Q&A: Il trattamento fiscale degli omaggi natalizi


In occasione delle festività natalizie è abitudine per gli operatori economici offrire omaggi ai propri clienti e dipendenti.
Nell’ articolo che segue verra’ analizzato il corretto inquadramento degli omaggi ai fini delle imposte dirette ed indirette attraverso un Question&Answer (Domanda&Risposta), ricordando fin da ora che il trattamento fiscale è diverso a seconda che:
• i beni siano o meno oggetto dell’attività esercitata;
• il destinatario sia un cliente oppure un dipendente.

D.1. COME SONO CLASSIFICATI, AI FINI FISCALI, GLI ACQUISTI DI BENI DESTINATI AD ESSERE CEDUTI GRATUITAMENTE AI CLIENTI E CHE NON SONO OGGETTO DELL’ATTIVITÀ PROPRIA D’IMPRESA?
R.1.
Gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente ai clienti, la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa, costituiscono “spese di rappresentanza”. Per la definizione di “spese di rappresentanza”, sia al fine della deducibilità dalle imposte dirette che della detraibilità dell’IVA, si deve fare riferimento ai requisiti indicati all’art. 1, comma 1, D.M. 19.11.2008, il quale definisce “inerenti” le “spese di rappresentanza”, effettivamente sostenute e documentate, per :
• erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi;
• effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni;
• il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare anche potenzialmente benefici economici per l’impresa, ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore.

D.2. QUALE È IL TRATTAMENTO FISCALE AI FINI IVA DEGLI OMAGGI NATALIZI DI BENI NON OGGETTO DELL’ATTIVITÀ D’IMPRESA EFFETTUATI A FAVORE DEI CLIENTI?
R.2.
In considerazione del fatto che gli omaggi natalizi ai clienti, oltre a poter essere qualificati spese di rappresentanza, costituiscono una cessione gratuita, per inquadrare il corretto trattamento IVA applicabile agli stessi è necessario considerare anche quanto disposto dall’art. 2, comma 2, n. 4), DPR n. 633/72, in base al quale non costituisce cessione di beni (fuori campo IVA) la cessione gratuita di beni non oggetto dell’attività, di costo unitario non superiore a € 50 (anziché € 25,82) e la cessione di beni per i quali non è stata operata, all’atto dell’acquisto la detrazione dell’Iva.
Pertanto, dalla lettura combinata dei due articoli di legge, deriva che:
• per i beni di costo unitario superiore ad € 50,00: l’Iva assolta sull’acquisto è indetraibile, mentre la successiva cessione gratuita è irrilevante ai fini IVA (fuori campo IVA);
• per i beni di costo unitario non superiore ad € 50,00: l’Iva assolta sull’acquisto è detraibile, mentre la successiva cessione gratuita è irrilevante ai fini IVA (fuori campo IVA).

D.3. ALL’ATTO DELLA CONSEGNA DELL’OMAGGIO NATALIZIO AL CLIENTE, OCCORRE RILASCIARE UN DOCUMENTO FISCALE (FATTURA, RICEVUTA, ECC)?
R.3.
All’atto della consegna dell’omaggio non è necessario emettere alcun documento fiscale (fattura, ricevuta, ecc.). E’ comunque auspicabile l’emissione di un DDT con causale omaggio o di un altro tipo di documento, ad esempio Buono di consegna, in cui viene indicato il destinatario e di conseguenza è possibile provare il requisito di inerenza.

D.4. NEL CASO IN CUI L’OMAGGIO NATALIZIO DATO AL CLIENTE SIA COSTITUITO DA UNA CONFEZIONE DI BENI (ES: CESTA), COSA SI DEVE CONSIDERARE PER “COSTO UNITARIO” DEL BENE AI FINI DELLA DETRAIBILITÀ DELL’IVA?
R.4.
Se l’omaggio è rappresentato da una confezione di beni, ai fini dell’individuazione del regime IVA applicabile, occorre avere riguardo al costo dell’intera confezione, anziché al costo dei singoli beni. Conseguentemente, in relazione all’acquisto di una cesta regalo di costo superiore a € 50,00, anche se composto da beni di costo unitario inferiore a tale limite, la relativa IVA è indetraibile.

D.5. QUAL È IL TRATTAMENTO FISCALE AI FINI IVA DEGLI OMAGGI NATALIZI DATI AD UN CLIENTE DA PARTE DI UN LAVORATORE AUTONOMO?
R.5.
La disciplina delle spese di rappresentanza individuata dal DM 19.11.2008 è applicabile anche ai lavoratori autonomi per quanto riguarda l’individuazione delle spese qualificabili “di rappresentanza”.
Diversamente, ai fini IVA, per i lavoratori autonomi valgono le regole del n. 4) dell’art. 2, comma 2, D.P.R. n. 633/1972, che considera non rilevanti ai fini IVA le cessioni gratuite di beni:
• non oggetto dell’attività propria dell’impresa se di costo unitario non superiore a € 50;
• ovvero, per i quali non sia stata detratta l’imposta all’atto dell’acquisto.
Stante l’espresso riferimento all’attività d’impresa, si ritiene che, per il lavoratore autonomo, anche la cessione gratuita di beni di costo unitario non superiore a € 50,00 sia da assoggettare ad IVA, con la conseguente necessità di adempiere agli obblighi di fatturazione, registrazione, ecc. degli omaggi. Anche per il lavoratore autonomo rimane comunque possibile scegliere di non detrarre l’IVA sull’acquisto dei beni da regalare, rendendo irrilevante ai fini IVA la successiva cessione.

D.6. QUAL È IL TRATTAMENTO FISCALE, AI FINI DELLE IMPOSTE DIRETTE (IRPEF/IRES), DEGLI OMAGGI NATALIZI DI BENI NON OGGETTO DELL’ATTIVITÀ D’IMPRESA A CLIENTI?
R.6.
Il Decreto internazionalizzazione (D.lgs. 147/2015) ha modificato la disciplina di deduzione delle spese di rappresentanza (art. 108 comma 2 TUIR). In particolare:
• è stato eliminato il riferimento alla congruità delle spese sostenute;
• è stata introdotta la misura massima deducibile, pari ad una percentuale di ricavi derivanti dalla gestione caratteristica.

IMPOSTE DIRETTE
IMPRESA: IMPORTO DEDUCIBILE MAX CALCOLATO SUI RICAVI/PROVENTI GESTIONE CARATTERISTICA (VOCI A.1 E A.5 DEL C.E.)
Fino a € 10 milioni 1,5%
Per la parte eccedente € 10 milioni e fino a € 50 milioni 0,6%
Per la parte eccedente € 50 milioni 0,4%
100% se i singoli beni sono di valore unitario non superiore a 50 €
LAVORATORE AUTONOMO: Nel limite dell’1% dei compensi incassati nell’anno, a prescindere dal valore unitario

D.7. QUAL È IL TRATTAMENTO FISCALE, AI FINI IRAP, DEGLI OMAGGI NATALIZI DI BENI NON OGGETTO DELL’ATTIVITÀ D’IMPRESA A CLIENTI?
R.7.
Per il trattamento ai fini IRAP dei costi sostenuti per l’acquisto di beni non oggetto dell’attività destinati ad omaggio per i clienti, è necessario differenziare sulla base della modalità con la quale è stata calcolata la base imponibile IRAP, ossia con il c.d. metodo di bilancio oppure il metodo fiscale.
Ne deriva, pertanto, che:
• qualora la base imponibile IRAP sia determinata secondo i valori di bilancio , poiché le spese in esame rientrano nella voce B.14 del Conto economico, le stesse risultano interamente deducibili ai fini IRAP;
• qualora la base imponibile IRAP sia determinata secondo i valori fiscali , le spese in esame non rientrano tra i componenti rilevanti espressamente previsti e conseguentemente le stesse risultano indeducibili ai fini IRAP.
Per i lavoratori autonomi la base imponibile IRAP è data dalla “differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e l’ammontare dei costi sostenuti inerenti l’attività esercitata … esclusi gli interessi passivi e le spese per il personale dipendente. I compensi, i costi e gli altri componenti si assumono così come rilevanti ai fini della dichiarazione dei redditi” . Pertanto i costi sostenuti per l’acquisto di beni-omaggio ai clienti, sono deducibili ai fini IRAP nel limite dell’1% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta.

D.8. QUAL È IL TRATTAMENTO FISCALE DEGLI OMAGGI NATALIZI DI BENI NON OGGETTO DELL’ATTIVITÀ D’IMPRESA A FAVORE DEI DIPENDENTI?
R.8.
Gli omaggi a favore dei dipendenti non rientrano tra le spese di rappresentanza, in quanto privi del requisito di sostenimento per finalità promozionali.
L’IVA per tali beni è, pertanto, indetraibile per mancanza di inerenza con l’esercizio dell’impresa, arte o professione ex art. 19, comma1, del D.p.r. 633/72, indipendentemente dal costo. L’indetraibilità comporta l’esclusione da Iva della successiva cessione gratuita, ai sensi dell’art. 2 comma 2 n. 4) del DPR 633/72.
Ai fini delle imposte dirette, il costo dei beni destinati ad omaggio dei dipendenti è deducibile dal reddito d’impresa ai sensi dell’art. 95, TUIR, secondo il quale sono comprese fra le spese per prestazioni di lavoro anche quelle sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalità a favore dei lavoratori.
Per il trattamento ai fini Irap, tali spese sono indeducibili, indipendentemente dalla natura giuridica del datore di lavoro, in quanto le spese per gli acquisti di omaggi da destinare ai dipendenti rientrano, infatti, nei “costi del personale”, che, ai sensi dei citati artt. 5 e 5-bis, D.Lgs. n. 446/1997, non concorrono alla formazione della base imponibile IRAP, ancorché gli stessi siano contabilizzati in voci diverse dalla B.9 del Conto economico.
Analogo trattamento va riservato ai beni omaggiati ai dipendenti da parte di un lavoratore autonomo.
Per quanto riguarda, invece, la tassazione in capo ai dipendenti, secondo quanto confermato dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare 22.10.2008, n. 59/E, le erogazioni liberali concesse ai dipendenti:
• qualora siano in denaro concorrono, indipendentemente dal loro ammontare, alla formazione del reddito di lavoro dipendente e sono quindi assoggettate a tassazione;
• qualora siano in natura (beni o servizi) non concorrono alla formazione del reddito se di importo non superiore ad € 258,23 nel periodo d’imposta.
Così, ad esempio, una strenna natalizia del valore globale di € 200 è una spesa deducibile per il datore di lavoro e non concorre a formare il reddito in capo al dipendente.

