massimo di spesa di 5.000 euro per unità immobiliare ad uso abitativo.
Si ricorda che l’agevolazione spetta anche per le spese sostenute per interventi effettuati sulle parti comuni esterne degli edifici condominiali fino a un importo massimo complessivo di 5.000 euro per unità immobiliare ad uso abitativo. In tale caso la detrazione spetta al singolo condomino nel limite della quota a lui imputabile, a condizione che la quota di spesa sia stata effettivamente versata al condominio entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Modifiche al credito d’imposta Ricerca e Sviluppo (art. 13)
L’articolo in esame opera una risistemazione della disciplina del credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo. In particolare, viene disposta:
• l’estensione dell’ambito temporale di applicazione della misura,
• la riduzione dell’ammontare massimo del beneficio attribuibile in ciascun periodo d’imposta,
• la rimodulazione delle intensità del beneficio in ragione della tipologia delle spese ammissibili. In particolare, la percentuale del 50% viene mantenuta, nel caso di attività di ricerca e sviluppo organizzate internamente all’impresa, solo per le spese del personale titolare di un rapporto di lavoro subordinato direttamente impiegato in tali attività di ricerca e, nel caso di attività di ricerca e sviluppo commissionate a terzi, solo per i contratti stipulati con Università, enti e organismi di ricerca nonché con startup e PMI innovative indipendenti.
• l’inclusione tra le spese ammissibili del costo dei materiali necessari per lo svolgimento delle attività di laboratorio o per la realizzazione dei prototipi o degli impianti pilota di ricerca e sviluppo sperimentale.
• obbligo della certificazione contabile delle spese subordinando, già a partire dal periodo d’imposta 2018, l’utilizzo in compensazione del credito maturato all’avvenuta certificazione delle spese rilevanti agli effetti del meccanismo di calcolo del beneficio.
• obbligo di predisporre una relazione tecnica illustrativa dei progetti di ricerca e sviluppo intrapresi, del loro avanzamento e di tutte le altre informazioni rilevanti per l’individuazione dei lavori ammissibili al credito d’imposta.
Tutte queste modifiche comportano l’introduzione di un nuovo criterio di calcolo del beneficio spettante. Il criterio non interferisce con la formazione del parametro storico (media del triennio 2012-2014), ma a partire dal periodo d’imposta 2019, tenuto conto dell’inclusione tra le voci rilevanti anche alle spese per i materiali, il parametro storico andrà conseguentemente ricalcolato aggiungendo i costi della specie sostenuti nel triennio 2012-2014.

Canone RAI 90 Euro a regime (art. 14)
Il DDL di Bilancio prevede la proroga della misura del Canone RAI pari a 90 Euro anche per gli anni successivi al 2018, e proroga altresì l’esenzione per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni con un reddito fino a 8.000 Euro.

Sport bonus (art. 47)
L’articolo 47 del DDL di bilancio 2019 prevede che per le erogazioni liberali in denaro effettuate da privati nel corso dell’anno solare 2019 per interventi di
• manutenzione e restauro di impianti sportivi pubblici
• realizzazione di nuove strutture
spetta un credito d’imposta pari al 65% delle erogazioni effettuate anche nel caso in cui le stesse siano destinate a soggetti concessionari o affidatari degli impianti medesimi.
I soggetti che effettuano tali erogazioni in denaro non possono cumulare il credito d’imposta con altra agevolazione fiscale prevista da altre disposizioni di legge a fronte delle medesime erogazioni.
Il credito è riconosciuto
• alle persone fisiche e agli enti non commerciali nei limiti del 20% del reddito imponibile
• ai soggetti titolari di reddito d’impresa nei limiti del 10 per mille dei ricavi annui ed è ripartito in 3 quote annuali di pari importo. Per tali soggetti il credito d’imposta è utilizzabile tramite compensazione e non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP.
In generale, i soggetti beneficiari delle erogazioni liberali devono
• comunicare all’Ufficio per lo Sport presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri l’ammontare delle somme ricevute e la loro destinazione, dandone pubblicità con mezzi informatici
• comunicare altresì all’Ufficio per lo Sport presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri lo stato di avanzamento dei lavori, rendicontando l’utilizzo delle somme erogate entro il 30 giugno di ogni anno successivo a quello di erogazione e fino all’ultimazione dei lavori di manutenzione, restauro e realizzazione di nuove strutture.

Aumento prelievo su apparecchi da divertimento (art. 80)
Il DDL di Bilancio 2019 incrementa le misure del PREU – prelievo erariale unico- (previste dall’art. 9 comma 6 del D.l. 87/2018), dello 0,50 a partire dal 1° gennaio 2019 sugli apparecchi:
• AWP, apparecchi elettronici che erogano vincite in denaro, si compongono di una cabinet e di una scheda gioco;
• VLT, nuove apparecchiature che a differenza delle AWP consistono in veri e propri terminali connessi ad un sistema di gioco centrale, privi di scheda di gioco al loro interno.

Proroga rivalutazioni terreni e partecipazioni (art. 81)
Il DDL di Bilancio 2019 prevede anche per il 2019 la rivalutazione dei terreni e delle partecipazioni.
Si tratta di una disposizione, introdotta per la prima volta dalla Legge n. 448/2001 (articoli 5 e 7), e poi riproposta di anno in anno, che consente di rideterminare il costo di acquisto di:
• terreni edificabili e terreni con destinazione agricola;
• partecipazioni in società non quotate;
posseduti ad una determinata data.
Il valore rideterminato può essere contrapposto al corrispettivo della cessione a titolo oneroso al posto dell’originario costo o valore di acquisto; in questo modo aumenterà il valore fiscalmente riconosciuto di tali beni, riducendo così l’eventuale plusvalenza ai fini Irpef in caso di successiva cessione.
Ora, in base al DDL di bilancio 2019, è prevista una nuova rivalutazione che prevede:
• al 1° gennaio 2019 la data in cui deve essere verificato il possesso dei beni per la rideterminazione del loro costo o valore di acquisto;
• al 30 giugno 2019 la data entro cui deve essere redatta la perizia e deve essere effettuato il versamento dell’imposta sostitutiva, in modo da “perfezionare” la rivalutazione. L’aliquota dell’imposta sostitutiva resta pari all’8% sia per i terreni, sia per le partecipazioni, e indipendentemente dal fatto che si tratti di partecipazioni qualificate o non.
Si ricorda che possono fruire della rivalutazione i contribuenti che, in caso di cessione, realizzerebbero potenzialmente un reddito diverso di cui agli artt. 67 del Tuir, quindi, al di fuori del regime di impresa: persone fisiche, società semplici ed equiparate, enti non commerciali per l’attività non in regime d’impresa, soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia.

Abrogazione IRI (art. 82)

Il DDL di Bilancio 2019 abroga, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2017 (in genere quindi dal 2018), il regime IRI introdotto dalla Legge di Bilancio 2017 (art. 1, commi 547-548 della Legge 232/2016), ma entrato in vigore l’anno successivo in quanto la Legge di Bilancio 2018 (art. 1 comma 1063 L. 205 del 27.12.2017) ne ha posticipato l’ingresso al 1° gennaio 2018. L’abrogazione, in deroga alle regole previste dallo Statuto dei diritti del contribuente, ha effetto fin dall’origine.

Ammortamento valore avviamento (art. 87)
Il DDL di Bilancio 2019 prevede la deducibilità in un arco temporale di 11 anni, dal periodo d’imposta 2019 al 2029, con differenti percentuali, delle quote pregresse relative al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali che hanno dato luogo all’iscrizione di attività per imposte anticipate (art. 2 commi 55, 56-bis.1 e 56-ter D.l. 225/2010), e non ancora dedotte nel periodo d’imposta 2018.

Abrogazione ACE (art. 88)
Il DDL di Bilancio 2019 prevede l’abrogazione dal 2019 delle disposizioni in materia di ACE (aiuto alla crescita economica). Resta ferma la deducibilità dell’importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018.

Allegati:
Bozza del DDL Legge di Bilancio 2019 presentata alla Camera il 31.10.2018
Relazione Tecnica del DDL Legge di Bilancio 2019 del 31.10.2018

Pace fiscale: quadro di sintesi delle novità

pace fiscale 2019

Il Decreto fiscale è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 119 del 23.10.2018 e le sue disposizioni sono entrate in vigore a far data dal 24.10.2018 scorso. Tra le novità previste suscitano sicuramente molto interesse le diverse sanatorie, alcune delle quali hanno come data di spartiacque per il loro accesso proprio il 24.10.2018. Considerata l’elevata importanza di tali disposizioni e il loro impatto fiscale nell’immediato futuro, si ritiene utile un pratico riepilogo.

