Come utilizzare lo Z-score per valutare il rischio di insolvenza di un’impresa

z-score

Dotarsi di un modello, ovvero una serie di modelli per verificare la solidità finanziaria di un’azienda è una delle cose più sagge che un imprenditore, ovvero un investitore possa fare.
Infatti, monitorare costantemente le aziende cui si sono concessi crediti ovvero in cui si sono investiti dei soldi può scongiurare di incappare in crediti deteriorati ed immobilizzati evitando riflessi negativi e deleteri sulla rispettiva posizione finanziaria.
Vi sono modelli di natura qualitativa e quantitativa.
I modelli di natura qualitativa lasciano spazio a valutazioni soggettive. Gli stessi non sono mai stati valutati statisticamente e la loro capacità predittiva dipende dallo stesso analista e dalla sua esperienza. Risulta difficile, quindi, trasmettere il know-how per l’applicazione del modello con risultati non affidabili.
I modelli di natura quantitativa si basano su delle formule derivate da studi di carattere statistico su campioni significativi. Si analizzano alcuni indici di bilancio di diverse aziende e se ne studia la relazione combinata con le sorti delle aziende stesse in un arco temporale determinato.
Uno degli indici più noti è costituito dallo Z-Score, ovvero indice di Altman. Lo stesso è stato sviluppato alla fine degli anni sessanta da Edward Altman, attualmente professore emerito della New York University’s Stern School of Business.
Lo Z-Score viene utilizzato ampiamente dalla comunità finanziaria e dagli imprenditori più accorti per valutare la probabilità di insolvenza di un’azienda. L’indice era applicabile solo alle aziende manifatturiere quotate in borsa, e non alle società finanziarie in genere (banche, assicurazioni, fondi). Successivamente , vi sono stati degli adattamenti della formula per renderlo applicabile anche ad aziende non quotate ed operanti non solo nel settore produttivo ma anche servizi, energia, pubblica utilità, commercio all’ingrosso ed al dettaglio, come meglio vedremo nel prosieguo.
Il modello originario e quello successivamente modificato dallo stesso Altman ( Z” o indice di Altman per PMI) hanno un’utilità limitata ai due anni dal verificarsi dell’evento. Nel senso che l’accuratezza predittiva è significativa per un lasso temporale fino a due anni.
Nella tabella di seguito pubblicata si potranno visionare le due formule note di Altman.