D.9. COME SONO TRATTATI FISCALMENTE GLI OMAGGI NATALIZI A CLIENTI RELATIVI A BENI OGGETTO DELL’ATTIVITÀ D’IMPRESA?
R.9.
La cessione gratuita di un bene oggetto dell’attività è imponibile IVA indipendentemente dal costo unitario dei beni, a meno che l’imposta relativa all’acquisto non sia stata detratta. Inoltre:
• indipendentemente dal fatto che la spesa relativa al bene che si intende omaggiare possa o meno essere qualificata “di rappresentanza”, l’impresa può scegliere di non detrarre l’IVA a credito relativa all’acquisto dei beni oggetto dell’attività, al fine di non assoggettare ad IVA la successiva cessione gratuita;
• qualora si ritenga che la spesa relativa al bene oggetto dell’attività ceduto gratuitamente possa essere qualificata “spesa di rappresentanza”, l’IVA a credito è detraibile solo per i beni di costo unitario non superiore a € 50, mentre la cessione del bene è rilevante ai fini IVA indipendentemente dal valore dello stesso, ferma restando l’esclusione da IVA della cessione gratuita se questa non è stata detratta sull’acquisto;
• se si ritiene che la spesa relativa al bene oggetto dell’attività che si intende omaggiare non possa essere qualificata “di rappresentanza”, l’IVA a credito è detraibile a prescindere dall’importo e la cessione gratuita è rilevante ai fini IVA indipendentemente dal valore del bene, ferma restando la possibilità di “rinunciare” alla detrazione per escludere dall’IVA la cessione gratuita.
Ai fini reddituali, gli acquisti dei beni in esame rientrano tra le spese di rappresentanza di cui all’art. 108, comma 2, TUIR in base ai criteri contenuti nel citato DM 19.11.2008, senza distinzioni tra beni oggetto e non oggetto dell’attività dell’impresa.
Ai fini del trattamento IRAP, per i costi sostenuti per l’acquisto di beni oggetto dell’attività destinati ad omaggio per i clienti valgono le stesse considerazioni adottate con riferimento ai beni non oggetto dell’attività destinati ad essere omaggiati ai clienti.
Tali costi risultano quindi:
• deducibili per i soggetti che applicano il metodo di bilancio;
• indeducibili per i soggetti che applicano il metodo fiscale.

D.10. COME SONO TRATTATI FISCALMENTE GLI OMAGGI NATALIZI AI DIPENDENTI DI BENI OGGETTO DELL’ATTIVITÀ D’IMPRESA?
R.10.
Nel caso di beni oggetto dell’attività dell’impresa, al datore di lavoro è consentita la detrazione dell’IVA relativa a tali omaggi, che non configurano quali spese di rappresentanza.
La cessione gratuita va quindi assoggettata ad IVA ai sensi del citato n. 4) dell’art. 2, senza obbligo di rivalsa nei confronti dei destinatari.
Analogamente alla modalità adottata per gli omaggi ai clienti, all’atto dell’acquisto il datore di lavoro può scegliere di non detrarre l’IVA relativa a detti beni, non assoggettando pertanto ad IVA la relativa cessione gratuita.
Anche nel caso degli omaggi relativi ai beni oggetto dell’attività il relativo costo, qualora si tratti di beni da omaggiare ai dipendenti, rappresenta una spesa per prestazioni di lavoro deducibile.
Ai fini del trattamento Irap, analogamente a quanto previsto per i beni non rientranti nell’attività dell’impresa, i costi sostenuti per gli omaggi ai dipendenti, rientrano tra i “costi del personale” e pertanto risultano indeducibili ai fini IRAP.

D.11. COME SONO TRATTATE FISCALMENTE LE SPESE PER BUFFET E CENE DI NATALE?
R.11.
Nella pratica, spesso accade che l’impresa, specie nel periodo natalizio, organizzi il buffet ovvero la cena di Natale per lo scambio degli auguri.
Al fine di determinare il trattamento IVA e reddituale di tale operazione va innanzitutto considerato il fatto che in tal caso si è nell’ambito delle prestazioni gratuite di servizi (somministrazione di alimenti e bevande) e non in quello della cessione di beni gratuita.
Al riguardo, nella Circolare n. 34/E/2009 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le spese per feste e ricevimenti organizzati in occasione di ricorrenze aziendali o festività religiose o nazionali sono da considerare spese di rappresentanza a meno che all’evento siano presenti esclusivamente dipendenti dell’impresa.
Ne deriva, quindi, che il costo della cena di Natale organizzata dal datore di lavoro solo per i propri dipendenti non può essere considerata spesa di rappresentanza. Tuttavia, l’Agenzia non indica come debba essere qualificata tale spesa. Si ritiene che la stessa costituisca una liberalità a favore dei dipendenti e quindi:
• il costo è deducibile ai fini del reddito:
nel limite del 75% della spesa sostenuta, così come previsto dal DL n.112/2008 per le spese di albergo e ristorante;
nel limite del 5‰ dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi fissato dall’art. 100, comma 1, TUIR;
• l’IVA è indetraibile in quanto relativa ad un costo per i dipendenti che non possiede il requisito dell’inerenza con l’esercizio dell’impresa;
• ai fini IRAP, il costo si ritiene deducibile per i soggetti che applicano l’art. 5 (metodo di bilancio) e indeducibile per coloro che determinano l’IRAP con l’art. 5-bis (metodo fiscale).
Nel caso in cui alla cena partecipino anche soggetti terzi all’impresa (clienti, istituzioni, ecc.) la stessa rientra tra le spese di rappresentanza. Ne consegue, in tale eventualità che:
• l’IVA è indetraibile;
• il costo è deducibile al 75% e nel limite dell’ammontare massimo deducibile nell’anno.

D.12. COME SONO TRATTATI FISCALMENTE I BUONI ACQUISTO?
R.12.
I buoni/voucher acquistati dalle aziende per la successiva consegna gratuita ai propri dipendenti o a clienti e fornitori per finalità promozionali, sono fuori campo Iva (ex art. 2 comma 3 lett. a del DPR 633/72), utilizza come chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione 21/E del 22.02.2011.
Ai fini delle imposte dirette valgono le stesse considerazioni per l’acquisto di beni non oggetto dell’attività.
In capo al lavoratore dipendente i buoni/voucher regalati dal datore di lavoro non costituiscono reddito tassabile se di importo non superiore ad €. 258,23.

Bilancio d’esercizio e scritture di fine anno: I controlli da effettuare prima di redigere le scritture di assestamento e di chiusura dei conti

Le scritture di assestamento sono quelle scritture contabili redatte al termine dell’esercizio con lo scopo di determinare il reddito conseguito nel corso dell’esercizio stesso. La finalita’ di tali scritture è quello di far sì che, nella determinazione del reddito d’esercizio, si tenga conto esclusivamente dei componenti positivi e negativi di reddito di competenza del periodo.
Pertanto, le scritture di assestamento consentono di passare dai valori contabili, cioè dai valori desunti dalla contabilità e registrati in base al momento della manifestazione finanziaria del fatto di gestione, a valori di bilancio, cioè valori che tengano conto della competenza economica del fatto di gestione.
Prima di procedere con la rilevazione delle scritture di assestamento è opportuno effettuare una serie di controlli che consentano di verificare la correttezza dei dati già inseriti e permettano di evidenziare quali sono le principali scritture di assestamento da dover registrare prima di procedere alla chiusura dei conti.
Di seguito vengono indicati i principali controlli da effettuare e le principali verifiche necessarie per poter procedere all’inserimento delle scritture di assestamento.
L’articolo che segue vuole essere una sorta di chek list dei principali controlli e delle principali verifiche che è necessario effettuare prima delle scritture di chiusura. Inoltre, per ciascuna voce, vengono indicate le principali scritture di assestamento da redigere.

CASSA
Verificare che il saldo contabile alla data di chiusura del bilancio coincida con il saldo risultante dal libro cassa e con l’effettiva esistenza di denaro in cassa a tale data.
Non sono necessarie scritture di assestamento.

BANCHE E C/C POSTALI
Effettuare la riconciliazione tra il saldo dei conti intestati alle banche e alle poste e i relativi estratti conto.
Scritture di assestamento: in sede di scritture di assestamento occorre procedere a rilevare gli interessi attivi e passivi maturati su tali conti relativi all’ultimo trimestre. Per gli interessi attivi è necessario rilevare anche le ritenute subite.

IVA
Effettuare il giroconto dei saldi relativi ai conti “IVA ns/debito” e “IVA ns/credito” al conto “Erario c/IVA”.
Verificare, quindi, che il saldo del conto “Erario C/IVA” coincida con il valore indicato nella dichiarazione IVA dell’anno.

CLIENTI E FORNITORI
Effettuare un controllo sui conti relativi ai clienti e ai fornitori. Contabilizzare eventuali abbuoni attivi e passivi.
Scritture di assestamento: in sede di scritture di assestamento procedere allo stralcio di eventuali crediti inesigibili e all’accantonamento al fondo svalutazione crediti. Inoltre occorre procedere a rilevare eventuali fatture da emettere e da ricevere e note credito da emettere e da ricevere. Nei casi nei quali sono previsti premi su acquisti a clienti o da fornitori procedere ad una loro rilevazione.