Definizione agevolate
1) Definizione agevolata dei processi verbali di constatazione (PVC) – ART. 1
I contribuenti possono regolarizzare gli importi che derivano dai processi verbali di constatazione (PVC), consegnati entro il 24.10.2018 (data di entrata in vigore del decreto fiscale) in materia di: imposte sui redditi e relative addizionali; contributi previdenziali; ritenute; imposte sostitutive; Irap; Ivie e Ivafe; Iva; Presentando la relativa dichiarazione integrativa entro il 31.05.2019, secondo modalità che saranno stabilite con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate. Sarà possibile regolarizzare solo le posizioni per le quali, alla data del 24.10.2018, non sia stato ancora notificato un avviso di accertamento o ricevuto un invito al contraddittorio. Le imposte che risulteranno dalla dichiarazione integrativa presentata dovranno essere versate entro il 31.05.2019 senza applicazione di sanzioni e interessi. E’ esclusa la possibilità di compensazione. Il contribuente, inoltre, non potrà utilizzare ulteriori perdite pregresse, rispetto a quelle già indicate nella dichiarazione presentata nei termini, per abbattere i maggiori imponibili risultanti dalla definizione del verbale. La definizione si considererà perfezionata con la presentazione della dichiarazione entro il 31.05.2019 e il versamento, sempre entro la stessa data, delle imposte dovute, in un’unica soluzione o come prima rata. Sarà possibile, infatti, rateizzare l’importo dovuto in un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo.
2) Definizione agevolata di avvisi di accertamento, di rettifica, di liquidazione e atti di recupero – ART. 2
Tali atti, notificati entro il 24.10.2018 (data di entrata in vigore del Decreto fiscale), non impugnati e ancora impugnabili entro la stessa data, potranno essere definiti con il pagamento delle somme dovute per le sole imposte, senza sanzioni né interessi. Il versamento dovrà avvenire entro il 23.11.2018 (30 giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto fiscale), oppure se più ampio entro il termine di proposizione del ricorso, in un’unica soluzione o come prima rata. Sarà possibile rateizzare l’importo dovuto in un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo. La definizione agevolata si applica anche: agli inviti a comparire: entro il 23.11.2018 potranno essere definiti gli inviti a comparire notificati entro il 24.10.2018, con il versamento delle maggiori somme indicate in tali inviti; agli accertamenti con adesione sottoscritti entro il 24.10.2018, non ancora perfezionati. I contribuenti potranno allora versare entro il 13.11.2018 (entro 20 giorni dall’entrata in vigore del decreto fiscale) le maggiori imposte definite negli accertamenti con adesione ai fini delle imposte sui redditi, dell’IVA, e delle imposte indirette.
3) Definizione agevolata imposte consumo di sigarette elettroniche –ART. 8
E’ possibile definire in misura agevolata i debiti tributari relativi all’imposta sul consumo (dovuta ai sensi dell’art. 62-quater commi 1 e 1-bis del D.lgs. 504/1995), maturati fino al 31.12.2018, per i quali non sia ancora intervenuta sentenza passata in giudicato. Ai fini della definizione dovrà essere presentata all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli apposita istanza entro il 30.04.2019, secondo la modulistica che sarà pubblicata dall’Agenzia stessa entro il 28.02.2019. Entro 120 giorni dalla ricezione della domanda da parte dell’Agenzia, questa comunicherà al soggetto interessato gli importi da versare ai fini della definizione, pari al 5% del dovuto, senza sanzioni né interessi. Il pagamento dovrà avvenire entro 60 giorni dalla comunicazione dell’Agenzia, in unica soluzione o come prima rata. La rateazione potrà avvenire per un massimo di 120 rate mensili, previa presentazione di una garanzia, a copertura di sei mensilità. Il mancato pagamento di sei rate, anche non consecutive, determina la decadenza dal benficio del pagamento rateale e l’obbligo di pagamento delle somme residue entro 60 giorni dalla scadenza dell’ultima rata non pagata.

Rottamazione ter
4) Definizione agevolata dei carichi affidati all’Agente della Riscossione (c.d. rottamazione-ter) ART. 3
I debiti risultanti dai carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017, potranno essere estinti senza sanzioni né interessi purché il contribuenti: manifesti tale volontà di definizione presentando apposita istanza entro il 30.04.2019, secondo la modulistica che l’agente della riscossione renderà disponibile sul proprio sito internet entro il 13.11.2018 (20 giorni dall’entrata in vigore del decreto fiscale); versi l’importo dovuto (che sarà comunicato dall’Agente della riscossione entro il 30.06.2019) entro il 31.07.2019. Il versamento potrà avvenire in un’unica soluzione o in un numero massimo di 10 rate consecutive di pari importo, con scadenza il 31.7 e il 30.11 di ciascun anno dal 2019. In caso di pagamento rateale sono dovuti, dal 1° agosto 2019, gli interessi al tasso del 2% annuo. Ai fini del pagamento potranno essere utilizzati in compensazione i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, per somministrazioni, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della Pubblica Amministrazione. In caso di omesso o insufficiente o tardivo versamento di una sola rata, la definizione è inefficace e i versamenti effettuati saranno considerati acconti delle somme complessivamente dovute a seguito dell’iscrizione a ruolo. L’agente, pertanto, procederà al recupero coattivo del debito residuo. Le somme eventualmente già versate, che si riferiscono a debiti definibili attraverso la procedura agevolata, si intendono acquisite e non sono pertanto rimborsabili.
La rottamazione-ter potrà essere utilizzata anche da coloro che sono decaduti dalla precedenti rottamazioni.
Per quanto riguarda la rottamazione-bis (D.l. 148/2017) coloro che pagheranno, entro il 7.12.2018, le rate (non pagate) scadenti a luglio, settembre e ottobre 2018, potranno usufruire, per il debito residuo, della dilazione di pagamento in 10 rate consecutive di pari importo, con scadenza 31/7 e 30/11 di ciascun anno, a decorrere dal 2019. Su tali rate saranno dovuti gli interessi dello 0,3% annuo a partire dal 1° agosto 2019;
Per quanto riguarda la prima rottamazione (D.l. 193/2016), potranno accedere automaticamente alla rottamazione –ter sia i contribuenti che: sono in generale decaduti dalla prima rottamazione; essendosi visti rigettare l’istanza di adesione alla prima rottamazione, per non aver pagato tutte le rate scadute a fine 2016, hanno presentato domanda di accesso alla rottamazione-bis, ma non vi hanno potuto accedere in quanto poi – entro lo scorso luglio- non hanno pagato in un’unica soluzione le rate scadute a fine 2016.

Stralcio dei debiti fino a mille Euro
5) Stralcio dei debiti fino a mille Euro – ART. 4
I debiti risultanti dai carichi affidati all’Agente della riscossione dal 01.01.2000 al 31.12.2010, di valore residuo fino a mille Euro (comprensivo di capitale, interessi e sanzioni) alla data del 24.10.2018 (di entrata in vigore del Decreto fiscale), saranno automaticamente annullati. L’annullamento sarà effettuato alla data del 31.12.2018.

Liti pendenti
6) Definizione agevolata liti pendenti – ART. 6
Le controversie con le Entrate che, alla data del 24.10.2018 (entrata in vigore del Decreto fiscale) risultano pendenti in ogni stato o grado di giudizio, potranno essere definite pagando un importo pari al valore della lite (per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate). In caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, depositata alla data di entrata in vigore del Decreto fiscale, è previsto uno sconto in quanto il pagamento potrà avvenire nella misura del: 50% del valore della lite, in caso di soccombenza nella pronuncia di 1° grado; 20% del valore della lite, in caso di soccombenza nella pronuncia di 2° grado.
La definizione si intende perfezionata con la presentazione della domanda entro il 31.05.2019, e con il versamento- entro la stessa data- degli importi dovuti, comune unica soluzione o prima rata. E’ ammesso il pagamento rateale per gli importi dovuti che superano i mille Euro, in un massimo di 20 rate trimestrali, scadenti (per quelle successive alla prima) il 31/8, 30/11, 28/02 e 31/05 di ciascun anno a partire dal 2019.

Dichiarazione integrativa speciale
7) Dichiarazione integrativa speciale – ART.9
I contribuenti potranno correggere errori o omissioni delle dichiarazioni presentate entro il 31.12.2017 ai fini: delle imposte dirette e relative addizionali; delle imposte sostitutive delle imposte sui redditi; delle ritenute; dei contributi previdenziali; dell’ Irap; dell’ Iva.
L’integrazione degli imponibili avverrà presentando una dichiarazione integrativa speciale entro il 31.05.2019, e versando gli importi dovuti.
L’integrazione sarà possibile entro il limite di 100mila Euro di imponibile annuo, e purché non superi di oltre il 30% quello già dichiarato. Sul maggiore imponibile si applicheranno, per ciascun periodo d’imposta: un’imposta sostitutiva del 20%; un’aliquota media per l’IVA risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili e il volume d’affari dichiarato. Nei casi in cui sia impossibile determinare l’aliquota media si potrà applicare l’aliquota ordinaria.
Le somme dovute dovranno essere versate, senza possibilità di compensazione, entro il 31.07.2019 in un’unica soluzione. In alternativa sarà possibile il pagamento rateale in 10 rate semestrali di pari importo, in tal caso la prima rata dovrà essere versata entro il 30.09.2019.
La dichiarazione integrativa speciale non può essere presentata se il contribuente: non ha presentato anche solo una delle dichiarazioni cui era tenuto per i periodi d’imposta dal 2013 al 2016; presenta la dichiarazione integrativa dopo aver avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche, o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazioni di norme tributarie, relativi all’ambito di applicazione di tale procedura agevolata.
8) Regolarizzazione associazioni sportive dilettantistiche – ART. 7
Le società e le associazioni sportive dilettantistiche inscritte nel registro del CONI possono avvalersi della dichiarazione integrativa speciale (sopra descritta) per tutte le imposte dovute e per ciascun anno d’imposta nel limite di 30.000 Euro di imponibile annuo. La regolarizzazione è preclusa se l’ammontare delle imposte accertate o contestate, relativamente a ciascun periodo d’imposta, è superiore a 30mila Euro per ciascuna imposta accertata o contestata. In tali casi sarà comunque possibile avvalersi delle definizioni agevolate degli atti di accertamento e delle liti pendenti.