Analizziamo le variabili utilizzate nel modello e il loro valore esplicativo
Per meglio comprendere il modello è utile analizzare le singole variabili utilizzate ed il loro valore esplicativo dell’eventuale stato di crisi aziendale.
La prima variabile il capitale circolante, secondo quanto dichiarato da Altman ( cit. AAII Issue July 2016 pag. 7) è molto più significativa del Current Ratio (ovvero il rapporto tra attività correnti e passività correnti). Infatti, considerando un’impresa in stato di crisi, le scorte tendono ad aumentare e questo comporta un indiretto miglioramento del current ratio.
La seconda variabile è costituita dall’utile non distribuito, riguarda la somma complessiva degli utili non distribuiti negli anni come da valore dello stato patrimoniale e non solo l’utile non distribuito da conto economico.
La terza variabile è costituita essenzialmente dal rendimento sul capitale investito; Edward Altman non ha riscontrato una maggiore efficacia sostituendo a quest’indice l’EBITDA ( utile ante interessi, tasse, deprezzamento ed ammortamenti).
La quarta variabile è costituita dal valore di mercato ovvero la capitalizzazione dell’azienda, questo valore è sostituito nello Z double prime model ( indice di Altman per PMI ) dal valore contabile del capitale netto estendendo l’applicabilità del modello. In effetti, il valore di mercato, ha anche un valore predittivo nel senso che incorpora nello stesso le aspettative di mercato sulla produzione di utili futura e sulla solvibilità.
Pertanto, quando possibile è preferibile usare lo Z-score e non lo Z Double Prime quando la quotazione dell’azienda è in un mercato liquido ed efficiente.
I cinque indicatori precedentemente illustrati hanno un’importanza diversa nel determinare il risultato finale del modello, ad esempio una grossa importanza è attribuita alla rotazione del capitale investito ( la quinta variabile), ciò dipende dalla maggiore correlazione riscontrata da questo indice nelle aziende in fase di avanzata sofferenza finanziaria.
Lo Z double prime model, (cfr. tab. nr. 2) fu sviluppato nel 1995, per analizzare la solvibilità ed attribuire il rating a società domiciliate nei paesi emergenti.
Il modello fu elaborato dal professor Altman considerando che nei paesi emergenti le serie storiche dei defaults erano assenti. Il modello fu modificato eliminando la quinta variabile, ovvero il tasso di rotazione del capitale investito in quanto eccessivamente dipendente dal settore merceologico, e la quarta, ovvero il valore di mercato del capitale azionario, a causa della scarsa trasparenza, liquidità ed efficienza dei mercati emergenti. In base a questi aggiustamenti si sono rielaborati i parametri. Infine, si è riscontrato che i valori risultanti dall’applicazione del modello modificato potevano essere utilizzati per attribuire anche un rating all’azienda (oscillante tra la tripla A a D); ad esempio, se lo Z” di un’azienda risulta pari a 8, possiamo sostenere che l’azienda dovrebbe avere un rating creditizio AA.
Nel modello originario, Altman aggiunse arbitrariamente una costante come si può osservare in tabella 2, la stessa serviva a standardizzare i risultati ottenuti per le aziende operanti nei mercati emergenti, per fare in modo che quando si registravano risultati inferiori allo zero gli stessi equivalevano a situazioni di insolvenza. Nell’applicazione attuale del modello alle economie sviluppate, la costante è stata eliminata. Il modello è molto robusto ed è preferibile utilizzarlo quando si analizzano aziende non operanti nei settori della produzione ma nei servizi, energia, commercio etc. .
Uno dei migliori utilizzi attuali del modello si ottiene quando per l’azienda da analizzare sono disponibili anche i relativi rating rilasciati dalle agenzie di credito e si verificano degli scostamenti tra il rating attribuito da quest’ultime e quello ottenuto dall’indice di Altman.
Ad esempio, se in base allo Z Double Prime l’azienda presenta un rating buono di livello BBB, mentre il rating del bond è di tipo B-, ( soglia di sofferenza finanziaria), ciò ci indurrà ad approfondire l’analisi di bilancio per comprendere le cause delle divergenze.

Come si comportano i modelli di Altman nella realtà aziendale italiana?
La validità del modello e la relativa robustezza fu già verificata dal professore nel 1995, e lo stesso concluse per l’applicabilità generalizzata del modello. Successivamente, uno studio molto approfondito edito da E. Altman, A. Danovi ed A. Falini ha concluso per l’applicabilità del modello di Altman alla realtà manifatturiera italiana con alcuni distinguo:
– I valori per le aziende in amministrazione straordinaria si presentano nettamente più bassi rispetto al valore medio;
– Le classificazioni nella zona di incertezza, ovvero grey area sono troppo frequenti ( valori tra 1,8 e 3)
D’altra parte, lo studio ha appurato che nella realtà italiana il modello Di Altman double prime si presenta più robusto e più aderente a quella che è il destino effettivo dell’azienda analizzata. Inoltre, questo indicatore presenta la possibilità di graduare meglio il rischio nella grey area con un utilizzo congiunto del rating dei bond da parte delle agenzie di credito .
Concludiamo, evidenziando i limiti del modello nella realtà operativa italiana.
Il modello non presenta risultati infallibili, in genere è valido nel 70% dei casi ( cit. Z-Score Models – Altman, Danovi, Falini). Inoltre, non sempre è utile nei casi in cui le aziende analizzate fanno ricorso ad artifici di bilancio. Ad esempio, nel caso della Parmalat il modello nei due anni precedenti il clamoroso default attribuiva alla Parmalat un rating A- , mentre nel caso del crack della Giacomelli ha avuto un’ottima capacità predittiva evidenziando valori molto bassi nei tre anni precedenti la crisi d’impresa.

Bibliografia Essenziale
– Il modello di analisi Z Score applicato alle PMI – Bottani Cipriani Serao
– Using the Z Score to Assess the risk of Bankruptcy – An Interview with E. Altman – AAII journal July 2016 issue
– Z Score Model application to Italian companies subject to extraordinary administration – NYU Stern School of Business
– I modelli Predittivi della crisi di impresa e lo Z Score – Rubin
– Corporate Financial Distress & Bankruptcy – Altman edito da Wiley & Sons 2005

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