C’è chi si è trovato senza un lavoro all’improvviso e, anziché ricevere una liquidazione, ha ottenuto i beni dell’azienda che stava per essere dismessa con i quali ha avviato una sartoria. Chi aveva già una libreria da anni ma aveva bisogno di un finanziamento per portarla avanti e chi, ancora, aveva il sogno di aprire una piadineria, ma non voleva chiedere garanzie ai genitori.
Sono solo alcune delle storie (anzi “microstorie”) che potete vedere sul canale YouTube dell’Ente Nazionale per il Microcredito. Storie che fanno capire come, accanto al credito tradizionale, per chi ha poche garanzie e tanti sogni, c’è la possibilità di avere dei fondi per partire subito, senza troppe complicazioni o richieste e con in più un’assistenza continua.
Ma vediamo insieme di cosa si tratta, come funziona e soprattutto quali opportunità può offrire alle imprese, in particolare a quelle sociali.
Il microcredito: le origini
Quando si parla di microcredito, parola che coniuga bene il greco con il latino, (mikros vuol dire piccolo e credito ha a che fare con credere “dare fiducia”), non si può non fare riferimento a Muhammed Yunus e alla sua Grameen Bank. È ormai storia di come nel 1974, a seguito di una grave carestia che colpì il Bangladesh, Yunus abbia fatto il primo piccolo prestito: 27 dollari a un gruppo di donne che producevano cesti in bambù e che a causa dei loro problemi economici erano costrette a (s)vendere a un prezzo bassissimo.
Quella piccola somma, quel microcredito, per le donne fu un punto di partenza perché riuscirono a ripagare i loro debiti e a fare quello che ognuno dovrebbe fare con una propria attività: dedicarsi al massimo perché possa creare soluzioni, dare servizi e non cercare in ogni momento di risanare i debiti e “rientrare con le spese”. Yunus, a cui si deve la creazione della Grameen Bank e che ricevette il premio Nobel per la Pace nel 2006, ha di recente dichiarato due cose importanti che stanno alla base di chi vuol fare impresa e soprattutto vuol farla in un certo modo: “I giovani devono sapere che ci sono due tipi di business nel mondo. Uno è quello di chi mira a fare soldi e l’altro di chi vuole risolvere i problemi del mondo”. E ancora, in questo mondo in cui spesso quella del lavoro dipendente sembra l’unica soluzione, ha ricordato che “gli esseri umani non sono nati per lavorare per qualcun altro. Per milioni di anni sono stati coltivatori, cacciatori, non mandavano curriculum né si candidavano ad annunci”.
In realtà, parliamo di una idea moderna con radici molto più antiche. Perché per risalire alle vere origini del microcredito occorre tornare al Medioevo italiano e ai Monti di Pietà sino ad arrivare, alla fine del XIX secolo, alle prime Casse Rurali e banche popolari. Nel 1883 Leone Wollemborg fonda a Loreggia la Cassa Cooperativa dei Prestiti, prima di una lunga serie di quelle che diventeranno prima Casse Rurali ed in seguito Banche di Credito Cooperativo.
Come funziona e chi può ottenerlo
Il microcredito in senso stretto si fonda su cinque aspetti che lo rendono differente rispetto al credito tradizionale:
il massimo dell’importo concesso (microcredito produttivo) è di 25mila euro (estendibile a determinate condizioni fino a 35mila euro);
I tassi di interesse sono molti bassi;
Assistenza tecnica costante e monitoraggio delle attività finanziate;
Un buon equilibrio tra chi eroga il prestito e chi lo ottiene;
Per il microcredito sociale, l’obiettivo è quello di ascoltare le esigenze e risolvere i problemi di chi si trova in una situazione economica difficile.