Q&A: L’accertamento sintetico dopo il decreto dignità

redditometro

Il D.L. 87/2018 – c.d. Decreto Dignità – poi convertito in L. 96/2018 ha introdotto disposizioni finalizzate a modificare l’accertamento sintetico del reddito complessivo (c.d. redditometro), introducendo il parere dell’Istat e delle associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori per l’individuazione di nuovi elementi di capacità contributiva. Inoltre ha disposto la soppressione – per gli anni d’imposta dal 2016 in poi – del decreto ministeriale del 16.09.2015 che individua il contenuto induttivo degli elementi indicativi della capacità contributiva in base al quale può essere fondata la determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche.
Nonostante le modifiche apportate l’impianto del redditometro resta in vigore in quanto la modifica è diretta alla sola revisione degli aspetti attinenti al metodo di ricostruzione induttiva del reddito in relazione alla capacità di spesa e propensione al risparmio del contribuente.

INDICE DELLE DOMANDE

1. Cos’è l’accertamento sintetico?
2. Esiste una soglia minima di scostamento perché possa essere emesso l’accertamento sintetico?
3. Come può difendersi il contribuente dall’accertamento sintetico?
4. Quale iter deve seguire l’amministrazione finanziaria per emettere l’avviso di accertamento?
5. Quali sono gli elementi di spesa indicativi di una certa capacità contributiva, utilizzati per il redditometro?
6. Come avviene la determinazione del reddito?
7. Qual è la novità introdotta dal Decreto Dignità in materia di redditometro?

DOMANDE E RISPOSTE

D.1 COS’È L’ACCERTAMENTO SINTETICO?
R.1 L’accertamento sintetico (art. 38 commi 4-8 DPR 600/73) è una modalità di accertamento applicabile solo alle persone fisiche e alle imposte sui redditi, alternativo all’accertamento analitico, e utilizzabile anche in assenza di dichiarazione dei redditi.
Mediante l’accertamento sintetico l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate accerta un maggior reddito al contribuente sulla base del sostenimento di determinate spese, o sull’utilizzo di alcuni beni, che fanno presumere una certa capacità reddituale.
L’accertamento sintetico si suddivide in:
• puro, basato sull’effettivo sostenimento di determinate spese;
• redditometro, basato sugli indici di capacità contributiva, individuati con apposito decreto ministeriale.
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D.2 ESISTE UNA SOGLIA MINIMA DI SCOSTAMENTO PERCHÉ POSSA ESSERE EMESSO L’ACCERTAMENTO SINTETICO?
R.2 Sì, perché sia emesso l’accertamento sintetico è necessario che l’Agenzia delle Entrate accerti un reddito superiore almeno ad 1/5 rispetto a quello dichiarato dal contribuente. Se il contribuente è soggetto agli studi di settore, ed è sia congruo sia coerente, lo scostamento diventa di 1/3, quindi più favorevole per il contribuente.
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D.3 COME PUÒ DIFENDERSI IL CONTRIBUENTE DALL’ACCERTAMENTO SINTETICO?
R.3 Il contribuente, in caso di recapito di un avviso di accertamento sintetico, può difendersi dimostrando prova contraria, ossia che le spese sostenute nel periodo d’imposta “incriminato” sono state finanziate con altri redditi:
• redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta;
• redditi esenti;
• redditi soggetti a ritenuta a titolo d’imposta;
• redditi legalmente esclusi dalla base imponibile.
Il contribuente può anche dimostrare che l’entità della spesa è diversa, o che questa è stata sostenuta da altri soggetti.
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D.4 QUALE ITER DEVE SEGUIRE L’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA PER METTERE L’AVVISO DI ACCERTAMENTO?
R.4 L’amministrazione finanziaria deve:
• invitare il contribuente a comparire (di persona o tramite rappresentante) per fornire tutte le informazioni utili all’accertamento;
• avviare il procedimento di accertamento con adesione (art. 5 D.lgs. 218/1997) con invito di comparizione.
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D.5 QUALI SONO GLI ELEMENTI DI SPESA INDICATIVI DI UNA CERTA CAPACITÀ CONTRIBUTIVA, UTILIZZATI PER IL REDDITOMETRO?
R.5 Gli elementi di spesa presi a riferimento dall’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate ai fini del redditometro sono aggiornati periodicamente con apposito Decreto ministeriale, l’ultimo è quello del 16 settembre 2015, diretto a disciplinare l’accertamento sintetico del reddito delle persone fisiche per gli anni a decorrere dal 2011, che comprende :
• i consumi di generi alimentari, bevande, abbigliamento e calzature;
• l’abitazione, mutuo, canone di locazione, fitto figurativo, canone di leasing, acqua e condominio, manutenzione ordinaria, compensi agenti immobiliari;
• combustibili ed energia (energia, gas, riscaldamento);
• mobili, elettrodomestici e servizi per la casa;
• sanità;
• trasporti (assicurazione, bollo, pezzi di ricambio, abbonamenti);
• comunicazioni (apparecchi di telefonia, spese telefono);
• istruzione (libri, tasse, rette scolastiche);
• tempo libero ,cultura e giochi (giochi, televisione, hi-fi, computer, abbonamenti pay-tv, attività sportive, giochi on-line, animali domestici);
• altri beni e servizi (assicurazioni, parrucchiere ed istituti di bellezza, contributi previdenziali obbligatori, centri benessere, gioielleria, onorari liberi professionisti, alberghi/pensioni e viaggi organizzati);
• investimenti per: immobili (al netto del mutuo); beni mobili registrati come autoveicoli, al netto del finanziamento; polizze assicurative; contributi previdenziali volontari; azioni, obbligazioni, conferimenti, finanziamenti, capitalizzazioni, quote di partecipazioni, fondi di investimento, derivati ecc…; oggetti d’arte e antiquariato; manutenzione straordinaria unità abitative; donazioni ed erogazioni liberali; altro.
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D.6 COME AVVIENE LA DETERMINAZIONE DEL REDDITO?
R.6 L’Agenzia delle Entrate determina il reddito sommando:
• ammontare delle spese, anche diverse da quelle di cui alla Tabella A del D.M. 16/09/2015 che, sulla base di dati e informazioni presenti in Anagrafe tributaria, risultano sostenute dal contribuente;
• ammontare di ulteriori spese riferite ai beni e servizi, indicati nella tabella A, determinato considerando la spesa risultante da analisi e studi socio economici;
• quota relativa agli incrementi patrimoniali del contribuente imputabile al periodo d’imposta, determinata con le modalità indicate nella tabella A;
• quota di risparmio riscontrata, formatasi nell’anno e non utilizzata per consumi ed investimenti.
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D.7 QUAL È LA NOVITÀ INTRODOTTA CON IL DECRETO DIGNITÀ IN MATERIA DI REDDITOMETRO?
R.7 L’art. 10 del D.l. 87/2018 (c.d. Decreto Dignità) vuole revisionare l’istituto del redditometro in chiave di contrasto all’economia sommersa. Il legislatore, in particolare, prevede che il Ministero dell’economia possa emanare il decreto che individua gli elementi indicativi di capacità contributiva, dopo aver sentito l’ISTAT e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori, per gli aspetti attinenti alla metodica di ricostruzione induttiva del reddito complessivo in base alla capacità di spesa ed alla propensione al risparmio dei contribuenti.
Inoltre è stata disposta l’abrogazione del D.M. 16/09/2015 (attuativo del redditometro per gli anni decorrenti dal 2011) le cui disposizioni cessano di avere efficacia per gli anni di imposta successivi a quello in corso al 31/12/2015. Quindi, l’abrogazione del citato decreto opera solo per gli anni d’imposta 2016 e seguenti.
La relazione illustrativa al decreto ha evidenziato che dal tenore della norma sembra dunque evincersi che per gli accertamenti successivi a quelli in corso al 31/12/2015 l’istituto del redditometro non trovi applicazione fino all’entrata in vigore del nuovo decreto attuativo.
Tuttavia, in ragione del mutato quadro normativo sono comunque fatti salvi gli inviti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento e agli altri atti previsti dal citato art. 38, co. 7, del medesimo DPR 600/1973 per gli anni di imposta fino al 31/12/2015.
Infine, viene stabilito che le nuove disposizioni del decreto dignità non si applica agli atti già notificati e non si fa luogo al rimborso delle somme già pagate.
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Decreto Dignità: ecco cosa cambia articolo per articolo

decreto dignità

Il Senato ha approvato il 7 agosto 2018 la conversione in legge del Decreto Dignità, (il testo è allegato in fondo all’articolo), già in vigore dal 14 luglio come decreto 87/2018 (primo provvedimento del Governo Conte in materia economica) con importanti modifiche.
Dalla delocalizzazione alle misure di contrasto al gioco d’azzardo, dalle semplificazioni fiscali all’abrogazione delle società sportive dilettantistiche lucrative, sono molte le novità presenti. Tra conferme, modifiche ed innovazioni ecco cosa è cambiato con la conversione in Legge del decreto 87/2018 “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese”.
In questo approfondimento, per brevità, non ci occuperemo delle importanti disposizioni riguardanti il mondo del lavoro.
Per approfondire gli aspetti toccati dal decreto in materia giuslavoristica clicca qui.