GIROCONTI
Verificare che nel corso dell’esercizio siano stati chiusi i seguenti conti rilevati con le scritture di chiusura redatte al termine dell’esercizio precedente:
– ratei attivi e passivi, salvo il caso di operazioni la cui competenza economica si protrae nel corso di più esercizi;
– fatture da emettere e da ricevere;
– note credito da emettere e da ricevere.
Verificare che le rimanenze iniziali di magazzino siano state stornate al conto “Variazione rimanenze”.

RAPPRESENTANTI
Effettuare un controllo sui conti relativi ai rappresentanti, verificare la corretta contabilizzazione delle provvigioni e delle relative ritenute.
Scritture di assestamento: rilevare le provvigioni maturate e di competenza dell’esercizio per le quali i rappresentanti non hanno ancora emesso la fattura.

COSTI E RICAVI CON MANIFESTAZIONE FINANZIARIA ANTICIPATA O POSTICIPATA
Verificare la presenza di costi e ricavi la cui manifestazione finanziaria è anticipata o posticipata. I componenti di reddito che, più di frequente, possono generare ratei o risconti sono: telefono, luce, acqua, gas, fitti attivi e passivi, assicurazioni, leasing, vigilanza notturna, contributi INAIL, spese per personale dipendente (per ciò che concerne la rilevazione del rateo relativo alla tredicesima e quattrodicesima mensilità), interessi su mutui passivi e altri finanziamenti.
Scritture di assestamento: occorre procedere a rilevare i ratei e i risconti attivi e passivi.

ACCANTONAMENTI
Qualora nel corso dell’esercizio ci sono stati licenziamenti verificare che il pagamento del TFR sia stato correttamente contabilizzato.
Scritture di assestamento: procedere all’accantonamento al fondo TFR. Procedere alla rilevazione delle imposte di competenza dell’esercizio all’accantonamento al fondo imposte e tasse per eventuali contenzioni in corso con l’amministrazione finanziaria e all’accantonamento al fondo imposte e tasse differite e ad altri eventuali accantonamenti a fondi rischi e fondi spese.

IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI ED IMMATERIALI
Nel caso in cui, nel corso dell’esercizio, siano stati vendute delle immobilizzazioni materiali ed immateriali occorre verificare che le eventuali plusvalenze conseguite o minusvalenze subite siano state correttamente contabilizzate.
Scritture di assestamento: in sede di scritture di assestamento occorre effettuare il calcolo delle quote di ammortamento. Per i beni materiali tale quota è accantonata al relativo fondo, mentre per i beni immateriali essa è portata in diretta diminuzione del valore del bene.
Qualora, nel corso dell’esercizio, si è proceduto ad effettuare delle costruzioni in economia, occorre procedere alla capitalizzazione dei relativi costi.
Se sono state sostenute spese di manutenzione e riparazione straordinarie occorre procedere ad una loro capitalizzazione.

RIMANENZE DI MAGAZZINO
Procedere ad un inventario fisico per eliminare eventuali divergenze tra le rimanenze risultanti contabilmente e quelle effettivamente esistenti in magazzino. Tali divergenze possono essere dovute a cali, avarie, furti che vanno adeguatamente rilevati.
Scritture di assestamento: procedere alla rilevazione delle rimanenze finali di magazzino.

IMPOSTE ANTICIPATE E DIFFERITE
Verificare la presenza di componenti di reddito positivi e/o negativi che concorrono alla formazione del reddito imponibile in un periodo d’imposta diverso rispetto a quello di competenza economica.
Scritture di assestamento: nel caso di differenze temporanee occorre procedere a rilevare le imposte anticipate (qualora siano state pagate imposte prima della loro competenza economica) e le imposte differite (qualora debbano essere rilevate delle imposte di competenza che saranno pagate in esercizi successivi).

ALTRI CONTROLLI DA EFFETTUARE
Prima di procedere con le scritture di assestamento può essere utile effettuare i seguenti ulteriori controlli:
– controllare il saldo del conto INPS C/ CONTRIBUTI e verificare che il saldo coincida con quello versato nel mese di gennaio dell’anno successivo;
– controllare il saldo dei conti ERARIO C/RITENUTE LAVORO AUTONOMO e ERARIO C/RITENUTE LAVORO DIPENDENTE con l’importo versato nel mese di gennaio dell’anno successivo;

CONTI D’ORDINE
Verificare la presenza di operazioni (merci presso terzi, merci di terzi presso di noi, leasing finanziario, effetti allo sconto, fideiussioni e avalli) che danno luogo all’indicazione di conti d’ordine. Essi, fino ai bilanci 2015 vanno indicati in calce allo Stato Patrimoniale. A partire dai bilanci 2016 vanno indicati solamente in Nota integrativa.

OPERAZIONI IN VALUTA
Le attività e passività in valuta, diverse dalle immobilizzazioni, devono essere iscritte al tasso di cambio a pronti alla data di chiusura dell’esercizio. Eventuali utili e perdite devono essere rilevati nel conto economico in modo distinto e l’eventuale utile netto su cambi non effettivamente realizzato deve essere accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al realizzo.

Q&A: la detrazione Iva e la gestione degli acquisti di fine anno

La Manovra Correttiva (D.l. 50/2017) ha modificato due articoli importanti in materia di IVA, che riguardano il termine entro cui:
• esercitare il diritto alla detrazione (art. 19 DPR 633/72);
• registrare le fatture d’acquisto (art. 25 DPR 633/72).
L’intervento, sebbene motivato dalle migliori intenzioni, ha causato diverse perplessità tra gli esperti del settore.
Ad essere “sotto accusa” è prima di tutto la decorrenza delle nuove regole, in contrasto con lo Statuto dei diritti del contribuente.
Le modifiche, inoltre, complicano la gestione degli acquisti di beni e servizi con Iva detraibile per il quale il fornitore/prestatore ha emesso fattura nel 2017 ma il cliente/committente registra il documento nel 2018.
Nell’attesa di un intervento chiarificatore da parte dell’Agenzia delle Entrate, si illustrano di seguito le novità introdotte e le problematiche riscontrate relative alla fatture a cavallo d’anno attraverso un Question&Answer e dei casi risolti.

Q.1 QUAL È IL NUOVO TERMINE PER ESERCITARE IL DIRITTO ALLA DETRAZIONE DELL’IVA?
A.1 La Manovra Correttiva ha modificato il termine entro cui è possibile esercitare il diritto alla detrazione dell’Iva sugli acquisti (art. 19 del DPR 633/72): non più entro la dichiarazione relativa al 2° anno successivo a quello in cui è sorto il diritto alla detrazione, ma entro la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto.
La modifica apportata dal legislatore è coerente con le regole comunitarie , secondo cui il diritto alla detrazione dell’Iva deve essere esercitato con riferimento al periodo in cui si verifica l’esigibilità dell’Iva, e il soggetto passivo è entrato in possesso della fattura d’acquisto, salvo la facoltà dei singoli Stati membri di prevedere termini più lunghi.

Q.2 QUAL È IL NUOVO TERMINE PER L’ANNOTAZIONE NEL REGISTRO IVA DELLE FATTURE D’ACQUISTO ?
A.2 La Manovra Correttiva, in conseguenza alla modifica prevista per i termini di esercizio del diritto alla detrazione Iva, ha modificato anche l’art. 25 del DPR 633/72, relativo ai termini di annotazione nel registro IVA delle fatture d’acquisto.
In base al nuovo testo normativo la registrazione delle fatture d’acquisto e delle bollette doganali deve avvenire anteriormente alla liquidazione periodica nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta, e comunque entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale Iva relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno.
In precedenza, invece, il legislatore si limitava a stabilire come termine ultimo quello della dichiarazione annuale nella quale è esercitata la detrazione.

Q.3 DA QUANDO SI APPLICANO LE NUOVE REGOLE SULLA DETRAZIONE DELL’IVA E SULLA REGISTRAZIONE DELLE FATTURE D’ACQUISTO?
A.3 Le nuove regole si applicano alle fatture e alle bollette doganali emesse dal 1° gennaio 2017, in quanto il 2017 è l’anno di entrata in vigore della nuova normativa.
Restano in vigore le disposizioni antecedenti per le fatture ricevute e non registrate in anni precedenti.
Si fa presente che la decorrenza delle nuove disposizioni è in contrasto con lo Statuto dei diritti del contribuente, secondo cui all’art. 3 comma 1 è previsto che le modifiche alla disciplina dei tributi periodici si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.

Q.4 LE NUOVE REGOLE HANNO MODIFICATO IL MOMENTO DI ESIGIBILITÀ DELL’IVA?
A.4 No. Le novità introdotte dal DL 50/2017 non hanno alcun effetto rispetto al momento in cui l’imposta diviene esigibile.
Per questo motivo, il momento in cui sorge il diritto alla detrazione IVA continua ad essere ancorato al momento in cui l’imposta diviene esigibile che corrisponde al momento di effettuazione dell’operazione ai fini IVA (ai sensi dell’art. 6, comma 5, DPR 633/1972).
Il momento di effettuazione dell’operazione segue regole diverse a seconda che l’operazione sia riferita a cessioni di beni o prestazioni di servizi.
• Cessione di beni mobili in Italia: l’operazione di considera effettuata al momento della consegna o spedizione (o al momento in cui si verificano gli effetti traslativi se successivi ma comunque non dopo un anno dalla consegna).
• Prestazioni di servizi rese da prestatore IT a committente IT: l’operazione si considera effettuata al momento del pagamento o dell’emissione della fattura se precedente.