Soffermiamoci su questi ultimi due punti. Chi dunque può ottenere il microcredito? In Italia a regolamentare il tutto è il Decreto MEF del 17 ottobre 2014 n. 176; Disciplina del microcredito, in attuazione dell’articolo 111, comma 5, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. (14G00184) (GU Serie Generale n.279 del 1-12-2014) entrato in vigore il 16 dicembre 2014. Il Decreto prevede appunto che i microprestiti possano essere dati a:
associazioni o società di persone (di vario tipo come le srls ma anche le cooperative e le imprese sociali) titolari di partita IVA da non più di 5 anni e con massimo 10 dipendenti;
Lavoratori autonomi (professionisti iscritti o non iscritti agli ordini) o imprese individuali, titolari di partita IVA da non più di 5 anni e con massimo cinque dipendenti;
chi si trova in condizioni di vulnerabilità economica e sociale,
Per i primi due l’importo massimo finanziabile è di 25mila euro, importo che in seguito può arrivare a 35mila euro se il prestito viene frazionato, se l’azienda negli ultimi sei mesi ha rimborsato regolarmente il prestito o se ha raggiunto determinati obiettivi intermedi che erano stati fissati all’inizio con chi concedeva il prestito. Quanto alle persone fisiche in condizioni di povertà, l’importo massimo è di 10mila euro.
Nei primi due casi si parla di microcredito d’impresa e si favorisce il diritto all’iniziativa economica mentre nel secondo caso di parla di microcredito sociale e si cerca di sostenere famiglie in crisi, ma anche di ricordare che è bene si attivino per migliorare la loro situazione perché appunto trattandosi di un prestito, devono restituirlo.
A coordinare tutte le iniziative e a favorire sia la microimprenditorialità che il lavoro autonomo così come a sostenere le famiglie indigenti è, fra gli altri, l’Ente Nazionale per il Microcredito.
Perché è vantaggioso per le imprese…
Se dunque siete tra coloro che credono di avere un progetto valido, che genera utilità per gli altri e ma non avete grandi garanzie da dare, il microcredito è ciò che fa per voi. Quel che conta sono infatti serietà e affidabilità che vi permetteranno di ottenere un prestito che dovrete restituire entro 7 anni.
Inoltre il microcredito vi viene incontro perché, proprio per accettarsi che il finanziamento vada a buon fine ossia che i soldi concessi vengano utilizzati davvero per i progetti che avete messo in campo, fornisce un’assistenza tecnica iniziale e continue attività di monitoraggio.
I soggetti che erogano il prestito in Italia sono infatti “coperti” dal Fondo di Garanzia per il Microcredito, nato nel 2014 e che prevede che chi eroga il credito – banche, ma anche associazioni che collaborano con esse o imprese – debba darvi almeno due di questi servizi:
supportarvi nella definizione della strategia di sviluppo (business plan)
formarvi sulle tecniche di amministrazione o sull’uso di tecnologie avanzate
definire insieme a voi le strategie di marketing
supportarvi per la soluzione di problemi legali, fiscali o amministrativi
individuare le criticità del progetto finanziato
E in tutto questo – lo noterete – c’è una significativa differenza con il credito tradizionale: chi vi presta i soldi è direttamente coinvolto nella realizzazione del vostro progetto.
Potrete impiegare il credito ottenuto per: acquistare beni o servizi legati alla vostra attività come leasing, microleasing finanziario ma anche le spese che sosterrete per le polizze assicurative, retribuire nuovi dipendenti o soci lavoratori, dare spazio alla formazione aziendale e avere così un aggiornamento professionale continuo che, come sappiamo, è fondamentale per la crescita di un’attività.
Ricordiamo che nell’arco di 18 mesi (gennaio 2015-giugno 2016), le Banche di Credito Cooperativo hanno erogato microcrediti per oltre 8 milioni di euro garantiti appunto dal Fondo di Garanzia per le PMI e assistiti dai servizi ausiliari secondo la normativa vigente. A questo proposito Federcasse (la Federazione Italiana delle Banche di Credito Cooperativo e Casse Rurali) ha siglato due accordi quadro per l’erogazione di servizi di accompagnamento con lo scopo di supportare l’avvio delle microimprese con l’Ente nazionale per il Microcredito e con il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro.
Cosa aspettate, adesso tocca a voi, per ulteriori informazioni contattateci