Limiti alla delocalizzazione delle imprese nel decreto dignità

Per prima cosa occorre chiarire che ai fini del decreto dignità per delocalizzazione si intende: “il trasferimento di attività economica o di sua parte dal sito produttivo incentivato ad altro sito da parte della medesima impresa beneficiaria dell’aiuto o di altra impresa con la quale vi sia rapporto di controllo o collegamento ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile”.
In linea generale, l’articolo 5 disciplina le sanzioni nel caso di delocalizzazione da parte dell’impresa beneficiaria di aiuti di Stato. Le sanzioni sono diverse in relazione alla fattispecie:
– per chi delocalizza l’attività nell’ambito UE o anche in Italia ma fuori dal sito incentivato, entro cinque anni dalla conclusione dell’iniziativa agevolata viene prevista la restituzione del beneficio con la maggiorazione del tasso di interesse di cinque punti
– per chi ha ricevuto aiuti e delocalizza in Paesi extra Ue, entro cinque anni dalla conclusione dell’iniziativa agevolata viene prevista una sanzione amministrativa da due a quattro volte l’importo fruito.
L’articolo 6 stabilisce che le imprese italiane ed estere operanti nel territorio nazionale che beneficiano di aiuti di Stato che prevedano la valutazione dell’impatto occupazionale qualora, riducano i livelli occupazionali degli addetti all’unità produttiva o all’attività interessata, decadano dal beneficio. In particolare, la decadenza, che comporta la revoca, totale o parziale, dei benefici concessi, è disposta qualora, ad esclusione dei casi riconducibili a giustificato motivo oggettivo , le imprese richiamate riducano i livelli occupazionali degli addetti all’unità produttiva o all’attività interessata dal beneficio nei 5 anni successivi alla data di completamento dell’investimento, rispettivamente in misura superiore al 50% nel qual caso la revoca è totale ed in misura superiore al 10% nel qual caso il beneficio viene ridotto in misura proporzionale alla riduzione del livello occupazionale.
L’articolo 7 subordina l’applicazione dell’iper-ammortamento fiscale alla condizione che il processo di trasformazione tecnologica e digitale delle imprese, su cui si fonda l’agevolazione, riguardi strutture produttive situate nel territorio nazionale, ivi incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti. Se nel corso del periodo di fruizione della maggiorazione del costo i beni agevolati vengono ceduti a titolo oneroso e siano destinati a strutture produttive situate all’estero, anche se appartenenti alla stessa impresa, si procederà al recupero dell’iper ammortamento. In particolare, il recupero del beneficio avviene attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile del periodo d’imposta in cui si verifica la cessione a titolo oneroso o la delocalizzazione dei beni agevolati per un importo pari alle maggiorazioni delle quote di ammortamento complessivamente dedotte nei precedenti periodi d’imposta, senza applicazione di sanzioni e interessi. Le disposizioni non si applicano agli interventi sostitutivi e nei casi in cui i beni agevolati siano per stessa natura destinati all’utilizzo in più sedi produttive, e pertanto possono essere oggetto di temporaneo utilizzo anche fuori del territorio dello Stato.
Infine, l’articolo 8 prevede che ai fini della disciplina del credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo non si considerano ammissibili i costi sostenuti per l’acquisto, anche in licenza d’uso, dei seguenti beni immateriali (di cui al comma 6, lett. d) art. 3 D.l. 145/2013): “competenze tecniche e privative industriali relative a un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, anche acquisite da fonti esterne” derivanti da operazioni intercorse con imprese appartenenti al medesimo gruppo.

Decreto dignità 2018: misure di contrasto a scommesse e giochi d’azzardo
La parte riguardante la lotta alla ludopatia e alle misure di contrasto alle scommesse con vincite in denaro e ai giochi di azzardo è stata piuttosto modificata nel corso della conversione in legge del decreto dignità. In particolare l’articolo 9 prevede il divieto dal 14 luglio 2018, di qualsiasi forma di pubblicità relativa ai giochi o scommesse con vincite in denaro, nonché al gioco d’azzardo comunque effettuata e su qualsiasi mezzo, incluse: manifestazioni sportive, culturali o artistiche; trasmissioni televisive o radiofoniche; stampa quotidiana e periodica; pubblicazioni in genere; affissioni; canali informatici digitali e telematici, compresi i social media.
Il divieto, dal 1° gennaio 2019, si applicherà anche alle sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni programmi, prodotti o servizi e a tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale la cui pubblicità, ai sensi del decreto in esame è appunto vietata. L’inosservanza di queste disposizioni prevede una sanzione pari al 20% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità, e in ogni caso non inferiore – per ogni violazione – ad un importo minimo di 50.000 Euro. Le nuove disposizioni non si applicano ai contratti di pubblicità in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del decreto dignità.
L’articolo 9-bis, introdotto in sede di conversione, disciplina le “formule di avvertimento” dei rischi a cui si va incontro con il gioco d’azzardo, in maniera analoga a quanto già attualmente in vigore con gli alert per il rischio connesso al fumo sui pacchetti di sigarette. Il decreto stabilisce che le formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica dei giochi con vincite in denaro siano applicate anche su alcuni apparecchi da intrattenimento(slot e video lottery) , nonché nelle aree e nei locali dove essi vengano installati.
L’articolo 9-quater, introdotto in sede di conversione, prevede particolari misure di tutela dei minori, prevedendo l’utilizzo della tessera sanitaria per l’accesso agli apparecchi da intrattenimento per il gioco lecito. Per tale motivo devono essere rimossi dagli esercizi, dal 1° gennaio 2020, gli apparecchi privi di meccanismi idonei ad impedire l’accesso ai minori. La violazione di quest’ultima norma è punita con una sanzione amministrativa di diecimila euro per ciascun apparecchio.
Infine l’articolo 9-quinquies disciplina il logo “no slot” ai titolari di pubblici esercizi o circoli privati che eliminano o si impegnano a non installare slot machine.

Semplificazioni fiscali nel decreto dignità 2018
L’articolo 10 riguardante il redditometro prevede che il decreto MEF deve essere emanato dopo aver sentito l’Istat e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori per gli aspetti riguardanti la metodica di ricostruzione induttiva del reddito complessivo in base alla capacità di spesa ed alla propensione al risparmio dei contribuenti. In attesa della nuova versione del decreto Mef, il decreto dignità abroga il decreto Mef del 16.09.2015 a partire dai controlli ancora da eseguire relativi al periodo d’imposta successivo al 31.12.2015 . Restano salvi, invece, eventuali inviti a fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento per gli anni d’imposta fino al 31.12.2015.
In merito allo spesometro, l’articolo 11 riguardante la comunicazione dei dati delle fatture, ha previsto che la comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute relativi al terzo trimestre 2018 non debba essere effettuata entro il mese di novembre 2018 ma entro il 28 febbraio 2019. In questo modo anche i soggetti che utilizzano lo spesometro trimestrale avranno (per gli ultimi due trimestri) la stessa scadenza di quelli che hanno optato per lo spesometro semestrale. Il comma 2-bis dell’articolo 11 prevede l’esonero dall’obbligo di annotazione nei registri IVA per i soggetti obbligati alla comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute.
Sempre in sede di conversione, sono stati inseriti all’articolo 11, i commi da 2-ter a 2-quinquies che eliminano lo spesometro per i produttori agricoli assoggettati a regime IVA agevolato.
L’articolo 11-bis introdotto in sede di conversione in Legge del DL 87/2018 rinvia al 1° gennaio 2019 la decorrenza dell’obbligo della fatturazione elettronica per la vendita di carburante a soggetti IVA presso gli impianti stradali di distribuzione, in modo da uniformarlo a quanto previsto dalla normativa generale sulla fatturazione elettronica tra privati. In pratica, l’articolo 11-bis riproduce il contenuto del decreto-legge n. 79 del 2018, abrogato dall’articolo 1 della Legge in commento, conservando tutti gli atti, i provvedimenti, gli effetti e i rapporti derivanti dalle norme introdotte con il medesimo decreto-legge.
L’articolo 12 prevede l’abolizione del meccanismo della scissione dei pagamenti (cd. split payment) per le prestazioni di servizi rese alle pubbliche amministrazioni i cui compensi siano assoggettati a ritenute alla fonte (in sostanza, i compensi dei professionisti).
Una delle novità inserite in sede di conversione in legge del DL, è rappresentata dal nuovo articolo 12-bis il quale estende anche al 2018 le norme che, con riferimento ai carichi affidati agli Agenti della riscossione entro il 31 dicembre 2017, consentono la compensazione delle cartelle esattoriali in favore delle imprese titolari di crediti di somministrazione, forniture, appalti e servizi anche professionali. Tali crediti devono essere: non prescritti, certi, liquidi esigibili maturati nei confronti della pubblica amministrazione e certificati secondo le modalità previste dalla normativa vigente.
L’articolo 13 del decreto dignità sopprime le norme introdotte dalla legge di bilancio 2018, in base alle quali le attività sportive dilettantistiche potevano essere esercitate anche da società sportive dilettantistiche con scopo di lucro ed usufruire di agevolazioni fiscali.