Q.5 LE NUOVE REGOLE POSSONO CREARE DEI PROBLEMI NEL CASO DELLE FATTURE EMESSE A CAVALLO D’ANNO?
A.5 Sì. A seguito delle novità in commento iniziano ad emergere diverse perplessità tra gli operatori su come gestire le operazioni a cavallo d’anno, vista la stretta posta sulla detrazione IVA.
Per svariati motivi (dimenticanza, tardiva ricezione della fattura del fornitore, etc.) potrebbe capitare di trovarsi a registrare una fattura emessa nel 2017, ossia riferita ad operazioni effettuate ai fini IVA nel periodo d’imposta 2017, ma da gestire nel 2018.

Di seguito alcuni casi risolti.

C.1. FATTURA EMESSA A FINE ANNO CON CONSEGNA DEI BENI NELLA STESSA DATA
S.1 Ipotizziamo un acquisto di beni con fattura emessa dal fornitore in data 20 dicembre 2017, con consegna dei beni nella stessa data.
Il cliente, a norma dell’articolo 21, commi 8 e 9 del DPR 633/1972, ha 4 mesi di tempo per ricevere la fattura relativa all’acquisto effettuato, decorsi i quali deve attivarsi per segnalare all’Amministrazione la negligenza del fornitore (emissione autofattura entro i successivi 30 gg, versamento dell’IVA ed esercizio della detrazione).
Ipotizziamo che il cliente riceva la fattura nel mese di febbraio 2018.
In tal caso, secondo le nuove previsioni dell’art. 19 DPR 633/1972 la detrazione IVA deve essere effettuata nel 2017, pertanto, il cliente non potrebbe far entrare tale documento nella liquidazione IVA di febbraio 2018.
In assenza di chiarimenti ufficiali da parte delle Entrate, è consigliabile istituire un registro sezionale ad hoc nel quale far confluire le fatture datate 2017 ma ricevute e registrate nel 2018, in modo tale da “sospendere” l’IVA a credito di riferimento per farla confluire nella dichiarazione IVA annuale 2018 (riferita al periodo d’imposta 2017). Se tale soluzione verrà confermata, ci si attende un apposito campo della dichiarazione annuale IVA nel quale indicare tali crediti IVA.

C.2. BENI CONSEGNATI A FINE ANNO E FATTURA EMESSA AD INIZIO 2018
S.2
Partendo dalle medesime condizioni di consegna precedenti (merce consegnata il 20 dicembre 2017) ipotizziamo ora che il fornitore abbia dimenticato di emettere la fattura nel 2017 ma provveda ad emetterla il 15 febbraio 2018, avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso (tardiva emissione di fattura imponibile IVA – sanzione disposta dall’art. 6 del D.Lgs 471/1997 variabile a seconda se l’operazione abbia inciso o meno sulla liquidazione del tributo).
In tal caso, la fattura è stata emessa nel 2018 e viene ricevuta e registrata dal cliente nel mese di febbraio 2018: il cliente potrà pertanto far rientrare la relativa IVA a credito nella liquidazione IVA del mese di febbraio 2018.

C.3. FATTURA SERVIZIO EMESSA A FINE DICEMBRE MA RICEVUTA A GENNAIO 2018
S.3
Ipotizziamo il caso di un servizio ultimato nel mese dicembre 2017 per il quale il prestatore ha emesso la fattura il 29 dicembre 2017 ma il committente l’ha ricevuta per posta il 15 gennaio 2018.
In tal caso la fattura potrebbe essere ancora inserita nella liquidazione IVA di dicembre 2017 al fine di ridurre al minimo le complicazioni legate alla detrazione dell’imposta di riferimento. Diversamente, ci si troverebbe nelle medesime condizioni del caso 1.

C.4. FATTURA SERVIZIO EMESSA E RICEVUTA A GENNAIO 2018 MA RELATIVA AD UNA PRESTAZIONE DEL 2017
S.4
Si ipotizzi una prestazione di servizi non ancora pagata, ultimata nel 2017 (competenza del ricavo 2017) per la quale è stata emessa fattura il 10 gennaio 2018 (effettuazione dell’operazione ai fini IVA). Il committente riceve la fattura nella stessa data del 10 gennaio 2018 e decide di esercitare subito il diritto alla detrazione dell’IVA.

La revisione legale alla luce delle modifiche introdotte dal D. Lgs n. 135/2016

Nel presente articolo vengono analizzare le modifiche introdotte alla disciplina generale della revisione legale contenuta nel D.Lgs n. 39 del 2010 ad opera del D.Lgs . n. 135 del 2016.

Per capire appieno lo spirito delle modifiche apportate alla disciplina generale dal D.Lgs n. 135 del 2016 è opportuno analizzare il contesto di riferimento al momento dell’intervento legislativo in oggetto.

La direttiva CE n. 43 del 2006 ha modificato le direttive CEE n. 349 del 1989 e n. 660 del 1978 in materia di Revisione Legale di conti annuali e dei conti consolidati ed ha abrogato al direttiva CEE n. 253 del 1984 allo scopo di giungere ad un’armonizzazione di massima nelle discipline dei Paesi Comunitari sul controllo dei bilanci societari.

Con la crisi finanziaria del 2007-2010 molto imprese sono fallite, ed è emerso che la revisione legale dei conti, per come era allora disciplinata, non aveva funzionato nell’impedire il fallimento di molte imprese. In seguito a questa constatazione la Commissione Europea , ha avviato una consultazione pubblica con l’obietto di migliorare la disciplina della revisione legale dei conti al fine di prevenire o limitare al massimo fenomeni come quelli accaduti durante la crisi.

In seguito alla risultanze della consultazione pubblica, la Commissione Europea ha adottato una proposta di riforma della disciplina della revisione legale. Sulla scorta di tale proposta di riforma il Parlamento Europeo ha emanato la Direttiva 2014/56/UE e il Regolamento UE 537/2014.

Il Regolamento UE 537/2014 è direttamente applicabile in ciascun Stato membro UE a partire dal 17/06/2016. La direttiva 2014/56/UE è stata recepita in Italia con il D.Lgs n. 135/2016

La direttiva contiene le norme applicabili alla revisione delle società, il regolamento contiene una serie di norme specifiche e più stringenti applicabili alla revisione dei bilanci delle società che operano nei mercati finanziari.

Con il nuovo intervento legislativo si è mirato a:
– rinforzare gli strumenti utili a prevenire le crisi finanziarie;
– assicurare maggiore rigore ed uniformità della disciplina nei riguardi degli Enti di interesse pubblico;
– rafforzare l’indipendenza del revisore;
– innalzare la qualità della revisione legale;

Il D.Lgs n. 135/2016 interviene nell’art. 1 del D.Lgs 39/2010 introducendo le seguenti nuove definizioni:
– Lett. c-bis “ enti sottoposti a regime intermedio”
– Lett. f-bis “principi di revisione internazionale”
– Lett. i e lett. i-bis “ responsabile dell’incarico di revisione” e “ responsabile chiave della revisione”
– Lett. s-bis “ piccole imprese”

L’art. 3 del D.Lgs 135/2016 definisce l’aspetto del TIROCINIO introducendo un limite massimo di n. 3 tirocinanti per dominus. Il dominus è responsabile per la formazione del tirocinante e ha l’obbligo di rendere effettiva la partecipazione a tirocinante agli incarichi di revisione. Il non rispetto di queste norme da parte del dominus equivale a non rispetto di norme di deontologia professionale.

L’art. 5 del D.Lgs 135/2016 si occupa della FORMAZIONE CONTINUA, stabilendo :
– I contenuti del programma di aggiornamento, in particolare viene stabilito che almeno il 50% del programma di aggiornamento deve essere fatto su “materie caratterizzanti”, cioè affrontando aspetti specifici della tecnica di revione;
– Il periodo di riferimento: individuando nel triennio il riferimento temporale valido ai fini dell’aggiornamento professionale;
– Il numero di crediti formativi richiesti: almeno 20 crediti su base annua;
– Le modalità di formazione

L’art. 7 del citato decreto si occupa del REGISTRO DEI REVISORI LEGALI, introducendo un nuovo obbligo informativo a carico del singolo revisore e/o società di revisione iscritta verso il registro stesso, in particolare quello di comunicare un valido indirizzo pec di riferimento al fine di velocizzare e rendere più economiche le comunicazione da e verso il registro da parte del revisore.

L’art. 8 del D.Lgs 39/2010 è stato completamente modificato del D.Lgs 135/2016 , infatti è venuta meno la precedente distinzioni fra revisori attivi e revisori inattivi ed è stata istituita la distinzione fra Sezione A e Sezione B del registro, nella prima sono iscritti i revisori con incarichi di revisione legale in corso o svolti negli ultimi tre anni; nella sezione B sono iscritti i revisori che non hanno incarichi di revisione legale in corso. A quest’ultimi non è comunque preclusa attività di collegio sindacale o di perizie.

Il capo IV del D.lgs n. 39/2010 è stato quello con il maggior numero di modifiche ad opera del D.Lgs 135/2016, in particolare sono stati aggiunti quattro nuovi articoli:
– Art. 10 bis Preparazione della revisione e valutazione dei rischi di impresa
– Art. 10 ter: Organizzazione interna
– Art. 10 quater: Organizzazione del lavoro
– Art. 10 quinquies : Revisione del bilancio consolidato
E’ utile evidenziare che prima delle riforma molti principi e tecniche di revisione erano inclusi nei principi professionali di revisione. Con la riforma di cui al D.Lgs 135/2016 molti di tali principi sono stati elevati a rango di legge.

Il revisore legale o la società di revisione legale prima di accettare o di proseguire un incarico di revisione legale deve valutare e documentare:
– Il possesso dei requisiti di indipendenza e obiettività;
– L’eventuale presenza di rischi per l’indipendenza e, nel caso, sono state adottate misure per mitigarli;
– La disponibilità di personale professionale competente, tempo e risorse per svolgere in modo adeguato la revisione;
– Per le società di revisione, l’abilitazione del responsabile dell’incarico.