Allegati: Decreto dignità convertito in legge

Fattura Elettronica: i chiarimenti della Circolare AdE n. 13/2018

fattura elettronica

La Legge di Bilancio 2018 ha riformato notevolmente la disciplina della fatturazione elettronica. Infatti, è stata prevista la graduale estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica:
• a partire da luglio 2018 nel settore dei subappalti pubblici e delle cessioni di carburanti;
• dal 2019 per la generalità delle operazioni effettuate verso soggetti IVA o verso privati stabiliti in Italia.
In data 28 giugno 2018 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.L. n. 79 del 2018, entrato in vigore il giorno successivo. Tale norma, intervenendo sull’art. 1, commi 917, lettera a), e 927 della Legge n. 205 del 2017 (Legge di Bilancio 2018) ha:
• rinviato al 1° gennaio 2019 l’obbligo di emissione della fattura elettronica per le cessioni di carburante per autotrazione da parte degli esercenti gli impianti di distribuzione stradale;
• sino al 31 dicembre 2018, mantenuto per le medesime cessioni le modalità di documentazione precedentemente in essere, previste dal regolamento di cui al D.P.R. n. 444 del 1997 e dall’art. 12 del D.L. n. 457 del 1997.
L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 13/E del 2.07.2018 è intervenuta fornendo ulteriori chiarimenti in merito a queste operazioni, sotto forma di domande e risposte.

INDICE DELLE DOMANDE

1. L’obbligo di fattura elettronica riguarda anche i carburanti idonei ad alimentare motori di diversa tipologia?
2. Le operazioni effettuate da e verso i soggetti identificati in Italia siano da documentare con fattura elettronica?
3. Le cessioni di gasolio e benzina destinate ad essere utilizzate come carburanti per motori ad uso autotrazione, effettuate entro il 30 giugno 2018, ma legittimamente documentate dopo il 1° luglio 2018, rientrino negli obblighi di fatturazione elettronica?
4. La cessione di carburante per trattori agricoli e forestali è da effettuare con strumenti tracciabili?
5. Qual è il termine ultimo di trasmissione al SdI delle fatture che documentano le cessioni di carburante?
6. A fronte dello scarto di una fattura da parte del SdI, si può procedere ad un nuovo inoltro del medesimo documento con un numero diverso e stessa data di quello iniziale?
7. L’obbligo di fatturazione elettronica si applica anche ai soggetti passivi d’imposta che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi nei confronti di appaltatori di una pubblica amministrazione non in diretta dipendenza dal contratto di appalto di questi ultimi?
8. L’obbligo di fatturazione elettronica si applica anche qualora il committente a monte dell’appalto non sia una pubblica amministrazione, ma un soggetto dalla stessa controllato e/o variamente partecipato?
9. L’obbligo di fatturazione elettronica si applica anche per le prestazioni rese dalle imprese consorziate al consorzio aggiudicatario di un appalto nei confronti di una Pubblica Amministrazione o che si inserisce nella filiera dei contratti di subappalto?
10. Le fatture elettroniche emesse e ricevute a partire dal prossimo 1° luglio 2018, dopo l’invio tramite SdI, e previa stampa, possono essere trattate come quelle analogiche?
11. Le fatture transitate tramite il SdI possano essere conservate in formati diversi dall’xml?
12. La conservazione delle fatture tramite il servizio gratuito messo a disposizione dall’Agenzia delle entrate vale solo per le operazioni B2B e B2C, o anche per quelle nei confronti della PA?