Il revisore legale o la società di revisione legale si devono dotare tra l’altro di:
– Direttive e procedure per assicurare l’indipendenza e l’obiettività del responsabile dell’incarico;
– Procedure amministrative e contabili adeguate;
– Sistemi di controllo interno della qualità;
– Procedure efficaci per la valutazione del rischio;
– Meccanismi efficaci di controllo e tutela dell’elaborazione elettronica dei dati
– Tutte queste direttive e procedure devono essere documentante e rese conoscibili agli operatori della revisione.

Il revisore legale o la società di revisione legale devono inoltre:
– Conservare la documentazione delle violazioni riscontrate;
– Documentare le richieste di pareri a consulenti esterni e dei pareri ricevuti;
– Mantenere una registrazione relativa ad ogni cliente sottoposto a revisione
– Creare un fascicolo di revisione per ogni revisione legale.
– Tali documenti devono essere conservati per 10 anni.

In caso di revisione del bilancio consolidato, il revisore del gruppo di imprese:
– Assume la piena responsabilità per la relazione di revisione
– Valuta il lavoro svolto da eventuali altri revisori;
– Mantiene la documentazione della natura, tempistica ed estensione del lavoro svolto da altri revisori;
– Riesamina, ove opportuno, le parti pertinenti della documentazione di revisione.

Nella nuova disciplina anche la relazione di revisione e il giudizio sul bilancio sottoposto a revisione di cui all’art. 14 del D.Lgs 39/2010 sono sottratti al piano dei principi professionali e attratti su quello delle norme primarie.

In particolare la relazione di revisione deve contenere:
– L’illustrazione dei risultati della revisione legale;
– Precise indicazioni in merito ad eventuali incertezze significative sulla continuità aziendale;
– Informazioni circa l’eventuale ricorso al cosiddetto “joint audit”, cioè all’utilizzo di più revisori o di più società di revisione legale nella revisione di una singola società;
– L’individuazione del responsabili firmatario dell’incarico;
– Un giudizio di conformità della relazione di gestione alle norme di legge e la dichiarazione eventuale di identificazione di errori significativi.

In tema di responsabilità di cui all’art. 15 del D.Lgs 39/2010 resta ferma la disciplina previgente si precisa solamente che la responsabilità della revisione cade non sul soggetto responsabile delle revisione ma sul soggetto responsabile dell’incarico così come definito dall’art. 1, comma 1, lett. i del D.Lgs 39/2010.

Per quanto riguarda il controllo di qualità di cui all’art. 20 del D.Lgs 39/2010 le novità introdotte stabiliscono che i revisori legali , le società di revisione e i collegi sindacali che svolgono attività di revisione legale sono sottoposti a controllo di qualità da parte del MEF. La tipologia di controllo viene diversificata a seconda che si sia in presenza di revisore di EIP (Ente di interesse pubblico ) o di revisore di altra società

Inoltre viene abolita la periodicità del controllo che prima era ogni sei anni e ora invece sarà svolta sulla base di un’analisi del rischio.

La nuova disciplina sul controllo di qualità prevede che:
– Il controllo deve essere basato su una verifica adeguata dei documenti selezionati;
– Il controllo deve includere una valutazione della conformità ai principi di revisione delle risorse impiegate, dei corrispettivi e del sistema di controllo interno;
– Il controllo deve essere appropriato e proporzionato alla portata e alla complessità dell’attività svolta dal revisore legale;
– Il soggetto sottoposto a controllo di qualità è obbligato a collaborare con il soggetto incaricato del controllo consentendo l’accesso ai locali e fornendo le carte di lavoro richieste.

E’ stato introdotto con la riforma il cosiddetto “whistleblowing” , art. 26-bis del D.Lgs 39/2010 ovvero il sistema interno di segnalazioni delle irregolarità da parte del personale delle società di revisione legale. Con tale sistema ciascun dipendente delle società di revisione legale può segnalare irregolarità fatte da altri colleghi e in questa sua segnalazione deve essere garantito nella riservatezza così come deve essere garantito il diritto del soggetto segnalato di essere ascoltato prima di prendere qualsivoglia provvedimento.

Nuova Voluntary Disclosure per le somme detenute da cittadini italiani per redditi prodotti all’estero

Tra le novità contenute nel decreto fiscale collegato alla Legge di stabilità 2018, DL 148/2017 convertito definitivamente dal Parlamento, la previsione di una nuova voluntary disclosure per le somme detenute all’estero da cittadini italiani, che stabilisce la possibilità di regolarizzazione delle attività depositate e delle somme detenute su conti correnti e sui libretti di risparmio all’estero, nonché dei proventi derivanti da vendita di immobili detenuti all’estero.

La possibilità di regolarizzare attività depositate e somme detenute alla data di entrata in vigore della presente disposizione riguarda i soggetti fiscalmente residenti in Italia ovvero i loro eredi,
– in precedenza residenti all’estero,
– iscritti all’AIRE
– o che hanno prestato la propria attività lavorativa in via continuativa all’estero in zone di frontiera e in Paesi limitrofi.

La regolarizzazione avviene con il versamento del 3% del valore delle attività e della giacenza al 31 dicembre 2016 a titolo di imposte, sanzioni e interessi.

E’ inoltre consentito di regolarizzare anche le somme e le attività derivanti dalla vendita di beni immobili detenuti nello Stato estero.

L’istanza di regolarizzazione può essere trasmessa fino al 31 luglio 2018 e gli autori delle violazioni possono provvedere spontaneamente al versamento in unica soluzione di quanto dovuto entro il 30 settembre 2018, senza avvalersi della compensazione. Il versamento può essere ripartito in tre rate mensili consecutive di pari importo ed in tal caso il pagamento della prima rata deve essere effettuato entro il 30 settembre 2018. Il perfezionamento della procedura di regolarizzazione avviene dal momento del versamento di quanto dovuto in unica soluzione o dell’ultima rata.

Lo stesso articolo stabilisce anche che, in deroga al cd. Statuto del contribuente, i termini per l’accertamento i quali scadono a decorrere dal 1° gennaio 2018, sono fissati al 30 giugno 2020 limitatamente alle somme e alle attività oggetto della procedura di regolarizzazione ai sensi del presente articolo.

Con un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate saranno emanate le ulteriori disposizioni necessarie per l’attuazione delle norme.

Attenzione: sono escluse le attività ed le somme già oggetto di collaborazione volontaria.

Collegato fiscale 2018: modifiche agli incentivi fiscali su investimenti pubblicitari sulla stampa e sulle emittenti radio-televisive, vediamo quali

Sono numerose le novità introdotte nel decreto fiscale collegato alla Legge di stabilità 2018 (clicca qui). In particolare, l’articolo 4 interviene sulla disciplina del credito di imposta per investimenti pubblicitari incrementali sulla stampa quotidiana e periodica e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali.

Per effetto delle modifiche apportate in sede di conversione, il beneficio è esteso:
– agli enti non commerciali
– agli investimenti pubblicitari incrementali effettuati sulla stampa on line.

La legge ha demandato ad un Regolamento di attuazione il compito di disciplinare tutti gli aspetti della misura non direttamente regolati dalla legge, comprese le procedure operative che sono state definite con l’Agenzia delle Entrate; il Regolamento è in corso di adozione. Nella consapevolezza che le imprese destinatarie attendono di conoscere i contenuti caratterizzanti di questo nuovo incentivo per pianificare i loro investimenti pubblicitari, il Dipartimento dell’editoria e dell’informazione ha deciso di pubblicare delle informazioni essenziali che seguono.

Soggetti beneficiari: Possono beneficiare del credito d’imposta i soggetti titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie, il cui valore superi di almeno l’1% gli analoghi investimenti effettuati nell’anno precedente sugli stessi mezzi di informazione.

Misura del beneficio: Il credito d’imposta è pari al 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati, elevato al 90% nel caso di microimprese, piccole e medie imprese e start-up innovative. Il credito d’imposta liquidato potrà essere inferiore a quello richiesto nel caso in cui l’ammontare complessivo dei crediti richiesti con le domande superi l’ammontare delle risorse stanziate. In tal caso, si provvede ad una ripartizione percentuale delle risorse tra tutti i richiedenti aventi diritto. Al riguardo, è importante ricordare che i limiti di spesa sono distinti per gli investimenti sulla stampa e per quelli sulle emittenti radio-televisive, in coerenza con il fatto che gli stessi stanziamenti delle risorse sono stati distinti dalla legge per i due tipi di media. Questo significa che, in presenza di investimenti su entrambi i media, il soggetto richiedente può vedersi riconosciute due diversi di crediti d’imposta, in percentuali differenziate a seconda delle condizioni della ripartizione su ognuna delle due platee di beneficiari. Nel caso in cui sia accertato che l’ammontare complessivo del credito richiesto non esaurisca lem risorse stanziate, tali risorse, secondo il generale funzionamento di tali incentivi, andranno ad incrementare la dotazione finanziaria dell’anno successivo.

Investimenti ammissibili: Sono ammissibili al credito d’imposta gli investimenti riferiti all’acquisto di spazi pubblicitari e inserzioni commerciali su giornali quotidiani e periodici, nazionali e locali, ovvero nell’ambito della programmazione di emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali. In sede di prima attuazione, il beneficio è applicabile anche agli investimenti effettuati dal 24 giugno al 31 dicembre 2017 sempre con la stessa soglia incrementale riferita all’anno precedente.
ATTENZIONE: l’estensione al secondo semestre del 2017 riguarda tuttavia i soli investimenti effettuati sulla stampa, ed in questo caso sono ammessi anche gli investimenti effettuati sui giornali on-line.
Si estende così l’ambito temporale di applicazione del credito di imposta, sia pur limitatamente ad uno dei settori per il quale lo stesso è, a regime, previsto. Non sono, infatti, considerati gli investimenti pubblicitari incrementali effettuati su emittenti televisive e radiofoniche locali.