DOMANDE E RISPOSTE

D.1 L’OBBLIGO DI FATTURA ELETTRONICA RIGUARDA ANCHE I CARBURANTI IDONEI AD ALIMENTARE MOTORI DI DIVERSA TIPOLOGIA?
R.1 L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 13/E del 02.07.2018 ha disposto che, secondo quanto già chiarito nella C.M. n. 8/E del 2018 e nel Provvedimento n. 89757 del 30 aprile 2018, sono da documentare con fattura elettronica tutte le cessioni di benzina e gasolio, effettuate tra soggetti passivi d’imposta – con esclusione delle vendite operate da chi rientra nel cosiddetto “regime di vantaggio” , e da coloro che applicano il regime forfettario , nonché sino al 31 dicembre 2018, di quelle presso gli impianti stradali di distribuzione – destinati ad essere utilizzati come carburanti per motori per uso autotrazione. Tale modalità di documentazione riguarda qualsiasi cessione dei beni indicati e, quindi, anche quelle intermedie (ad esempio l’acquisto del singolo distributore da un grossista). L’Agenzia specifica che, per espressa previsione legislativa, sono la tipologia di carburante ed il suo utilizzo ad imporre l’obbligo di fatturazione elettronica, così che ne sono escluse le cessioni di benzina e gasolio diversi da quelli destinati all’uso in motori per autotrazione, ossia, diversi da quelli impiegati nei veicoli (di qualunque tipologia) che circolano normalmente su strada (per l’identificazione di questi l’Agenzia rimanda, a titolo esemplificativo, gli articoli 53, 54 e 55 del D.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, c.d. “Codice della strada”). Saranno dunque esclusi dai nuovi obblighi, ad esempio, i rifornimenti di carburante per aeromobili ed imbarcazioni.
Per identificare con puntualità le tipologie di benzina e gasolio da riportare nella fattura elettronica, le specifiche tecniche allegate al provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 aprile 2018 n. 89757 definiscono i seguenti codici di riferimento per i prodotti energetici della tabella TA13, pubblicata sul sito dell’Agenzia delle Dogane: 27101245 (per vendita di Benzina senza piombo ottani => 95 e < 98); 27101943 (per vendita di Olii da gas aventi tenore, in peso, di zolfo inferiore o uguale a 0,001%); 27102011 (per vendita di Olio da gas denaturato tenore in peso di zolfo nell’olio da gas =< 0,001%). L’Agenzia chiarisce che, qualora al momento della cessione non vi sia certezza sull’impiego di una determinata tipologia di carburante rientrante tra quelle sopra citate – astrattamente idoneo ad essere utilizzato in motori tra loro diversi (si pensi al gasolio, che può essere impiegato tanto per il funzionamento del motore di un’imbarcazione / aeromobile, quanto per quello di un auto / motoveicolo) – le esigenze più volte espresse di presidio e contrasto ai fenomeni di evasione e di frode IVA impongono che la fatturazione sia elettronica.
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D.2 LE OPERAZIONI EFFETTUATE DA E VERSO I SOGGETTI IDENTIFICATI IN ITALIA SIANO DA DOCUMENTARE CON FATTURA ELETTRONICA?
R.2 Si ricorda, innanzitutto, che con la decisione di esecuzione (UE) 2018/593 del Consiglio del 16 aprile 2018, l’Italia è stata autorizzata ad applicare misure speciali di deroga agli articoli 218 e 232 della direttiva 2006/112/CE, al fine di consentire un’applicazione della fatturazione elettronica obbligatoria generalizzata sul territorio nazionale. In particolare, l’Italia è stata autorizzata: ad accettare come fatture documenti o messaggi solo in formato elettronico se sono emessi da soggetti passivi “stabiliti” sul territorio italiano, diversi da soggetti che beneficiano della franchigia delle piccole imprese; nonché a disporre che l’uso delle fatture elettroniche emesse da soggetti stabiliti sul territorio italiano non sia subordinato all’accordo del destinatario. In tal senso l’Italia, con la Legge di Bilancio 2018, ha disposto l’obbligo di fatturazione elettronica per “le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti, stabiliti o identificati nel territorio dello Stato”. L’Agenzia delle Entrate, nella C.M. n. 13/E del 2018, ha specificato che la stessa norma indica che i soggetti precedenti trasmettono telematicamente all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato. Relativamente al trattamento dei soggetti identificati in Italia a fini IVA, tuttavia, l’articolo 11, paragrafo 3, del Regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto statuisce che “il fatto di disporre di un numero di identificazione IVA non è di per sé sufficiente per ritenere che un soggetto passivo abbia una stabile organizzazione”. Ne consegue che, a sensi della normativa comunitaria, tra i soggetti “stabiliti” non possono essere inclusi i soggetti non residenti meramente identificati, a meno che non possa essere dimostrata l’esistenza di una stabile organizzazione. La norma nazionale sulla fatturazione elettronica deve essere, quindi, interpretata in senso conforme alla decisione di autorizzazione, oltre che alla direttiva IVA e ai principi di proporzionalità e neutralità fiscale. Pertanto, in base alla decisione di deroga solo i soggetti stabiliti possono essere obbligati ad emettere fattura elettronica. Di converso, la decisione non richiede che il soggetto ricevente la fattura debba essere stabilito sul territorio nazionale. Non è quindi incompatibile con la decisione di deroga la possibilità di indirizzare una fattura elettronica a soggetti non residenti identificati in Italia, sempre che a questi sia assicurata la possibilità di ottenere copia cartacea della fattura ove ne facciano richiesta. L’Agenzia delle Entrate dispone in conclusione che le operazioni tra soggetti diversi – ad esempio cessioni da e verso soggetti comunitari ed extracomunitari – non rientrano nell’obbligo di fatturazione elettronica, ma, semmai, in quello previsto dall’art. 1, comma 3-bis del D.lgs. n. 127 del 2015 e dall’art. 21 del D.L. n. 78 del 2010, ossia costituiranno oggetto di trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate dei dati delle relative fatture.
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D.3 LE CESSIONI DI GASOLIO E BENZINA DESTINATE AD ESSERE UTILIZZATE COME CARBURANTI PER MOTORI AD USO AUTOTRAZIONE, EFFETTUATE ENTRO IL 30 GIUGNO 2018, MA LEGITTIMAMENTE DOCUMENTATE DOPO IL 1° LUGLIO 2018, RIENTRINO NEGLI OBBLIGHI DI FATTURAZIONE ELETTRONICA?
R.3 Al riguardo, l’Agenzia specifica che l’art. 1, comma 917 della Legge n. 205 del 2017, in tema di cessioni di carburanti – diverse, almeno fino al 31 dicembre 2018, da quelle effettuate presso gli impianti stradali di distribuzione – e prestazioni rese da soggetti subappaltatori e subcontraenti della filiera delle imprese operanti nel quadro di un contratto di appalto con la Pubblica Amministrazione, ha previsto che le nuove disposizioni sulla fatturazione elettronica si applicano “alle fatture emesse a partire dal 1° luglio 2018”. Per determinare gli obblighi di forma, dunque, occorre tenere in considerazione il momento di emissione del documento. Ne deriva che, nei citati ambiti, seppure riguardanti operazioni effettuate in epoca precedente, tutte le fatture emesse a far data dal 1° luglio 2018 – come quelle c.d. “differite”, emesse, ex articolo 21, comma 4, lettera a), del d.P.R. n. 633 del 1972, entro il 15 luglio 2018 in riferimento al mese di giugno 2018 – dovranno essere elettroniche e veicolate tramite il Sistema di Interscambio (SdI).
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D.4 LA CESSIONE DI CARBURANTE PER TRATTORI AGRICOLI E FORESTALI È DA EFFETTUARE CON STRUMENTI TRACCIABILI?
R.4 L’Agenzia delle Entrate specifica che per quanto riguarda la deducibilità del costo d’acquisto ed alla detraibilità della relativa IVA, valgono le disposizioni di ordine generale dettate per tutti i carburanti nonché l’articolo 1, comma 1, lettera b), ultimo periodo, del D.L. n. 79 del 2018) e, quindi, l’obbligo di procedere al pagamento utilizzando gli strumenti individuati con il Provvedimento n. 73203 del 4 aprile 2018.
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D.5 QUAL È IL TERMINE ULTIMO DI TRASMISSIONE AL SDI DELLE FATTURE CHE DOCUMENTANO LE CESSIONI DI CARBURANTE?
R.5 A tal proposito in primo luogo l’Agenzia delle Entrate evidenzia che le disposizioni in tema di fatturazione elettronica, sia su base volontaria che obbligatoria, non hanno in alcun modo derogato ai termini di emissione dei documenti, che restano ancorati, ex art. 21, comma 4 del D.P.R. 633/72, al momento di effettuazione dell’operazione (nel caso in esame, la cessione del carburante) e di esigibilità dell’imposta, secondo la previsione dell’art. 6 dello stesso decreto. Di conseguenza, fatte salve le eccezioni contenute nell’art. 21, comma 4 del D.P.R. 633/72, l’emissione della fattura dovrà essere contestuale alla cessione del carburante. La contestualità – ovvero l’emissione entro le ore 24 del medesimo giorno della cessione – deve essere valutata alla luce del processo, legislativamente e tecnicamente imposto, per la creazione e trasmissione del documento al SdI. In tal senso, dato che la fattura elettronica “si ha per emessa all’atto della sua consegna, spedizione, trasmissione o messa a disposizione del cessionario o committente” (art. 21, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972), non è improbabile che un iter di emissione, pur tempestivamente avviato, si concluda oltre le ore 24 del medesimo giorno. Proprio in ragione di tale possibilità, visti anche i controlli che il SdI deve effettuare sui documenti dallo stesso veicolati, nonché le variabili operative legate ai canali di invio/ricezione, nel punto 4.1 del provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 89757 del 30 aprile 2018, si è specificato che “la data di emissione della fattura elettronica è la data riportata nel campo “Data” della sezione “Dati Generali” del file della fattura elettronica, che rappresenta una delle informazioni obbligatorie ai sensi degli articoli 21 e 21bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”. In altri termini, inviato tempestivamente al SdI il documento, in assenza di un suo scarto, i tempi di elaborazione (ossia consegna/messa a disposizione del cessionario/committente) diventano marginali, assumendo rilievo, ai fini dell’emissione della fattura immediata, la sola data di formazione e contestuale invio al SdI, riportata nel campo indicato. Tuttavia, in fase di prima applicazione delle nuove disposizioni, considerato anche il necessario adeguamento tecnologico richiesto alla platea di soggetti coinvolti e le connesse difficoltà organizzative, si ritiene che il file fattura, predisposto nel rispetto delle regole tecniche previste dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 aprile 2018 ed inviato con un minimo ritardo, comunque tale da non pregiudicare la corretta liquidazione dell’imposta, costituisca violazione non punibile ai sensi dell’articolo 6, comma 5-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
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D.6 A FRONTE DELLO SCARTO DI UNA FATTURA DA PARTE DEL SDI, SI PUÒ PROCEDERE AD UN NUOVO INOLTRO DEL MEDESIMO DOCUMENTO CON UN NUMERO DIVERSO E STESSA DATA DI QUELLO INIZIALE?