Limiti e condizioni di ammissibilità: L’effettività del sostenimento delle spese deve risultare da apposita attestazione rilasciata dai soggetti legittimati a rilasciare il visto di conformità dei dati esposti nelle dichiarazioni fiscali, ovvero dai soggetti che esercitano la revisione legale dei conti. Il credito d’imposta è alternativo e non cumulabile, in relazione a medesime voci di spesa, con ogni altra agevolazione prevista da normativa nazionale, regionale o comunitaria. Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, tramite il modello F24.

Domanda di ammissione al beneficio: I soggetti interessati presentano la domanda di fruizione del beneficio nella forma di una comunicazione telematica (una “prenotazione”) su apposita piattaforma dell’Agenzia delle Entrate, secondo il modello che ha definito la medesima Agenzia, usufruendo di una “finestra temporale” ampia (potrebbe essere dal 1° marzo al 31 marzo di ciascun anno). La comunicazione dovrà contenere:
– i dati identificativi dell’azienda (o del lavoratore autonomo);
– il costo complessivo degli investimenti pubblicitari effettuati, o da effettuare, nel corso dell’anno; ove gli investimenti riguardino sia la stampa che le emittenti radio-televisive, i costi andranno esposti distintamente per le due tipologia di media;
– il costo complessivo degli investimenti effettuati sugli analoghi media nell’anno precedente; (per “media analoghi” si intendono la stampa, da una parte, e le emittenti radio-televisive dall’altra; non il singolo giornale o la singola emittente);
– l’indicazione dell’incremento degli investimenti su ognuno dei due media, in percentuale ed in valore assoluto;
– l’ammontare del credito d’imposta richiesto per ognuno dei due media;
– dichiarazione sostitutiva di atto notorio concernente il possesso del requisito consistente nell’assenza delle condizioni ostative ed interdittive previste dalle disposizioni antimafia ai fini della fruizione di contributi e finanziamenti pubblici.

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il collegato fiscale alla Legge di Bilancio 2018. Le novità nella manovra

Il 30 novembre 2017 è stato approvato in via definitiva il testo del DDL di conversione del decreto fiscale collegato alla Legge di stabilità 2018. Il decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 284 del 5.12.2017 con testo identico a quello approvato dal Senato in prima lettura.
Il decreto è stato approvato con il nuovo titolo: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell’estinzione del reato per condotte riparatorie”.

Rottamazione collegato fiscale 2018
Una delle maggiori novità contenute nel decreto fiscale è la riapertura della cd. rottamazione delle cartelle esattoriali. Infatti l’articolo 1 del decreto 2018 estende la definizione agevolata dei carichi ai soggetti che sono decaduti dalla precedente edizione e introduce la cd. Rottamazione Bis per i ruoli affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017. In particolare, possono essere estinti i debiti relativi ai carichi affidati agli agenti della riscossione:
– dal 2000 al 2016:
1. che non siano stati oggetto di rottamazione lo scorso anno;
2. compresi in piani di dilazione in essere alla data del 24 ottobre 2016, per i quali il debitore non sia stato ammesso alla definizione agevolata a causa del mancato tempestivo pagamento di tutte le rate degli stessi piani scadute al 31 dicembre 2016;
– dal 1º gennaio al 30 settembre 2017.

Trasmissione dei dati delle fatture emesse e ricevute nel collegato fiscale 2018
In merito allo spesometro, è previsto che:
– per l’errata trasmissione dei dati delle fatture emesse e ricevute per il primo semestre 2017 non si applicano sanzioni se i dati esatti sono trasmessi entro il 28 febbraio 2018.
– è facoltà dei contribuenti trasmettere i dati con cadenza semestrale. Previste semplificazioni sui dati da trasmettere
– è facoltà dei contribuenti trasmettere i dati del documento riepilogativo in luogo dei dati delle fatture emesse e di quelle ricevute di importo inferiore a 300 euro, registrate cumulativamente.
– Sono esonerati dalla comunicazione gli imprenditori agricoli in regime di esonero IVA, situati nelle zone montane

Contribuenti colpiti da calamità naturali: agevolazioni nel collegato fiscale 2018
Il decreto legge contiene anche norme di deroga degli adempimenti per i contribuenti colpiti da calamità naturali.

Estensione split payment nel collegato fiscale 2018
Una delle novità contenute nel decreto fiscale collegato alla Stabilità è l’estensione del meccanismo dell’inversione contabile (cd. split payment). Per le operazioni per le quali e’ emessa fattura a partire dal 1° gennaio 2018 il meccanismo viene esteso anche alle operazioni effettuate nei confronti degli enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, comprese le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona; delle fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70%; delle societa’ controllate direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai Ministeri; delle societa’ controllate direttamente o indirettamente da amministrazioni pubbliche; delle societa’ partecipate, per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70%, da amministrazioni pubbliche o da enti e societa’ di cui sopra; delle societa’ quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana identificate agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto.

Incentivi fiscali agli investimenti pubblicitari e in materia di audiovisivo: cosa cambia nel collegato fiscale 2018
E’ previsto che le imprese, i lavoratori autonomi e gli enti non commerciali possano fruire anche per gli investimenti sostenuti nella seconda metà del 2017 del credito di imposta previsto per le campagne pubblicitarie su quotidiani, periodici, e sulle radio e tv locali anche online. Il credito di imposta è pari al 75% della quota incrementale dell’investimento rispetto all’anno precedente, al 90% nel caso di microimprese, Pmi e start-up innovative.

Decorrenza di disposizioni fiscali contenute nel codice del terzo settore: cosa cambia nel collegato fiscale 2018
Nel collegato fiscale viene stabilito che fino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2017 continua ad essere applicabile la deducibilità del 10%, nella misura massima di 70.000 euro annui, per le liberalità a favore delle ONLUS e delle associazioni di promozione sociale. Dal prossimo anno invece si seguirà la disciplina unitaria introdotta dall’articolo 99, comma 3, del Codice del Terzo settore.

Detraibilità degli alimenti a fini medici speciali
In sede di conversione in legge del decreto fiscale è stato introdotta la detraibilità dalle imposte sui redditi al 19%, delle spese sostenute per l’acquisto di alimenti a fini medici speciali.

Voluntary disclosures nel collegato fiscale 2018
Prevista la possibilità di regolarizzazione le attività depositate e le somme detenute su conti correnti e sui libretti di risparmio all’estero, nonché a determinate condizioni, i proventi derivanti da vendita di immobili detenuti all’estero. La disposizione riguarda soggetti fiscalmente residenti in Italia, in precedenza residenti all’estero, iscritti all’AIRE o che hanno prestato la propria attività lavorativa in via continuativa all’estero in zone di frontiera e in Paesi limitrofi, derivanti da redditi prodotti all’estero. La regolarizzazione avviene con il versamento del 3% del valore delle attività e della giacenza al 31 dicembre 2016 a titolo di imposte, sanzioni e interessi.

Disposizioni in materia di 5 per mille
Dal 2018 il contribuente potrà destinare una quota pari al 5 per mille dell’IRPEF a sostegno degli enti gestori delle aree protette.

Equo compenso
Introdotto in sede di conversione l’equo compenso. In base alla norma, si considera equo il compenso quando risulta proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione.

Nuovi principi di revisione ISA Italia in materia di relazione

Con determina della Ragioneria Generale dello Stato del 31 luglio 2017 sono stati adottati i principi di revisione internazionali ISA Italia di seguito elencati, corredati da una rinnovata Introduzione e da un nuovo Glossario:
• ISA Italia n. 700, “Formazione del giudizio e relazione sul bilancio”;
• ISA Italia n. 701, “Comunicazione degli aspetti chiave della revisione contabile nella relazione del revisore indipendente”;
• ISA Italia n. 705, “Modifiche al giudizio nella relazione del revisore indipendente”;
• ISA Italia n. 706, “Richiami d’informativa e paragrafi relativi ad altri aspetti nella relazione del revisore indipendente”;
• ISA Italia n. 710, “Informazioni comparative – Dati corrispondenti e bilancio comparativo”;
• ISA Italia n. 570, “Continuità aziendale”;
• ISA Italia n. 260, “Comunicazione con i responsabili delle attività di governance”.
I nuovi principi sostituiscono, ed in parte integrano, quelli del primo set adottati con determina della RGS del 23 dicembre 2014 e con la successiva datata 15 giugno 2017.
Le esigenze di aggiornamento dei suddetti principi nascono da una combinazione tra il mutato scenario normativo europeo e nazionale e l’attuazione da parte dell’International Auditing and Assurance Standards Board (IAASB) di un ampio progetto di rivisitazione degli standard internazionali che regolano le modalità di redazione della relazione del revisore.