R.6 L’Agenzia risponde che secondo quanto indicato nel Provvedimento dell’Agenzia delle entrate n. 89757 del 30 aprile 2018, il SdI, per ogni file della fattura elettronica o lotto di fatture elettroniche correttamente ricevuti, effettua successivi controlli del file stesso. In caso di mancato superamento dei controlli viene recapitata – entro 5 giorni – una “ricevuta di scarto” del file al soggetto trasmittente sul medesimo canale con cui è stato inviato il file al SdI. Allo stesso modo, la fattura, pur formalmente corretta, viene scartata laddove si utilizzi un codice destinatario inesistente. In tali ipotesi la fattura elettronica (o le fatture del lotto) di cui al file scartato dal SdI si considera non emessa. Circostanza che, qualora il cedente/prestatore abbia effettuato la registrazione contabile del documento, comporta – se necessario – una variazione contabile valida ai soli fini interni, senza la trasmissione di alcuna nota di variazione al SdI (si veda il punto 6.3 del citato provvedimento prot. n. 89757/2018). In tutti i casi, a fronte della mancata emissione della fattura, è necessario documentare correttamente l’operazione sottesa. In questo senso, valgono i principi generali in materia, legati non solo alla tenuta di una ordinata contabilità, ma anche ai requisiti legislativamente previsti per l’emissione e la registrazione dei documenti in esame. Si ritiene, quindi, che la fattura elettronica, relativa al file scartato dal SdI, vada preferibilmente emessa (ossia nuovamente inviata tramite SdI entro cinque giorni dalla notifica di scarto) con la data ed il numero del documento originario. Peraltro, come indicato nelle specifiche tecniche allegate al richiamato provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 89757/2018 (pag. 142 della versione 1.1 aggiornata al 7 giugno 2018), le verifiche di unicità della fattura, effettuate dal SdI al fine di intercettare ed impedire l’inoltro di un documento già trasmesso ed elaborato, comporteranno lo scarto della fattura che rechi dati (identificativo cedente/prestatore, anno della data fattura, numero fattura) coincidenti con quelli di una fattura precedentemente trasmessa, solo ove non sia stata inviata al soggetto trasmittente una ricevuta di scarto del precedente documento. Qualora l’emissione del documento con medesimo numero e data non sia possibile, i citati principi, ferma la necessità di procedere alla corretta liquidazione dell’imposta in ragione dell’operazione effettuata, impongono alternativamente: l’emissione di una fattura con nuovo numero e data (coerenti con gli ulteriori documenti emessi nel tempo trascorso dal primo inoltro tramite SdI), per la quale risulti un collegamento alla precedente fattura scartata da Sdi e successivamente stornata con variazione contabile interna onde rendere comunque evidente la tempestività della fattura stessa rispetto all’operazione che documenta; l’emissione di una fattura come sub a), ma ricorrendo ad una specifica numerazione che, nel rispetto della sua progressività, faccia emergere che si tratta di un documento rettificativo del precedente, variamente viziato e scartato dal SdI. Si pensi a numerazioni quali “1/R” o “1/S” volte ad identificare le fatture, inserite in un apposito registro sezionale, emesse in data successiva in luogo della n. 1 (nell’esempio fatto) prima scartata dal SdI. Così, ad esempio, a fronte delle fatture n. 1 del 2/01/2019 e n. 50 dell’1/03/2019 (uniche 2 fatture del contribuente scartate dal SdI sino a quella data), potranno essere emesse la n. 1/R del 10/01/2019 e la n. 50/R dell’8/03/2019 annotate nell’apposito sezionale.
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D.7 L’OBBLIGO DI FATTURAZIONE ELETTRONICA SI APPLICA ANCHE AI SOGGETTI PASSIVI D’IMPOSTA CHE EFFETTUANO CESSIONI DI BENI E PRESTAZIONI DI SERVIZI NEI CONFRONTI DI APPALTATORI DI UNA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE NON IN DIRETTA DIPENDENZA DAL CONTRATTO DI APPALTO DI QUESTI ULTIMI?
R.7 L’Agenzia delle Entrate riguardo a tale argomento specifica che l’articolo 105, comma 2, del D.lgs. l18 n. 50 del 2016 (c.d. “Codice appalti pubblici e contratti di concessione”) stabilisce che “Il subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto. (…) L’affidatario comunica alla stazione appaltante, prima dell’inizio della prestazione, per tutti i subcontratti che non sono subappalti, stipulati per l’esecuzione dell’appalto, il nome del subcontraente, l’importo del subcontratto, l’oggetto del lavoro, servizio o fornitura affidati. Sono, altresì, comunicate alla stazione appaltante eventuali modifiche a tali informazioni avvenute nel corso del subcontratto. Alla luce di tale indicazione, le disposizioni dell’articolo 1, comma 917, lettera b), della legge n. 205 del 2017 trovano applicazione solo nei confronti dei soggetti subappaltatori e subcontraenti per i quali l’appaltatore ha provveduto alle comunicazioni prescritte dalla legge. Dunque, fermo l’obbligo di indicare in fattura, ove prescritti, il codice identificativo di gara (CIG) ed il codice unico di progetto (CUP) per la tracciabilità diretta dei flussi finanziari, nell’ambito degli appalti vi sarà obbligo di emettere fattura elettronica via SdI solo in capo a coloro che operano nei confronti della stazione appaltante pubblica ovvero a chi, nell’esecuzione del contratto di appalto, è titolare di contratti di subappalto propriamente detto (ossia esegue direttamente una parte dello stesso) o riveste la qualifica di subcontraente (vale a dire colui che per vincolo contrattuale esegue un’attività nei confronti dell’appaltatore e in quanto tale viene comunicato alla stazione appaltante con obbligo di CIG e/o CUP). Al riguardo l’Agenzia delle Entrate fa un esempio pratico: ritiene che siano esclusi dai nuovi obblighi di fatturazione tutti coloro che cedono beni ad un cliente senza essere direttamente coinvolti nell’appalto principale con comunicazioni verso la stazione appaltante ovvero con l’imposizione di CIG e/o CUP (si pensi, in ipotesi, a chi fornisce beni all’appaltatore senza sapere quale utilizzo egli ne farà, utilizzandone magari alcuni per l’appalto pubblico, altri in una fornitura privata).
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D.8 L’OBBLIGO DI FATTURAZIONE ELETTRONICA SI APPLICA ANCHE QUALORA IL COMMITTENTE A MONTE DELL’APPALTO NON SIA UNA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, MA UN SOGGETTO DALLA STESSA CONTROLLATO E/O VARIAMENTE PARTECIPATO?
R.8 L’Agenzia delle Entrate ricorda che l’articolo 1, comma 917, lettera b), della legge n. 205 del 2017, impone l’emissione di fatture elettroniche per le “prestazioni rese da soggetti subappaltatori e subcontraenti della filiera delle imprese nel quadro di un contratto di appalto di lavori, servizi o forniture stipulato con un’amministrazione pubblica”. Deve dunque escludersi che l’obbligo di fatturazione elettronica si estenda ai rapporti in cui, a monte della filiera contrattuale, vi sia un soggetto che non rientra tra quelli da qualificarsi come Pubblica Amministrazione. Per l’identificazione di tali soggetti (Pubbliche Amministrazioni a loro volta destinatarie di fatture elettroniche in base all’art. 1, commi da 209 a 214 della Legge n. 244 del 2007 nonché del Decreto Ministeriale del 3 aprile 2013, n. 55) l’Agenzia delle Entrate rinvia alle precisazioni fornite con la C.M. n. 1/DF del 9 marzo 2015.
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D.9 L’OBBLIGO DI FATTURAZIONE ELETTRONICA SI APPLICA ANCHE PER LE PRESTAZIONI RESE DALLE IMPRESE CONSORZIATE AL CONSORZIO AGGIUDICATARIO DI UN APPALTO NEI CONFRONTI DI UNA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE O CHE SI INSERISCE NELLA FILIERA DEI CONTRATTI DI SUBAPPALTO?
R.9 Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate specifica che si è osservato in più occasioni come le prestazioni rese dai consorziati al consorzio assumono la medesima valenza delle prestazioni rese dal consorzio ai terzi, in analogia a quanto previsto dall’art. 3, comma 3 del D.P.R. n. 633/72, con riferimento al mandato senza rappresentanza. Di conseguenza, le modalità di fatturazione nei confronti dei terzi si riverberano anche nei rapporti interni (C.M. n. 14/E del 2015 e C.M. n. 20/E del 2016). Questo potrebbe far ritenere tali prestazioni oggetto di fatturazione elettronica sul presupposto che il rapporto Pubblica Amministrazione – Consorzio rientri comunque in tale modalità di documentazione ex DM n. 55 del 2013. L’Agenzia specifica che “come affermato in numerosi documenti di prassi, l’equiparazione delle prestazioni rese o ricevute dal mandatario senza rappresentanza con quelle che intervengono nei rapporti tra mandante e mandatario, contenuta nell’articolo 3, terzo comma, ultimo periodo, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, opera, ai fini dell’IVA, in relazione alla qualificazione oggettiva delle prestazioni, ma non anche in relazione all’aspetto soggettivo (cfr. risoluzioni 23 maggio 2000, n. 67/E, 15 maggio 2002, n. 145/E e 14 novembre 2002, n. 355/E)” (così la R.M. n. 242/E del 2009). In altri termini, l’obbligo di fatturazione elettronica in capo al consorzio (legato alla qualificazione soggettiva del committente Pubblica Amministrazione) non si estenderà ai rapporti consorzio – consorziate. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate ribadisce che è da escludersi che l’obbligo di fatturazione elettronica sorga nei rapporti interni laddove il consorzio non sia il diretto referente della Pubblica Amministrazione, ma si inserisca nella filiera dei subappalti.
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D.10 LE FATTURE ELETTRONICHE EMESSE E RICEVUTE A PARTIRE DAL PROSSIMO 1° LUGLIO 2018, DOPO L’INVIO TRAMITE SDI, E PREVIA STAMPA, POSSONO ESSERE TRATTATE COME QUELLE ANALOGICHE?
R.10 L’Agenzia delle Entrate al riguardo risponde che l’insieme delle norme dettate in tema di fatturazione elettronica con la L. n. 205 del 2017 – fatto salvo il disposto dell’articolo 4 del D.lgs. n. 127 del 2015 – non ha inciso sugli obblighi di registrazione delle fatture emesse e ricevute dettati dagli articoli 23 e 25 del D.P.R. n. 633 del 1972.
Restano dunque valide non solo tali disposizioni, ma anche le delucidazioni fornite in passato sulle stesse tramite molteplici documenti di prassi cui si rinvia. L’Agenzia inoltre evidenzia, con specifico riferimento all’articolo 25 del D.P.R. n. 633 del 1972, vista la natura del documento elettronico transitato tramite SdI – di per sé non modificabile e, quindi, non integrabile – che la numerazione della fattura o qualsiasi altra integrazione della stessa (si pensi, in generale, alle ipotesi di inversione contabile di cui all’articolo 17 del d.P.R. n. 633 del 1972) possa essere effettuata secondo le modalità già ritenute idonee in precedenza (R.M. n. 46/E del 10 aprile 2017 e le circolari ivi richiamate), ossia, ad esempio, predisponendo un altro documento, da allegare al file della fattura in questione, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della stessa.
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D.11 LE FATTURE TRANSITATE TRAMITE IL SDI POSSANO ESSERE CONSERVATE IN FORMATI DIVERSI DALL’XML?
R.11 Al riguardo, l’Agenzia specifica che l’art. 23-bis del D.lgs. n. 82 del 2005, al comma 2, stabilisce che “le copie e gli estratti informatici del documento informatico, se prodotti in conformità alle vigenti regole tecniche di cui all’art. 71, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale, in tutti le sue componenti, è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato o se la conformità non è espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto, l’obbligo di conservazione dell’originale informatico”. Ne deriva che ciascun operatore conformemente alla propria organizzazione aziendale, potrà portare in conservazione anche copie informatiche delle fatture elettroniche in uno dei formati (ad esempio “pdf”, “jpg” o “txt”) contemplati dal Decreto presidente del Consiglio dei Ministri 3 dicembre 2013 e considerati idonei a fini della conservazione. L’Agenzia ricorda in tal senso che chi emette/riceve fatture elettroniche, ha facoltà di conservare le stesse, così come le altre scritture contabili, tanto sul territorio nazionale, quanto all’estero, in Paesi con i quali esista uno strumento giuridico che disciplini la reciproca assistenza (R.M. n. 81/E del 2015).
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D.12 LA CONSERVAZIONE DELLE FATTURE TRAMITE IL SERVIZIO GRATUITO MESSO A DISPOSIZIONE DALL’AGENZIA DELLE ENTRATE VALE SOLO PER LE OPERAZIONI B2B E B2C, O ANCHE PER QUELLE NEI CONFRONTI DELLA PA?
R.12 L’Agenzia specifica che nel provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 89757 del 30 aprile 2018 e nella circolare n. 8/E di pari data, si è specificamente segnalato che, per chi aderirà ad apposito accordo di servizio (mediante modalità online), tutte le fatture elettroniche emesse o ricevute attraverso il SdI saranno portate in conservazione a norma del D.M. 17 giugno 2014. Tale servizio – messo gratuitamente a disposizione dall’Agenzia delle entrate e conforme alle disposizioni del d.P.C.M. 3 dicembre 2013 – nei limiti di quanto indicato nel relativo accordo preventivo alla sua utilizzazione, non è limitato ad una tipologia di destinatario delle fatture (soggetto passivo d’imposta, consumatore o altro), ma riguarda le fatture elettroniche in generale e, dunque, anche quelle emesse nei confronti della PA e transitate tramite SdI.
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Dichiarazione IRAP: le novità introdotte nel 2018

irap 2018

La dichiarazione Irap 2018 fra nuovi termini di presentazione, derivazione rafforzata e nuove deduzioni dalla base imponibile. Come ricordano le istruzioni quest’anno il modello Irap va inviato telematicamente entro il 31 ottobre 2018 per effetto di quanto previsto dall’articolo 1, comma 932, della legge 27 dicembre 2017, n.205. Per il tributo regionale infatti ai fini dell’adempimento della presentazione, non assume alcuna rilevanza la data di approvazione del bilancio o del rendiconto, ma unicamente la data di chiusura del periodo d’imposta. Per il resto nel modello di dichiarazione dell’imposta regionale sulle attività produttive del 2018 non vi sono novità sostanziali ma molte conferme ed integrazioni. Vediamole in rapida sintesi.

Frontespizio
Nel frontespizio del modello trova apposito spazio la possibilità di presentare una dichiarazione integrativa. Le istruzioni ricordano come una volta scaduti i termini di presentazione della dichiarazione, il contribuente può rettificare o integrare la stessa presentando, secondo le stesse modalità previste per la dichiarazione originaria, una nuova dichiarazione completa di tutte le sue parti, su modello conforme a quello approvato per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione. Presupposto per poter presentare la dichiarazione integrativa è che sia stata validamente presentata la dichiarazione originaria. Per quanto riguarda quest’ultima, si ricorda che sono considerate valide anche le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dal termine di scadenza, fatta salva l’applicazione delle sanzioni. Nell’apposita casella del frontespizio dedicata alla dichiarazione integrativa il contribuente potrà indicare il codice 1, nel caso di integrazione spontanea ed il codice 2 qualora la dichiarazione integrativa segua una comunicazioni inviata dall’Agenzia delle Entrate. Fra le altre novità del frontespizio nella casella relativa agli “Eventi eccezionali” sono state inoltre ricomprese nuove codifiche per tenere conto dei contribuenti che, essendone legittimati, hanno fruito per il periodo d’imposta 2017 delle agevolazioni fiscali previste da particolari disposizioni normative emanate a seguito di calamità naturali o di altri eventi eccezionali. I soggetti interessati devono indicare nell’apposita casella il relativo codice desunto dalla “Tabella degli eventi eccezionali”. Fra le principali si segnala il codice 7 per il terremoto dell’Isola di Ischia ed il codice 6 per l’alluvione che ha colpito la provincia di Livorno. Tra le altre novità della dichiarazione IRAP 2018 si segnalano poi alcune rettifiche ai vari quadri del modello per una più corretta gestione della c.d. esenzione dell’Irap agricola. Si tratta, nello specifico, dell’eliminazione di alcuni campi della dichiarazione nei quali in passato si doveva specificare il valore della produzione sul quale applicare l’aliquota Irap.

Le novità del Modello Irap 2018

Deduzioni Irap
Da ricordare in primo luogo che risultano confermate le maggiori deduzioni Irap introdotte dalla scorsa legge di Stabilità (legge n.208/2015). Tali maggiori deduzioni competono ai soggetti minori quali, ad esempio, le società in accomandita semplice in nome in collettivo, persone fisiche e società semplici esercenti arti e professioni, etc. Per questi soggetti infatti, come specificano le istruzioni, l’importo delle deduzioni base variabili sulla base degli scaglioni di valore della produzione, è aumentato, rispettivamente, da 8.000 a 13.000 euro, da 6.000 a 9.750 euro, da 4.000 a 6.500 euro e da 2.000 a 3.250 euro. Oltre l’importo di euro 180.919,91 di base imponibile Irap, non compete più alcuna deduzione. Novità anche per quanto riguarda le deduzioni sul costo residuo del lavoro dipendente. In particolare detta deduzione è stata estesa anche ai lavoratori stagionali impiegati per almeno 120 giorni per due periodi d’imposta, a partire dal 2° contratto stipulato con lo stesso datore di lavoro nell’arco di 2 anni a decorrere dalla data di cessazione del precedente contratto. In queste ipotesi l’importo della deduzione IRAP spettante è pari al 70 per cento del costo residuo. Tutto ciò per effetto della disposizione introdotta dal comma 73 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Sempre in tema di deduzioni sul costo del lavoro (Quadro IS del modello) si ricorda, infine, che il comma 116 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n.205, ha previsto per l’anno 2018, a favore dei soggetti che determinano un valore della produzione netta ai sensi degli articoli da 5 a 9 del Dlgs. 446 del 1997, la piena deducibilità per ogni lavoratore stagionale impiegato per almeno centoventi giorni per due periodi d’imposta, a decorrere dal secondo contratto stipulato con lo stesso datore di lavoro nell’arco temporale di due anni a partire dalla data di cessazione del precedente contratto. Ancora in tema di deduzioni dalla base imponibile Irap da ricordare che per quanto attiene le banche, gli enti finanziari e le imprese assicurative, risultano interamente deducibili, nel periodo d’imposta di iscrizione in bilancio, sia le rettifiche e le riprese di valore nette dovute al deterioramento dei crediti nonché le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti assicurativi se relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015.

Determinazione valore della produzione
A seguito delle variazioni apportate agli schemi di conto economico dal Decreto Legge n.139/2015 ed in particolare agli schemi di stato patrimoniale e di conto economico, nel nuovo modello IRAP tutti costi e ricavi straordinari, precedentemente collocati nelle voci E20 (proventi) ed E21 (oneri straordinari), devono ora essere inseriti come altri elementi di costo e di ricavo. In pratica, le plusvalenze e le minusvalenze ottenute dalla vendita di beni non strumentali, che prima venivano indicate come componenti straordinari, vanno ora dichiarate nella voce A5 “altri ricavi e proventi” o B14 “oneri diversi di gestione” del conto economico. Il tutto con l’eccezione di proventi o oneri straordinari derivanti da trasferimenti di azienda o di rami d’azienda che risultano espressamente da escludere dalla base imponibile del tributo regionale. Richiamando le novità relative alla predisposizione del bilancio d’esercizio sopra riportate, le istruzioni alla compilazione del modello Irap ricordano come, indipendentemente dalla effettiva collocazione nel conto economico, i componenti positivi e negativi del valore della produzione sono accertati secondo i criteri di corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti dai principi contabili adottati dall’impresa.

Allegati:
Modello IRAP 2018 – pdf
Istruzioni per la compilazione IRAP 2018 – pdf

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