Il mutato contesto europeo
Ad Aprile 2014 il legislatore europeo ha attuato una profonda riforma della revisione legale dei bilanci d’esercizio e consolidati attraverso l’adozione di due importanti atti: una nuova Direttiva (2014/56/UE del 16 aprile 2014) che modifica la precedente Direttiva 2006/43/CE e che contiene una serie di misure applicabili alla generalità delle revisioni contabili; un Regolamento (n. 537/2014 del 16 aprile 2014) che prevede ulteriori e più stringenti regole applicabili unicamente alle revisioni dei bilanci degli enti di interesse pubblico.
Tra le tante modifiche introdotte a livello europeo non mancano quelle relative alla relazione di revisione, contenute nell’art. 28 della nuova Direttiva nonché nell’art. 10 del Regolamento europeo applicabile agli enti di interesse pubblico.
La nuova Direttiva europea sulla revisione è stata attuata in Italia con D. Lgs n. 135 del 17 luglio 2016 il quale, con riferimento alle disposizioni relative alla relazione di revisione contenute nell’art. 14, ha stabilito l’entrata in vigore per le revisioni dei bilanci relativi agli esercizi che iniziano dal 6 agosto 2016 o successivamente. In termini pratici ciò significa che la prima relazione di revisione sui bilanci di enti diversi da quelli di interesse pubblico emessa secondo le nuove regole sarà quella relativa ai bilanci chiusi al 31 dicembre 2017.
Per gli enti di interesse pubblico il Regolamento europeo n. 537/2014 è entrato in vigore il 17 giugno 2016 ed è, pertanto, applicabile a partire dal primo bilancio che inizia dopo tale data. In termini pratici, ciò significa che la prima relazione di revisione sui bilanci di enti di interesse pubblico emessa secondo le nuove regole europee è quella relativa ai bilanci chiusi al 30 giugno 2017 o in data successiva.
Questo sfasamento temporale è il motivo per cui i principi oggetti di recente Determina della RGS presentano date di entrata in vigore differenti coerentemente con i periodi di decorrenza del D.Lgs. n. 135/16 e del Regolamento (UE) n. 537/14.
Per consentire l’allineamento volontario dei due diversi periodi di decorrenza alle società diverse dagli EIP è consentita l’applicazione anticipata per le revisioni contabili dei bilanci relativi ai periodi amministrativi che iniziano dal 17 giugno 2016.

Progetto IAASB “Reporting on Audited Financial Statements – New and Revised Auditor Reporting Standards and Related Conforming Amendments”
Parallelamente al progetto di riforma europea della revisione legale dei bilanci, lo IAASB (comitato di IFAC deputato all’emanazione dei principi di revisione internazionali) aveva avviato un altrettanto ambizioso progetto di rivisitazione degli standard internazionali che regolano le modalità di redazione della relazione del revisore al fine di migliorare la qualità e la quantità delle informazioni ricavabili da questo importante strumento di comunicazione del revisore.
Il progetto si è concluso a gennaio 2015 con l’approvazione di un nuovo set di principi inerenti la relazione di revisione (c.d. Auditor Reporting Standards), entrati in vigore per le revisioni dei bilanci chiusi al 31 dicembre 2016 o successivamente e composto da un principio di revisione di nuova edizione e da sei principi di revisione ISA rivisti nel contenuto:
• New ISA 701 “Communicating Key Audit Matters in the Independent Auditor’s Report”. Il principio, di nuova edizione, tratta della comunicazione nella relazione di revisione degli aspetti chiave emersi nel corso della revisione (c.d. Key Audit Matters);
• ISA 700 (Revised), “Forming an Opinion and Reporting on Financial Statements”, relativo al giudizio di revisione e alla forma e contenuto della relazione;
• ISA 705 (Revised), “Modifications to the Opinion in the Independent Auditor’s Report” relativo all’espressione del giudizio di revisione con modifiche;
• ISA 706 (Revised), “Emphasis of Matter Paragraphs and Other Matter Paragraphs in the Independent Auditor’s Report” relativo ai richiami d’informativa ed ai paragrafi relativi ad altri aspetti nella relazione del revisore;
• ISA 260 (Revised), “Communication with Those Charged with Governance” relativo alla comunicazione con i responsabili delle attività di governance;
• ISA 570 (Revised), “Going Concern” relativo alla continuità aziendale.
Sono stati, inoltre, oggetto di contenute modifiche (c.d. conforming amendments) i seguenti ISA: n. 210, n. 220, n. 230, n. 510, n. 540, n. 580, n. 600 e n. 710.
L’ambizioso progetto dello IAASB ha risposto ad una esigenza crescente negli ultimi anni: infatti, partendo dal presupposto che la relazione di revisione costituisce l’unico output tangibile della complessa attività di revisione, si era reso necessario un miglioramento della capacità informativa di tale documento per i potenziali utilizzatori.
Conseguentemente, i due macro obiettivi che lo IAASB ha voluto realizzare attraverso l’emanazione del nuovo set di Auditor Reporting Standards sono stati, da un lato, il miglioramento della capacità informativa della relazione di revisione e, dall’altro, consentire un adeguamento della relazione di revisione ai modificati sistemi normativi e regolamentari nazionali in tema di redazione del bilancio, garantendo allo stesso tempo l’omogeneità del contenuto essenziale minimo della relazione di revisione.
Le principali innovazioni contenute nei nuovi Auditor Reporting Standards sono le seguenti:
1) l’anticipazione del paragrafo contenente il giudizio di revisione che deve ora essere posizionato all’inizio della relazione di revisione, seguito immediatamente dopo dal paragrafo “Elementi alla base del giudizio”;
2) limitatamente alla revisione dei bilanci delle società quotate, l’introduzione di una sezione ad hoc contenente gli aspetti chiave della revisione contabile (key audit matters) in modo tale da fornire una maggiore trasparenza sulle attività svolte dal revisore in esecuzione del proprio incarico, migliorando – di conseguenza – il valore comunicativo della relazione;
3) limitatamente alla revisione dei bilanci delle società quotate, l’inserimento del nome del responsabile dell’incarico di revisione;
4) l’introduzione di una dichiarazione esplicita di indipendenza da parte del revisore in conformità alle norme ed ai principi in materia di etica e di indipendenza applicabili;
5) l’inserimento di una informativa specifica e dettagliata in merito alla verifica del presupposto della continuità aziendale che include una descrizione delle responsabilità del management e del revisore in merito al rispetto del presupposto del going concern. In presenza di un’incertezza significativa il revisore è tenuto a richiamare l’attenzione sulla relativa informativa di bilancio, se ritenuta adeguata, ovvero a riflettere tale circostanza nella formulazione del proprio giudizio;
6) una più dettagliata descrizione delle responsabilità del revisore e degli aspetti chiave del processo di revisione.
In conformità al processo di elaborazione dei principi di revisione disposto dall’art. 11, co. 2, del DLgs 39/2010, i nuovi principi di revisione internazionali ISA sono stati tradotti in lingua italiana dal CNDCEC con la collaborazione di Assirevi, dell’INRL e di Consob e successivamente integrati con considerazioni specifiche finalizzate a supportarne l’applicazione, nell’ambito delle disposizioni normative e regolamentari dell’ordinamento italiano.

Imprenditoria Giovanile: Via a «Resto al Sud» e «Banca delle Terre incolte» per i giovani del Mezzogiorno

«In tre anni puntiamo ad avere centomila giovani che faranno gli imprenditori nelle regioni meridionali». Lo ha detto il ministro per la Coesione territoriale e per il Mezzogiorno, Claudio de Vincenti, in occasione del convegno intitolato “Le nuove opportunità per i giovani”, che si è tenuto a Napoli per presentare e dare l’avvio alle nuove misure di sostegno all’imprenditorialità giovanile “Resto al Sud” e “La Banca delle terre incolte”. «Oggi diamo il via operativo a due misure importanti che abbiamo varato – ha aggiunto il ministro De Vincenti – per aiutare i ragazzi che vogliono fare impresa».

Resto al Sud
Per Resto al Sud, il governo ha stanziato 1,250 miliardi di euro e ne ha affidato la gestione a Invitalia. «Il decreto è stato registrato dalla Corte dei Conti – ha annunciato De Vincenti – pertanto è operativo». Inoltre in occasione dell’incontro partenopeo è stata anche siglata una convenzione tra Invitalia e Abi per rendere possibile il prestito a tasso zero che compone l’agevolazione. Infine, il ministro della Coesione Territoriale ha annunciato che «con un emendamento al decreto legge fiscale è stato precisato che possono fare domanda tutti i giovani che non avevano compiuto 36 anni al 30 giugno, data di avvio della misura».

La Banca delle terre incolte
L’obiettivo è promuovere la valorizzazione e la riqualificazione dei beni non utilizzati nelle regioni del Mezzogiorno. Su queste terre potranno avere sede imprese agricole giovanili che vogliano avviare produzioni di qualità. I terreni abbandonati (e per tali si intendono quelli sui quali non si stata esercitata l’attività agricola negli ultimi dieci anni) se di proprietà pubblica verranno affidati direttamente ai giovani, se di proprietà privata verranno presi in fitto. «I giovani già sono impegnati in imprese agricole di successo. Aziende, di cui tante nel Sud, che sono internazionalizzate, che investono su tecnologia e innovazione – ha commentato il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina –Esistono, insomma, nuovi contesti metropolitani e urbani, in cui lo sviluppo agricolo non è secondario. Vogliamo che si torni a utilizzare le terre pubbliche di qualsiasi proprietà amministrativa pubblica per fare agricoltura».

I sostegni
Il programma “Resto al sud” prevede «un prestito fino a 50.000 euro per ciascun giovane imprenditore – ha spiegato l’ad di Invitalia, Domenico Arcuri – . Si possono mettere insieme fino a 4 giovani e quindi ottenere fino a 200.000 euro». Una parte del sostegno, pari al 35% del costo (totalmente finanziabile) consiste in un contributo a fondo perduto, la rimanente parte pari al 65% consiste in un finanziamento bancario sul quale Invitalia corrisponderà gli interessi. «In altri termini – ha spiegato Arcuri – un giovane a cui vengono assegnati 50.000 euro, ne riceve 15.000 a fondo perduto e 35.000 che restituirà in otto anni a partire dal terzo anno». Il pagamento degli interessi sarà garantito da Invitalia attraverso la Banca del Mezzogiorno. «Non sono finanziabili – ha aggiunto l’ad di Invitalia – spese di progettazione e consulenza. Un giovane che vuole fare attività farà la domanda sulla piattaforma digitale già usata da
Invitalia per altri incentivi, che è trasparente. Promettiamo che nei 60 giorni successivi a quello in cui riceviamo la proposta risponderemo, dicendo se è approvata e finanziata oppure no».

Il contesto
Il Mezzogiorno ha ricominciato a crescere, ma deve ancora fare i conti con un tasso di disoccupazione giovanile al 42,4%. Gli occupati sono aumentati di 101 mila unità, +1,7%, ma persiste il dualismo territoriale, essendo nel Mezzogiorno il tasso d’occupazione ancora lontano oltre 20 punti dalla media europea alla quale, invece, sono vicine le regioni del Centro – Nord (47% nelle regioni meridionali, 69% Centro-Nord). Inoltre, mentre le regioni centro-settentrionali hanno recuperato integralmente la perdita di posti di lavoro avvenuta durante la lunga fase recessiva (+48 mila nel 2016 rispetto al 2008), in quelle meridionali la perdita di occupazione rispetto all’inizio della crisi è ancora pari a 381 mila unità. Così la Campania: il presidentre della Regione, Vincenzo De Luca ha ricordato «La crescita del 2,4% di pil nel 2016, confermata dalle stime per il 2017». Nei primi nove mesi dell’anno in corso Banca d’Italia parla di un aumento della produzione industriale del 6%. De Luca parla di tre miliardi e 600 milioni di euro recuperati dalla Regione e immessi nell’economia; annuncia cantieri che si riaprono e opere pubbliche al via». Frutto – come ha sottolineato anche il sindaco di Napoli Luigi De Magistris – «di un intensa collaborazione istituzionale tra Governo, Regione, Città Metropolitana, Comuni».

Per leggere il Regolamento attuativo – Decreto 9 novembre 2017, n.174 clicca qui

Le domande potranno essere inviate dal 15 gennaio 2018, esclusivamente online, attraverso la piattaforma web di Invitalia.

Internazionalizzazione e PMI: come arrivare preparati all’appuntamento con l’estero

Ma cosa si intende davvero con questo termine e cosa devono fare le aziende che vogliono aprirsi ai mercati esteri e in quali rischi incorrono? Proviamo a scoprirlo in questo articolo parlando di internazionalizzazione a tutto tondo: partendo con la definizione, continuando con i numeri, per poi passare alle recenti iniziative del Governo, a quelle “private” fino ad arrivare ai consigli degli esperti.

I diversi tipi di internazionalizzazione e gli enti a sostegno
Di certo è una parola lunga e non facile da pronunciare, ma parlare di internazionalizzazione vuol dire “aprire un mondo”. Restando nell’ambito di una definizione più generica, con questo termine si indica quel processo di espansione all’estero che va oltre la mera esportazione di uno o più prodotti, ma punta proprio sull’insediarsi, da parte di un’azienda, all’interno di uno o più mercati esteri. Un insediamento che può avvenire in diversi modi: con una “presenza leggera” ossia con negozi, centri di distribuzione, filiali, ecc. o “pesante” con la creazione di centri di assistenza post vendita e stabilimenti produttivi.

Un’azienda che vuole intraprendere una strada simile, può rivolgersi a diversi enti di sostegno in Italia. Tra questi c’è l’ICE, Istituto di Commercio Estero, che dal 2011 è diventata Agenzia per la promozione all’estero e internazionalizzazione delle imprese italiane.

L’ICE ha il compito di agevolare e promuovere i rapporti commerciali ed economici con l’estero e si rivolge in particolare a PMI, consorzi e raggruppamenti. Ci sono poi la SACE, ossia la Sezione Speciale per l’Assicurazione del Credito all’Esportazione e fa parte del Gruppo Depositi e Prestiti e il SIMEST, sempre del Gruppo Depositi e Prestiti, che invece si occupa del sostegno agli investimenti.

Inoltre, sul territorio italiano esistono diverse società che assistono le aziende accompagnandole nell’avvio o nel rafforzamento della loro presenza all’estero. Spesso a occuparsene sono gli export manager, i professionisti del mercato internazionale. Una figura che ha conoscenze di marketing, di tecniche di negoziazione, diritto internazionale, linguistiche e di meccanismi tecnici di esportazione, che permette di ottimizzare tempo e risorse e di ridurre i costi legati all’internazionalizzazione.

Un’Italia che guarda sempre più oltre confine
Il nostro Paese, d’altra parte, strizza sempre più l’occhio all’estero. A dirlo sono i numeri, e in particolare quelli che vengono fuori dall’ultimo rapporto ICE 2016-2017: le esportazioni tra gennaio e aprile di quest’anno sono cresciuta del 6,6%, una conferma del trend avviato l’anno scorso.

Per quanto riguarda il 2016, l’Italia è stato il 9° paese esportatore mondiale, al 6° posto della graduatoria dei saldi attivi commerciali, al 13° per gli afflussi di investimenti esteri, ha quasi 216 mila aziende esportatrici e la stessa Agenzia ICE ha battuto un record per la spesa promozionale: oltre 134 milioni di euro distribuiti su 800 iniziative che hanno coinvolto 17mila imprese.

Le prossime sfide? Ampliare la quota di mercato in Cina e Sud Est Asiatico, sostenere il commercio digitale internazionale con azioni formative, accordi con marketplace glocali e avviare un piano strategico di comunicazione dedicato al Made in Italy.

Un voucher per conquistare l’estero e l’interesse di Google
Il Governo ha di recente istituito i voucher per l’internazionalizzazione. Niente a che vedere con i tanto odiati buoni per svolgere un lavoro a carattere occasionale, si tratta della seconda edizione dell’iniziativa del MSE, Ministero dello Sviluppo Economico, che mette a disposizione delle PMI e delle reti di impresa 26milioni di euro a fondo perduto. Una seconda edizione che, rispetto a quella del 2015, presenta delle novità:

– possono partecipare anche PMI costituite in forma di società di persone
– previsti contributi a fondo perduto di diversa entità, a seconda delle esisgenze di chi fa domanda
– previsto uno stanziamento comunitario per Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Basilicata

Le PMI hanno potuto presentare domanda dalle 10 del 28 novembre fino alle 16 dell’1 dicembre. I voucher saranno assegnati in base all’ordine d’arrivo delle domande e sono destinati a tutte le micro, piccole e medie imprese (con meno di 250 dipendenti) che vogliono guardare ai mercati oltre confine attraverso il cosiddetto Temporary Export Manager che dovrà studiare, progettare e gestire processi e programmi sui mercati esteri.

Le aziende interessate dovranno rivolgersi a una società fornitrice tra quelle già selezionate dal Ministero e il cui elenco sarà pubblicato entro il 20 dicembre. Previsti 2 tipi di agevolazione per le PMI:

– early stage: 13mila complessivi per un progetto semestrale in cui lo Stato dà 10mila euro a fondo perduto mentre i restanti 3mila sono a carico dell’azienda;
– advanced stage: 25mila euro complessivi di cui 15mila da parte dello Stato e 10mila da parte delle aziende per progetti annuali.

Per chi vuole saperne di più, c’è anche un indirizzo email: exportvoucher@mise.gov.it

Quanto al settore privato, Talent Garden, piattaforma per i talenti nel digitale, è entrata a far parte del network internazionale di Google for Entrepreneurs, la divisione che fa connettere imprenditori innovativi con le startup. Il processo di internazionalizzazione si può così sintetizzare: programmi di scambio, formazione e condivisione come Blackbox Connect nella Silicon Valley con incontri con mentorship e investitori. E in più un passaporto speciale che permetterà alle start-up italiane di lavorare insieme ad altre organizzazioni partner nel mondo.

I consigli dell’esperto: bisogna avere il tempo di aspettare i risultati
Ok i voucher, ok le varie iniziative, ma chi vuole puntare sull’internazionalizzazione cosa deve fare? Lo abbiamo chiesto a Debra Storti, 31 anni, titolare della De.Liu Consulting, con sedi ad Ancona e Shanghai, nata nel 2010 per fornire servizi a 360 gradi (prodotto, rapporti con la clientela, logistica, dogana e tanto altro) per le aziende nel settore moda che vogliono esportare il made in Italy in Cina.

Fondamentale è conoscere il Paese e il mercato nel quale ci si vuole espandere:

“Bisogna creare un progetto di espansione sul mercato, adattare i prodotti, dedicare tempo e risorse economiche, non improvvisare e affidarsi a chi conosce il mercato e presidia il territorio“, avverte Debra.

“I cinesi per esempio sono diversi nel modo di fare e nei gusti, serve adattarsi e serve una visione a medio e lungo termine così come destagionalizzare i prodotti e seguire bene gli aspetti culturali e le relazioni che in Cina sono fondamentali; avere una cultura dell’accoglienza e non pensare solo a vendere subito”.

Ci sono casi in cui è sconsigliato il fatto di aprirsi all’estero?

“Se si naviga in cattive acque economicamente, se non si ha il tempo di aspettare i risultati: servono almeno tre anni per avere successo in Cina e stabilizzare il business. Sconsigliabile se non si ha un prodotto adatto. Per le piccole imprese è importante valutare bene le capacità produttive e attivita di promozione da fare e rispettare le tempistiche di consegna”.

Non sono pochi neanche i rischi, precisa ancora la Storti: “Le barriere culturali ci sono e l’azienda italiana si deve adattare per forza, la barriera linguistica si supera affidandosi non a interpreti ma a figure specializzate nel settore. Serve capire e spiegare con un linguaggio tecnico-commerciale. Il rischio più grande è farsi registrare il brand, i domini internet, avere a che fare con prodotti contraffatti e la scarsa preparazione delle risorse umane dei potenziali partner. Per questo è fondamentale il presidio sul territorio, come facciamo con la nostra azienda”.

La Cina d’altra parte, come era già emerso nel rapporto ICE, è di grande interesse per l’Italia: l’export segna un +18% e “i settori più promettenti sono moda e articoli in pelle, interior design e arredo; strumenti musicali; biomedica; agroalimentare sta iniziando e soprattutto da non sottovalutare il turismo”, conclude Debra.

Come dire: per made in Italy e PMI c’è ancora tanto spazio, quel che conta è arrivarci preparati.

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